23 GIUGNO – 12a Domenica del Tempo Ordinario.

    « Voi  chi dite che io sia?»

Nella Parola di Dio del Vangelo di questa Domenica c’è la domanda di Gesù rivolta ai discepoli ma anche a noi: « Voi chi dite che io sia? ».

Il Signore ci invita a pensare e a riflettere su chi è per noi Lui, il Signore Gesù, in cui diciamo di credere. La nostra vita cristiana dipende allora dalla risposta che diamo a questa domanda: è una conoscenza di Gesù solamente culturale, è una abitudine a dirsi cristiani perché per tradizione familiare siamo stati educati così, per cui non abbiamo mai preso coscienza di quello che comporta aver accolto Gesù in noi? La nostra fede deriva da un incontro personale  con una persona viva: Gesù Cristo?

 Quale è l’identità di Gesù?

Il Cristianesimo è l’aver accolto Gesù e vivere seguendo il suo esempio, non è né un codice di precetti, né una religione e neppure riti e liturgie varie. Chi ha scommesso l’unica vita che ha sulla persona di Gesù sente spesso la necessità di rinfrescare la propria fede in Lui e sulla sua vera identità. Spesso qualche mezzo di comunicazione in modo sensazionale ci dà qualche scoop su Gesù, magari inventando o dando interpretazioni su chi sia, ma dimenticando   che gli unici testi che ci parlano di lui sono i Vangeli,  che certo bisogna tenere in considerazione se non si vuole fare delle proprie opinioni l’unica e esatta identità di Gesù.

 Al di là delle sue fattezze fisiche, Gesù aveva uno sguardo che colpiva chi lo incontrava, come Simone, il giovane ricco, Zaccheo; uno sguardo che parlava e faceva capire che Gesù aveva idee molto chiare  e dava insegnamenti precisi e non  contestabili. Più che esprimere opinioni i suoi detti erano lapidari, significativi, determinati, non che semplici e persuasivi. Esprimeva una libertà nel parlare e nel frequentare le persone che spesso scandalizzava e amava teneramente i bambini, che sapeva capire, e gli amici come nel caso di Lazzaro, tanto che i Giudei, presenti a Betania, vedendolo piangere per la morte dell’amico esclamarono: « Vedete come l’amava? ». Amava ancora il suo popolo, la sua terra, tanto che piange al pensiero della futura  distruzione di Gerusalemme.

 Gesù è sì uomo, ma più che uomo.

Davanti a Gesù, l’uomo, specie nel mondo occidentale, si è sempre chiesto: Ma Egli era solo un uomo? Se leggiamo il Vangelo vi troviamo frasi come quella in cui si definisce « Figlio dell’Uomo », per indicare Colui che nella profezia di Daniele è un personaggio misterioso che sarebbe venuto dal cielo e dato compimento alla Storia. Quelli del Sinedrio davanti a questa frase replicarono: « Tu dunque sei il Figlio di Dio? » (Lc22,69-70; Mc 13, 26). Avevano capito bene cosa intendeva Gesù con quelle parole “ Figlio dell’Uomo ”, riguardo alla sua origine divina, per cui lo accusarono di bestemmia. E ancora rivendica il suo potere di rimettere i peccati, come nel caso del paralitico scandalizzando i presenti (Mt9,1-8) o di giudicare l’uomo, come con  la donna adultera, che gli viene presentata perché esprima il suo giudizio sulla sua ondanna o meno, e a cui dice: “Neanch’io ti condanno, va’ e d’ora in oi non peccare più ” (Gv 8, 1-11). Così anche altre affermazioni:« Chi dà la sua vita per me la ritroverà... »; « Chi avrò lasciato il padre e la madre, i campi e la casa per me, avrà il centuplo quaggiù, con le persecuzioni e la vita eterna  »; e all’apostolo Filippo che gli chiede di mostrargli il Padre, Gesù dice: « Filippo…chi ha visto me, ha visto il Padre...Non credi che io sono nel Padre   e il Padre è in me?... Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. »(Gv 14,9-11).

Gesù è certamente grande come uomo, ma soprattutto è Dio, perché Figlio di Dio. Egli intendeva questa identità di Figlio non come lo siamo tutti noi, come lo sono tutte le creature. Egli è il Figlio unigenito del Padre, che opera in unità col Padre e compiendo le opere che il Padre gli ha dato da compiere.

 Quale risposta da parte di ognuno di noi?

