26 NOVEMBRE – SOLENNITÀ DI GESÙ CRISTO RE  DELL’UNIVERSO.

Dio si prende cura del suo gregge, della nostra umanità.

Gesù, davanti a Ponzio Pilato che gli ha chiesto se fosse re, rispose di esserlo, ma  il suo regno e la sua regalità non erano di questo mondo. Gesù esercita, quindi, la sua regalità in maniera silenziosa e misteriosa, ogni giorno, nei cuori di coloro che hanno accolto la sua liberazione dal peccato e vivono nella sua stessa obbedienza a Dio, sottomessi alla sua regalità. Egli è Re di tutti gli uomini, universale, perché, con il suo sacrificio sulla croce,

« vittima di pace sull’altare della croce » ci ha "ricomprati", cioè redenti, non con il sangue di capri o di vitelli, ma con il suo stesso sangue,  sparso per la nostra salvezza. Come vittima di pace si è offerto in sacrificio per ricon- ciliarci con il Padre celeste nello Spirito. Per questo Cristo risorto, che ha rinnovato per volere del Padre, tutte le cose, è  costituito Signore e Re dell’universo.

Nelle vicende della storia degli uomini, spesso tormentate da sofferenze e tribolazioni varie, questo regno di amore e di pace, di gioia e di giustizia non si avverte facilmente e, agli occhi di tanti, anche di molti cristiani, sembra che sia assente, ma è presente e lo realizzano, anche nel silenzio e nel nascondimento, coloro che lo vivono nella giustizia e nella carità, nella donazione della vita per gli altri, servendoli con dedizione evangelica ad imitazione di Gesù.

« O Padre, che hai costituito  il tuo Figlio pastore e re dell’universo, - recita la Colletta di questa solennità - donaci di riconoscerlo nel più piccolo dei fratelli, perché, quando egli verrà nella gloria ci accolga nel suo regno di risurrezione e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».

Siamo allora chiamati a  costruire il suo regno d’amore nelle tormentate vicende della storia, « alimentando  in noi la certezza di fede, che un giorno, annientato anche l’ultimo nemico, la morte, egli  ti consegnerà l’opera della sua redenzione, perché tu, o Padre, sia tutto in tutti ».

Prima Lettura: Ez 34,11-12.15-17.

Il profeta Ezechiele, nel brano che la liturgia ci fa riflettere oggi, nella figura del pastore e in ciò che egli compie per le sue pecore, vede l’opera di Dio per il suo popolo. Come il pastore cerca le sue pecore, vigila ed è premuroso verso il suo gregge, passa in rassegna le sue pecore, così fa Dio con gli uomini, mandando il  suo Figlio a riunire i figli di Dio dispersi nel perseguire le vie del male: « Io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine ». Dio stesso, come il pastore, conduce gli uomini con la sua Parola, ricerca la pecora perduta e riconduce all’ ovile quella smarrita, fascia quella ferita e cura la malata,  ha cura della grassa e della forte e tutte pascerà con giustizia. Inoltre: « A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri ». Dio quindi agisce con gli uomini con giustizia e amore, per cui, più che vivere nell’ angoscia o nel timore del suo giudizio, dovremmo avere un  senso di pace profonda, confidando nel suo amore, nella sua misericordia, ricordando che Dio non vuole, come dice altrove lo stesso profeta, la morte del peccatore, ma che si converte e viva.

Seconda Lettura: 1Cor 15,20-26.28.

San Paolo, in questo brano, mette in parallelo la disobbedienza di Adamo, che ha condotto tutti gli uomini al peccato e alla morte, e l’obbedienza di Gesù, che conduce tutti coloro che credono in lui ad una vita nuova e alla risurrezione. Gesù risorto,  quindi, è la primizia di coloro che essendo morti,  quando Egli verrà, risorgeranno. E a conclusione di questa storia di salvezza, operata da Cristo a favore degli uomini, « il Figlio consegnerà il re- gno  a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni Principato  e ogni Potenza ». Così la morte sarà vinta per sempre. Tutto sarà sottoposto alla signoria di Cristo e, infine, lui stesso, con il regno di Dio, instaurato nel cuore degli uomini e nella creazione,  sarà sottomesso al Padre, « Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, per Dio sia tutto un tutti ».  Ma a chi allude Paolo, quando dice : « E’ necessario che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi, compresa la  morte? ». Certo allude ai demoni e a coloro che ostinatamente lo hanno rifiutato  non accogliendolo.

Vangelo: Mt 25,31-46.

La parabola del Giudizio universale del Vangelo ci richiama alla mente e alla nostra riflessione quello che avverrà alla fine dei tempi, « quando il Figlio dell’ uomo verrà nella gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul  trono della sua gloria. Davanti a lui saranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra ». In questo giudizio, Cristo, il Figlio dell’Uomo, rivelerà la sua signoria, che nella storia rimane velata, pur essendo già all’ opera. L’esame del giudizio che egli farà agli uomini verterà su ciò che avremo fatto o non fatto, durante i nostri giorni terreni, ai fratelli  poveri, ai piccoli, ai deboli e agli emarginati in cui egli si identifica. Saremo, quindi, giudicati sulla carità dimostrata concretamente e nella verità di  opere ordinarie, semplici,  sia a livello materiale che spirituale.

Egli ci giudicherà, come fatti a lui, sulla generosità e l’interesse che abbiamo avuto per gli altri. Di conseguenza, a coloro che lo hanno riconosciuto e amato davanti agli uomini, cioè ai “ giusti ”, egli darà di partecipare alla “ vita eterna”, mentre toccherà la maledizione, l’esclusione e la lontananza da questa vita, nel “ supplizio eterno ”, per coloro che non lo hanno riconosciuto e amato nei suoi fratelli.

In maniera semplice possiamo sapere quale sarà la materia del giudizio su cui saremo giudicati e verso quale realtà futura ci incamminiamo continuamente nei nostri giorni terreni. Gesù con questa parabola vuol farci comprendere che si è oggi uniti con lui nell'amore e lo si sarà nella sua gloria se siamo oggi solidali con i fratelli, perché in essi egli vuole essere riconosciuto e amato: chiudendo il cuore e la nostra carità ai fratelli,  li chiudiamo anche al Signore Gesù.