29 OTTOBRE – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO(A)

L’amore per Dio e l’amore per il prossimo.

Nell’ Eucaristia, banchetto eucaristico, con la fede noi crediamo che Cristo Gesù, nel pane e nel vino, si  rende presente con il Corpo e Sangue:  con l’effusione dello Spirito Santo invocato da parte del Padre e le parole di Gesù ci danno fondamento e assicurazione che nei segni eucaristici egli ci ha dato tutto se stesso realmente, Corpo, Sangue, anima e divinità. e non solo significativamente.

Gesù, sacerdote, che si dà come cibo e si offre sacrificando la sua vita per noi, ci manifesta la tenerezza dell’amore del Padre e il dono gratuito dell’amore che dobbiamo, a nostra volta, vivere secondo lo spirito del Signore.

Nell’Eucaristia, ancora, con la fede, possiamo sperimentare la misericordia del Padre che, nel suo Figlio Gesù, ci dona il perdono, ci riaccoglie con il figlio  e alimenta così la nostra vita divina. Se non viviamo con questa fede la celebrazione domenicale sarebbe per noi senza efficacia e monotona, fatta di soli nostri gesti, e non attingeremmo al dono che il Padre celeste ci fa: quello di essere trasformati nel suo Figlio.

Nella Colletta iniziale di questa domenica preghiamo il Padre celeste, dicendo: « O Padre,  che per amore continuamente crei e  rinnovi il mondo, donaci la gioia di un cuore libero e pacificato, capace di amare te  sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi ». Nella concretezza deve essere amato Dio e, allontanandoci dai vari idoli che ci forgiamo lungo la nostra vita, servire solo lui e  il prossimo a cui, come ci dice il libro dell’Esodo nella prima lettura, dobbiamo manifestare l’amore con azioni concrete, con scelte e predilezioni che siano espressioni di fraternità e di condivisione.

Prima Lettura: Es 22,20-26.

Il Signore al suo popolo chiede di avere verso il forestiero, la vedova, l’orfano, l’ indigente atteggiamenti ispirati alla pietà e all’ aiuto verso il prossimo, verso cui non bisogna esercitare né oppressione di vario genere o maltrattamenti  riducendo in schiavitù qualcuno, essendo tutti forestieri in questo mondo, né usura, imponendo interessi per un prestito o  trattenendo pegni, come il mantello di un povero, poiché esso è l’unica coperta che usa per coprirsi la notte. Il Signore  ascolta ogni grido che queste persone rivolgono a Lui. Bontà, attenzione verso i più deboli, guardarsi dallo sfruttare i più poveri e diseredati non approfittando di essi e della loro indigenza, difendere la loro dignità violata denunciando ogni forma di criminalità,   è ciò che Dio desidera dal suo popolo e dai suoi figli.

Seconda Lettura: 1 Ts 1,5-10.

San Paolo, ricordando  ai Tessalonicesi come egli si è comportato tra loro per il loro bene, li loda perché hanno cercato  di imitarlo e, seguendo il suo esempio e quello del Signore, avendo ascoltato e accolto la Parola, pur tra tante prove,  con la gioia dello Spirito Santo, sono diventati  modello per i credenti della Macedonia  e dell’Acaia. Per la loro fede e per loro mezzo, ricorda ancora ai Tessalonicesi, «  la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e nell’Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne ». Infatti i nuovi credenti della Macedonia e dell’Acaia raccontano, scrive ancora Paolo,« come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere la venuta del suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene».

Essi, così, convertendosi, hanno cambiato la loro vita e, credendo in Dio e alla sua Parola,  servendolo e nutrendo la speranza di incontrare il Signore risorto, sono diventati modello e testimoni del Vangelo. Accogliere la Parola di Dio con gioia, anche in mezzo alle tribolazioni, ed  esserne testimoni gioiosi non è sempre facile; allontanarsi dai tanti idoli, che ci andiamo costruendo (divertimenti ossessivi, attività e hobby  di vario genere…), per servire il Dio vivo e vero è certamente segno di una vera conversione al Signore.

Vangelo: Mt 22, 34-40.

Gesù, rispondendo ai farisei e ai dottori della legge mosaica,  che gli chiedono quale è il più grande comandamento, risponde : « “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”» e vi aggiunge un secondo comandamento uguale al primo: « “ Amerai il prossimo tuo come te stesso” ». L’amore, dunque, per Gesù è la sintesi della Scrittura e tutta la legge e i profeti sono compendiati nell’ amore. L’amore a Dio, innanzitutto, e l’amore al prossimo sono come due binari su cui dobbiamo far muovere tutta la nostra vita. Dall’amore a Dio, se lo si vive veramente, deriva l’amore al prossimo, includendo ogni rapporto di amore e benevolenza non solo a livello coniugale, familiare  e parentale, ma anche a livello sociale, aprendo il nostro cuore verso tutti, vicini e lontani, manifestando loro una carità concreta che si dimostra attraverso opere di fraternità e di aiuto. Gesù per primo ha realizzato questa duplice direzione dell’amore:  nel sacrificio della croce, infatti, troviamo l’espressione più alta del suo amore al Padre  compiendone la volontà e realizzando il progetto di salvezza degli uomini, avendo messo per loro tutta la sua vita come dono di salvezza e redenzione.

Il cristiano umanizza mirabilmente se stesso nel realizzare l’esempio  di Gesù. Un unico amore viene realizzato sia che sia rivolto a Dio sia che sia rivolto al prossimo. San Vincenzo de’ Paoli era solito  dire che "sospendere la preghiera che si sta facendo per soccorrere il prossimo è ugualmente servire Dio". Se l’amore è pur un comandamento, un precetto morale deve essere accolto e vissuto liberamente, perché l’uomo, credente o meno, lo avverte nella profondità del suo essere e, praticandolo, realizza autenticamente la sua umanità. Il comandamento a Dio e al prossimo è nuovo, come lo ha dato Gesù ai suoi discepoli, se lo si vive alla maniera di Gesù,  animati dallo Spirito del Padre e del Figlio.