Chi siamo chiamati ad annunziare? Un uomo o l’Uomo-Dio,CristoGesù?  Ognigenerazione deve rispondere e fare una scelta di vita come voleva Gesù dai suoi contemporanei. Nessuno può eludere la domanda e la risposta non può che essere personale, una presa di coscienza che ognuno deve maturare da solo, nel silenzio, perché solo così ci si può porre alla sua sequela.

La fede, ricevuta da bambini come dono di Dio in quanto battezzati, non può ridursi solo  un  dato anagrafico o un atto formale: il contenuto del battesimo, l’ essere  figli di Dio e crescere nella  vita divina, bisogna farlo proprio, vivendo sì in una cultura cristiana, che da sola non è sufficiente, ma divenendo  sempre   più testimoni autentici del Signore, morto e risorto. Gesù non è solo  un  dato culturale o storico.

La fede in Gesù ci chiede di vedere le cose che non sono visibili umanamente in lui, la capacità di andare  oltre   il  dato  storico, un’apertura al dato spirituale e celeste  dell’opera  e  della persona di Gesù Cristo.

Il nostro pensiero cristiano  moderno  e  occidentale,  spesso ha allontanato dalla vita concreta il  problema  di Dio e di Cristo, relegandolo in  speculazioni razionali storiche,esegetiche e teologiche a volte lontane dalla realtà storica di Gesù e dalla nostra. In ogni forma di esperienza religiosa, il credente deve essere cosciente della presenza diCristo nella propria vita, presenza che sia più conforme alle esigenze evangeliche e secondo una perenne testimonianza ecclesiale, per allontanare i tanti ostacoli ad una risposta autentica di fede e  non cadere in un facile relativismo religioso fatto, a propria misura, da ognuno. La risposta di fede a Dio, mediante Cristo, che la Scrittura, esalta come unico mediatore tra Dio e gli uomini, deve investire tutta la vita personale, immergendola nella verità di Cristo e vivendola nella comunione con Dio. Scrive  D. Maria Turoldo: « L’uomo e Cristo stanno di fronte come il problema e la sua soluzione, come il desiderio e la sua soddisfazione, solo chi trova in Cristo la soluzione del suo problema, la soddisfazione  del suo desiderio, è salvo ».

 Prima Lettura: Zc 12,10-11,13.

Un figlio trafitto, primogenito, che come vittima diviene motivo di pentimento e di salvezza, mentre viene effuso lo spirito. è segno dei tempi del Messia. Ora sappiamo bene chi sia quel trafitto dal quale viene uno “ spirito di grazia e di consolazione, che trasforma il cuore e lo rigenera. E’ il Cristo crocifisso dinanzi al quale avviene la conversione.

Ci si va dicendo che oggi  il senso del peccato è scaduto: per poterlo riavere non servono pure considerazioni sociologiche ; non basta  neppure la constatazione delle ingiustizie sociali: occorre riandare a Colui che per il peccato è morto in croce, e che nella sua morte ha meritato il dono dello Spirito Santo che purifica e riconcilia con Dio.

Seconda Lettura: Gal 3,26-29.

Chi crede diviene figlio di Dio, poiché credere è affidare  se stessi a Dio, nell’abbandono assoluto della propria esistenza. Per questa confidenza agisce la grazia che ci rende figli di Dio. Essa opera nel battesimo, dove l’uomo imita la morte di Gesù e ne riceve i frutti; dove rivesta – come dice Paolo – Gesù Cristo e quindi diventa con lui figlio del Padre celeste. Attraverso il battesimo, lavacro di rigenerazione, passa in noi la vita di Dio, che ci assimila a lui e ci rende  sue immagini viventi. Per questa figliolanza le divisioni scompaiono, gli steccati che ci dividono  e ci oppongono crollano. Siamo fatti uno in Cristo Gesù. Figli di Dio, dunque fratelli tra noi e se fratelli dobbiamo volerci bene. Questo dovrebbe essere il nostro quotidiano impegno di testimonianza dei valori spirituali della nostra fede.

 Vangelo: Lc 9, 18-24.

Anche a noi Gesù oggi chiede, come un tempo ai discepoli, chi egli sia per noi. E’ per noi Gesù, come per Pietro e gli altri, il Cristo, il Figlio di Dio? Il Vangelo ci chiede di rinnovare la nostra fede in Lui e adeguare la nostra testimonianza secondo una fede personale, autenticamente evangelica, ecclesiale ed esistenziale.