12  SETTEMBRE – XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno B)

SEGUIAMO GESÚ CON FEDE VIVA ED OPEROSA.

Nell’ Eucaristia, ricevendo il Corpo e il Sangue di Cristo, i cristiani entrano in comunione con lo Spirito Santo che lo rende presente nel pane e nel vino.

La potenza di Cristo e l’azione del suo Spirito trasforma non solo questi doni ma anche noi con i nostri sentimenti, le nostre tendenze e ci trasfigura in lui. E’ lo Spirito Santo che viene invocato nelle preghiere eucaristiche che trasforma i nostri semplici doni nel Cristo e raccoglie e forma anche la Chie- sa, unendola a lui in maniera intima.

L’assemblea liturgica, attraverso il perdono che viene chiesto, è rigenerata con un cuore nuovo dallo Spirito, che apre i credenti al pentimento e alla conversione, dando loro la forza di perdonare a loro volta e di dare la vita per salvarla, come fa Cristo. Il dono dello Spirito non è meritato da noi ma dall’intercessione del Signore Gesù, mediatore di grazia , che ci unisce a sé quando nel suo nome siamo riuniti per rendere grazie al Padre.

Nella preghiera della colletta diciamo a Dio: « O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, tendi l’orecchio ai giusti che ti invocano, assisti la tua Chiesa che annuncia il Vangelo della croce, perché creda con il cuore e confessi con le opere che Gesù è il Messia ».

Prima Lettura: Is  50,5-9.

Isaia preannunzia ciò che il Messia, il servo di Jahvéh sopporterà, non opponendo resistenza e presentando il dorso ai flagellatori, le sue guance a coloro che gli strappano la barba e non sottraendo la sua faccia agli sputi e agli insulti. Egli confida nell’aiuto di Dio che lo assiste, per cui non resta svergognato, poiché rende la sua faccia dura come pietra, sapendo che non resta confuso. Confidando nella vicinanza del Signore, che gli rende giustizia, egli è pronto a sfidare chi viene a contesa con lui, chi lo accusa e chi vorrebbe dichiararlo colpevole. Tutto quello che descrive il profeta lo vediamo realizzato nell’ avvenimento della passione  di Cristo Signore, che soffre ed espia per tutti, compiendo  il disegno della redenzione del mondo. Così anche noi siamo chiamati a non tirarci indietro, ribellandoci e imprecando, quando nella nostra vita siamo provati, ma a confidare in lui che ci è vicino, non ci abbandona e ci rende giustizia.

Seconda Lettura: Gc  2,14-18.

San Giacomo, ancora una volta, ci ricorda che non basta la sola fede per poter ottenere la salvezza. Questa deve essere avvalorata dalle opere. Per cui se uno dicesse al fratello o sorella che sono senza vestiti e sprovvisti di cibo quotidiano: « Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi », ma non si dà loro il necessario per il corpo, a che potrebbe servire? « Così anche la fede: - continua san Giacomo – se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta ».

Non si può dunque mostrare la fede se questa non è realizzata nelle opere. Chi realizza le opere che la fede chiede di vivere, attuando la carità senza ostentazione,  mostra anche la  fede che le anima. La carità cristiana e, potremmo anche dire, l’amore che ogni uomo  dice di avere per il fratello devono produrre opere coerenti con tali principi di vita, perché, diversamente, sarebbero entrambi parole vuote: sarebbe  filantropia  di ogni uomo e non vera fede o credenza astratta quella del cristiano. La concretezza dell’amore in entrambi i casi  è manifestata dalle opere della carità e dell’amore. Non bastano pratiche religiose o fedeltà all’Eucaristia o proclami filantropici per dare consistenza all’amore per il fratello, chiunque esso sia.

Vangelo: Mc 8,27-35.

Gesù, durante la sua missione, a Cesarea di Filippo, interroga i suoi discepoli per sapere da loro che cosa dica la gente di lui. Essi rispondono che alcuni lo ritengono Giovanni il Battista, altri Elia e altri  uno dei profeti. Alla domanda di Gesù: « Ma voi, chi dite che io sia ?», Pietro risponde: « Tu sei il Cristo ». E Gesù ordina loro severamente di non parlare di lui a nessuno e annunzia però, apertamente, che « il Figlio dell’uomo dove soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere ». Pietro, allora, lo prende in disparte e lo rimprovera. Ma Gesù, voltandosi e guardando tutti i discepoli, apostrofa aspramente Pietro dicendogli: « Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini ». E alla folla e ai discepoli dice: « Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà ». Pietro a nome di tutti riconosce Gesù come il Cristo, così come gli aveva detto il fratello Andrea incontrandolo, dopo aver sentito  Giovanni il Battista  additare Gesù come l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.

Certo Pietro non poteva immaginare quello che Gesù avrebbe sofferto: il rigetto da parte dei capi, sacerdoti e scribi, e la morte prima della risurrezione. E se davanti alla rivelazione di Gesù Pietro reagisce quasi con violenza, non meno decisa è la risposta di Gesù, che lo apostrofa come un Satana,   perché lo distrarrebbe dal compiere la volontà del Padre celeste e dal suo disegno. Non solo il Cristo, ma ogni discepolo dovrà portare la propria croce dietro al Signore, fino a giungere a perdere la propria vita per lui e il Vangelo. Quella della Croce è la strada per salvare la propria vita, se la si vuole riavere nella gloria della risurrezione. E’ importante allora capire la croce e portarla con speranza.

Dalle «Omelie sul Vangelo di Matteo » di San Giovanni Crisostomo, vescovo.

Adorna il tempio, ma non trascurare i poveri.

Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in Chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità.

Colui che ha detto:« Questo è il mio corpo », confermando il fatto con la parola, ha detto anche:   Mi avete visto affamato e  non  mi  avete dato da mangiare (cfr. Mt 25,35) e ogni volta che non  avete fatto queste cose ad uno dei più piccoli  tra questi, non l’avete fatto neppure a me ( cfr. Mt 25,45).  Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure, mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.

Impariamo dunque a pensare  e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole,  non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che anche i poveri  beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro,

Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.

Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare  con veli d’oro il suo altare, se poi, non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava Egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe  contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?

Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo  quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o meglio, perché questo sia fatto, prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello.

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