24 Febbraio

     2a  Domenica di  Quaresima

       PREGARE   NELL’ESODO

   La luce folgorante della trasfigurazione è legata al buio del Venerdì Santo, giorno della croce. La manifestazione della divinità di Cristo, e quindi della sua gloria, è in qualche modo unita alla sofferenza del corpo crocifisso e morente. Viene da pensare a quante volte un eccessivo trionfalismo ha  portato  la  Chiesa sul monte Tabor, illudendola di potere evitare il buio della passione. La Parola di Dio oggi offre in tutta la sua pienezza l’immagine di un Dio che salva gli uomini, assicurando loro fedeltà per sempre.

La via della croce

   Gesù parla con Mosè ed Elia del suo esodo, che sta per compiersi a Gerusalemme. Mosè ed Elia avevano vissuto il loro esodo verso la libertà definitiva attraverso la sofferenza e la persecuzione. Così sarà anche dell’esodo di Gesù, il Messia. Mosè è stato il laeder del primo esodo; Elia ha difeso l’originalità di quell’esperienza al punto tale da diventare il protagonista ideale della rinascita spirituale attesa per il tempo finale ( Ml3,23-24; Sir 48,10). Il nuovo e definitivo esodo sta ora per compiersi con la morte di Gesù a Gerusalemme. Il tema dell’esodo, allora,  dice riferimento alla croce: ne è un’anticipazione, un annuncio. E i discepoli percepiscono qualcosa del mistero di Gesù, ma sono lontani dal penetrarlo. Mosè ed Elia rappresentano le Scritture che  già avevano annunciato la via del Figlio dell’uomo. Gesù la comprende e vi riconosce il disegno di Dio su di sé. Pietro, Giacomo e Giovanni hanno penetrato la nube, ciò che Mosè non aveva potuto fare, ma pur vedendo e ascoltando, i discepoli non comprendono. Ecco, allora, l’invito dall’alto rivolto ai discepoli:« Ascoltatelo ». Un ascolto che implica il saper cogliere in profondità la logica che guida l’esodo di Gesù a Gerusalemme e il suo compimento. Egli è il Figlio, l’Eletto; eppure la via che deve seguire è la via della croce. Una via che anche il discepolo è chiamato a comprendere e a fare propria.

   La trasfigurazione ( o cambiamento d’aspetto) Degli esseri era attesa per la fine dei tempi secondo l’ apocalittica giudaica ( Dn 12,3). Poiché questa trasformazione avviene con Gesù, è segno che questa fine dei tempi è giunta. Il desiderio di Pietro di innalzare tre tende (9,33) fa supporre che l’apostolo ritenesse giunta questa fine dei tempi e che egli si pensasse già introdotto  nella dimora celeste simbolizzata dalle tende eterne (16,9). Ma Pietro confonde un anticipo di pienezza con la pienezza!

  Ripensare la propria vita

   Mentre nella sua vita si vanno accumulando i segni della tragedia che appare prossima, Gesù si rivolge ancora al Padre: « Salì  sul monte a pregare ».

   La sua manifestazione luminosa  nasce nella preghiera. E’ spontaneo chiedersi quale esperienza di dialogo con il  Padre viviamo. Nella preghiera si approfondisce la comunione con il Signore riconoscendosi davanti a lui come figli bisognosi. Prega chi ha riposto la sua fiducia in Dio,  chi ha occhi capaci  di contemplare lo splendore del suo volto. E’ dunque la preghiera il contesto in cui  si accoglie la luce. La parola di Dio chiama anche oggi ad una verifica personale e comunitaria, da cui possono scaturire energie nuove e tesi a rinnovare la propria vita spirituale.

   Pietro vuole catturare l’aspetto glorioso della vicenda di Gesù. Noi tutti abbiamo la tentazione di mettere le nostre mani su Dio per catturarlo dentro i nostri schemi e le nostre attese. Pietro vuole fare con le sue mani una dimora a Dio. Ma il testo capovolge la prospettiva. Non è l’uomo che costruisce una casa a Dio ma è Dio che si incammina sulle strade dell’uomo, che pone la sua dimora tra di noi. Il Signore ci anticipa anche nella preghiera. E’ questa sconvolgente presenza dentro la nostra storia che deve essere compresa.

E’ a partire da essa che dobbiamo rivedere il nostro modo di intendere Dio, la sua presenza, il suo amore, la sua « onnipotenza ».

   La trasfigurazione offre al discepolo  un criterio di lettura della vicenda di Gesù: il Messia che si incammina, sofferente e apparentemente sconfitto verso Gerusalemme è il Messia che è nella gloria. Essa, allora, indica al discepolo  che è la via della Croce che porta alla risurrezione. Al discepolo che segue il maestro deve essere sufficiente un anticipo di gloria, un lampo che conferma nel cammino. Ora è temo di esodo.

Prima Lettura ( Gn 15,5-12.17-18)

   Dio stipula l’alleanza con Abramo fedele…

Abramo si fida di Dio oltre ogni ostacolo  e smentita. Dio si impegna con giuramento e prende su di sé la maledizione qualora la sua fedeltà verso Abramo dovesse venir meno.

Salmo  26

    Il Salmo esprime – nella prima parte – fiducia nonostante le difficoltà  e i pericoli che minacciano il credente. La convinzione profonda che  il Signore non abbandona il credente non induce questi ad ignorare paura e difficoltà.

Seconda Lettura ( Fil 3,17-4,1)

Cristo ci trasfigura nel suo corpo glorioso.

   L’apostolo esorta i credenti a fidarsi della croce di Cristo e della logica di vita che ne deve conseguire. La carne (intesa come logica  mondana) non è destinata alla risurrezione. Solo chi professa il Signore Gesù Cristo come salvatore sarà da lui trasfigurato.

Vangelo (Lc 9,28b-36)

Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò di aspetto.

   Siamo al termine del ministero in Galilea. Nella esperienza della « trasfigurazione » Gesù fa comprendere più a fondo come la sua missione non debba seguire  la via del messianismo trionfale ma la via della croce. Gesù incompreso ma si incammina deciso verso Gerusalemme.