7 SETTEMBRE – XXIII Domenica del Tempo  Ordinario.

La correzione fraterna nella Chiesa.

Nel giorno del Signore, il Padre celeste ci invita al convito eucaristico e ci fa dono del suo Figlio, come « Parola » e « Pane di vita ». Gesù, la sapienza incarnata, è la Parola che in tutta la Scrittura Dio ci rivolge, per guidarci nelle scelte quotidiane della vita e così adempiere alla sua volontà, e il Pane di vita, che ci nutre e ci santifica con la sua presenza sacramentale.

Per questi doni, per tutto quello che ha compiuto per mezzo del suo Figlio e per tutti gli altri doni , ricevuti dalla Paternità di Dio, è « cosa buona e giusta », diciamo nella preghiera del Prefazio, rendere grazie a Dio e rendergli la nostra lode, la nostra adorazione in quanto figli adottivi, partecipi, in quanto membra di Cristo, della sua stessa eredità. Questa realtà di partecipazione al banchetto deve essere vissuta non tanto individualmente ma come comunità di fratelli, riuniti attorno a Cristo, nostro capo e Signore, affinché, diciamo nella colletta, « a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna ».

Il cammino del cristiano è sì un itinerario individuale di santità, ma inserito in un contesto di vita comunitaria, aperto all’more verso i fratelli.

L’amore che riceviamo da Dio in Cristo suo Figlio deve, come dice san Giovanni, essere vissuto amando i fratelli, perché non possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo i fratelli che vediamo.

Prima Lettura: Ez 33,1.7-9.

Il profeta, come sentinella,  è portatore non di una sua parola, ma di quella di Dio, ed è tenuto ad annunziarla  con fedeltà e integralmente. Così ognuno di quelli a cui si rivolge, posto davanti alla Parola, con il proprio senso di responsabilità, deve ascoltarla e compiere un cammino di conversione al Signore. Se l’empio, a cui Dio rivolge  l’invito alla conversione attraverso l profeta, non viene da questi ammonito, per cui il malvagio non desiste dalla sua condotta perversa, allora la responsabilità « della morte del peccatore » ricade sul profeta. Se invece il profeta, adempiendo la sua missione, avrà ammonito l’empio a cambiare vita e questi non si converte, egli morirà per la sua iniquità, ma al profeta non sarà addebitata nessuna responsabilità.

Tutti noi, in merito alla nostra partecipazione battesimale alla realtà profetica di Cristo, siamo chiamati a dare testimonianza del bene a tutti, anche davanti a coloro che operano iniquamente, ricordando che è opera di carità spirituale « ammonire i peccatori e pregare per loro », anche se questo deve essere fatto con carità, nella fraternità, con discrezione  e senza superbia.

Seconda Lettura: Rm 13,8-10.

L’osservanza del comandamenti, « Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai » e qualsiasi altro comandamento, sono compendiati  in quello dell’ « Amare il prossimo  tuo come te stesso », dice san Paolo, cioè nella carità che non fa male al prossimo e che è pienezza della Legge.

Tutti i comandamenti sono, allora, espressione dell’amore verso tutti gli uomini, che dobbiamo amare come  fratelli, nella varie circostanze di relazione che poniamo tra noi e loro.  Solo di questo amore che dobbiamo agli altri, dice ancora san Paolo, siamo debitori nei loro confronti. Di nulla altro.

Vangelo: 18,15-20.

In questo brano del Vangelo vengono dati degli insegnamenti che riguardano le relazioni tra i membri di una comunità, sia a livello privato, come anche quelle riguardanti atteggiamenti che possono arrecare scandalo nei fratelli, per cui tutta quanta la comunità ne è coinvolta, perché ne va

di mezzo la testimonianza del vangelo, che non è reso più facilmente credibile, e perchè viene meno anche la missione profetica della Chiesa.

La correzione fraterna, a cui siamo esortati da Gesù, deve, come abbiamo accennato nella prima lettura, essere considerata come un dovere fraterno ed essere vissuta con lo stile di Cristo, con la progressività di gesti che ricalcano lo stesso stile dell’agire della santità di Dio: la sua misericordia, illimitata e incondizionata. Così volendo imitare l’amore di Dio per noi, dobbiamo assumere come norma la necessità dell’amore per il fratello, operando nella correzione fraterna, per amore e con discrezione, con umiltà e con il desiderio di volere il bene del fratello, senza la presunzione di voler essere giudici.

Come diceva Dio ad Ezechiele che è costituito sentinella,  tutti, come Chiesa, siamo chiamati ad essere  “sentinelle”, vegliando per la sicurezza di tutti, vigilando affinché non ci sia distanza fra la vita dei fratelli di fede e la Parola di Dio, che indica la via da percorrere.

Davanti al dilagare del male tutti siamo coinvolti e dobbiamo esortarci a non lasciarci coinvolgere facilmente da esso. E’ allora che tutta quanta la Chiesa è coinvolta  al comando di Gesù del « legare e sciogliere » in riferimento alle questioni importanti della vita spirituale e morale della testeimonianza cristiana. E’ questo un dovere che scaturisce dalla necessità di avere cura reciproca derivante dal vivere la fraternità nella comunità, compito che, ripetiamo, deve essere vissuto secondo le caratteristiche sopra accennate, tenendo sempre presente il bene del fratello e della comunità tutta. Vengono così ricostruiti quei legami ecclesiali, interrotti per atteggiamenti e comportamenti poco conformi alla Parola di Dio, tenendo sempre viva la fedeltà agli insegnamenti evangelici.

E' soprattutto nel Sacramento della Riconciliazione, attuando il comando di Gesù agli Apostoli la sera del giorno della risurrezione: « A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimettere resteranno non rimessi », che la Chiesa, a nome di Cristo che ha dato lo Spirito Santo,  assolve al compito della riconciliazione dei peccatori, pur condannando i peccati e l’ostinazione che si può avere nei confronti di essi.

L’ostinazione nel male del fratello può, in casi estremi, giungere anche a considerarlo non più nella comunione ecclesiale, ma ciò non toglie, come scriveva  sant’Agostino, di doversi prendere cura del peccatore, che non vuole considerarsi nostro fratello, e reiterare l’invito alla conversione. Pur riconoscendo  e accettando la libertà personale del fratello, anche quando si opera un taglio con la comunità, ciò non toglie la necessità di pregare per lui e invitarlo a ritornare sui suoi passi, affidando solo a Dio il giudizio finale sul suo comportamento.