31 AGOSTO – XXII DOMENICA del Tempo Ordinario.

Morire con Cristo, per risorgere con lui.

Il Signore Dio ci convoca nel giorno del memoriale  della sua Pasqua. Egli ci  parla  con la sua Parola raccontandoci le sue meraviglie e in noi avvertiamo l’istanza, giusta e doverosa, di rendergli la lode e il nostro inno di ringraziamento, non solo con le parole ma  soprattutto con la nostra vita.

In questo memoriale, il Padre celeste ci offre il suo Figlio come  cibo e bevanda di salvezza. Rafforzati da questo sacramento, in cui sperimentiamo il grande  amore con cui siamo stati amati, riceviamo la grazia per non lasciarci « deviare dalle seduzioni del mondo »,  per « discernere ciò che è buono e a lui gradito », per rispondere  all’ amore del Padre con la nostra fedeltà di figli, all’amore di Cristo come discepoli, portando la propria croce dietro a lui sulle sue orme, e  per porre, infine,   la nostra vita al servizio dei fratelli, perché l’amore del Maestro si manifesti in modo genuino e sincero con le nostre opere nella fraternità.

Prima Lettura: Ger 20,7-9.

Geremia è avversato nella sua missione profetica, tanto da volersi defilare da questo compito, perché è fatto oggetto, ogni giorno, di scherno, di derisione e di obbrobrio da parte di coloro che non condividono il messaggio che egli annunzia. Egli, per farsi sentire, poiché non è ascoltato, deve gridare, urlare: « Violenza! Oppressione! ». Per questo pensa di non voler più parlare nel nome di Dio.   Ma nel suo intimo egli avverte  come un « un fuoco ardente, trattenuto nelle sue ossa », si sforza di contenerlo , ma non può, perché lo spinge a continuare la missione del Signore, che  lo ha « sedotto » e il profeta si « è lasciato sedurre »: su di lui il Signore  ha fatto violenza ed è prevalso. Ormai, quindi, la sua esistenza è tutta presa ed  è inconcepibile se non nello svolgere fino in fondo  la missione del Signore. Oltre che per Geremia, anche per ognuno di noi la vocazione cristiana, cioè corrispondere all’appello di Dio e dedicarsi fedelmente a Cristo, è un’avventura che, come per i santi, ci coinvolge nella profondità della nostra esistenza.

Avere sete di Dio, cercarlo, contemplarlo nel suo santuario,  ammirare la sua potenza e la sua gloria, vivere dell’amore di Dio vale più della propria vita, ci fa cantare il Salmo responsoriale di oggi.

Seconda Lettura: Rm 12,1-2.

Ogni celebrazione liturgica, specie quella del sacrificio di Cristo, deve essere seguita da una vita coerente all’esempio del Signore. Paolo esorta i cristiani ad offrire se stessi, in tutta la loro realtà, in sacrificio vivente a Dio, perché è una continuazione di quello della croce del Signore: culto spirituale offerto attraverso le opere che si compiono animati dallo Spirito di Dio. Tutta l’esi-stenza cristiana, allora, se vissuta in conformità alla volontà di Dio, come quella di Gesù, nel rinnovamento del proprio modo di pensare, discernendo ciò che è buono, a lui gradito e perfetto, può essere offerta a Dio.

Vivendo così la liturgia, cioè inverandola nella vita, possiamo dire di vivere in profondità la nostra fede.

Vangelo: Mt 16,21-27.

La prospettiva della croce, che il Signore annunzia agli apostoli, appare un qualcosa di insopportabile a Pietro, che reagisce rimproverando Gesù dicendogli: « Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai ». E Gesù voltandosi verso di lui lo apostrofa decisamente: « Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini ». Così il disegno di Dio, per quanto strano possa sembrare, non può essere eluso e coloro che vi si oppongono e convincono  altri a non viverlo sono tacciati come Satana, che svolge il compito precisamente  di intralciare il procedimento e l’attuazione della volontà di Dio.

Seguire il Signore  portando ognuno dietro a lui la propria croce è il destino di ogni  uomo che  vuole essere suo discepolo. Perdere la propria vita  e donarla con Cristo non significa  perderla ma ritrovarla nella sua pienezza, non significa rinnegarla, ma realizzare il più grande guadagno, perché solo morendo come Cristo, il seme porta frutto, e la prospettiva della risurrezione è la vera ricompensa che il Signore darà a chi è disposto a perdere la propria vita per lui e per il suo regno.