19 SETTEMBRE -XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Il nostro incontro domenicale, nel giorno del Signore, rivela l’amore verso Dio, vissuto in unione con Cristo, nostro Capo e Signore, e verso il nostro prossimo. Questo amore è stato posto da Gesù a fondamento di tutta la legge. Nell’Eucaristia esprimiamo la nostra adorazione di figli a Dio, ricono-scendolo come unico Signore, riaffermiamo la nostra volontà di non sostituire niente a Lui e di rinnovare, nel giorno a lui dedicato, il nostro amore di figli e di fratelli. Mancando di questo amore, per Dio e i fratelli, è difficile vivere la domenica con una  fraternità attiva e creativa, per cui  la si sente come un obbligo gravoso, e non come lode a Dio e servizio evangelico. Diventa allora la Domenica una verifica e un modo per misurare l’autenticità della nostra fedeltà al Signore e della nostra fraterna carità verso il prossimo. Nell’incontro con Dio, i misteri che celebrano la  salvezza, operata da Cristo, dovrebbero trasformare la nostra esistenza.

Preghiamo nella Colletta: « O Dio, sorgente della vita, davanti a te il più grande è colui che serve: donaci la sapienza che viene dall’alto, perché accogliendo i piccoli  e gli ultimi riconosciamo  in loro la misura  del tuo regno ».

Prima Lettura: Sap 2,12.17-20.

La lettura dal Libro della Sapienza, oggi, ci descrive la congiura e le insidie che gli empi tramano contro il giusto, perché questi si oppone alle loro azioni e le sue parole sono di rimprovero per le colpe e le trasgressioni che fanno contro la legge e l’educazione da essi ricevuta. Mettendo il giusto alla prova, con violenze e tormenti, essi vogliono vedere se le sue parole sono vere. Vogliono conoscere la sua mitezza, saggiare il suo spirito di sopportazione e se è figlio di Dio questi gli verrà in aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Condannandolo con una morte infamante vogliono sperimentare se Dio gli verrà in soccorso, così come egli dice. Ma il giusto non si lascia scoraggiare, né si avvilisce e rimane fedele al suo Dio. In Cristo Gesù, il giusto, che non commise peccato, noi cristiani vediamo realizzata, in sommo grado, in riferimento alla sua passione,  descritta dai Vangeli, questa persecuzione contro di lui da parte dell’umanità, che ha agito empiamente. Crocifiggendo  Gesù, si è creduto di averlo eliminato per sempre, ma essendo Figlio di Dio, egli ha vinto la morte risorgendo ed è divenuto  potenza di salvezza e primizia di risurrezione per questa nostra umanità.  Gli empi, nella loro malvagità, perseguitano i giusti, li opprimono, ne irridono la fede e vogliono provare la loro pazienza.

Seconda Lettura: Gc 3,16-4,3.

San Giacomo continua la sua esortazione, invitando i credenti ad evitare gelosie e spirito di contese che ispirano le cattive azioni. Chi è invece animato dalla sapienza è pacifico, mite, arrendevole, pieno di misericordia, di buoni frutti, imparziale e sincero. Chi opera nella pace porta frutti di giustizia.

Così ricorda ancora che liti, contese e guerre sono causate dalle passioni degli uomini, che desiderano ma non riescono a possedere;  uccidono, sono invidiosi, per cui ci si combatte e ci si fa guerra gli uni contro gli altri. Se si chiede, poiché si chiede male, non si ottiene, in quanto si chiede per soddisfare le passioni. Se gli uomini seguissero lo spirito della sapienza, iscritta da Dio nel profondo del loro essere, se si seguisse quella che Dio ha rivelato in vari modi e in ultimo con la sapienza incarnata, Cristo Gesù, gli uomini potrebbero vivere in fraternità e armonia. Ma la gelosia e l’invidia generano liti, aggressività, divisioni, disordini. E se anche i cristiani agiscono così smentiscono l’Eucaristia. Essa deve essere  sacramento che anima la Chiesa, la genera, ed  è segno efficace di fraternità, se la si vive nello spirito del Signore che l’ha istituita,

Vangelo: Mc 9,30-37.

Nel Vangelo di oggi l’evangelista Marco ci presenta un secondo annunzio della passione che Gesù fa ai discepoli, non volendo però, ancora una volta, che alcuno lo sappia: « Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà ». Se il primo annunzio è giustificato per quello che i discepoli credono del Messia, cioè del Cristo, la cui attesa era pregna, maggiormente,  di aspirazioni terrene, sociali, politiche, di libertà,  questo nuovo annunzio è reiterato in funzione del  fatto che Gesù, giunto a casa a Cafarnao, sedutosi e chiamati i Dodici, chiede loro: « Di che cosa stavate discutendo per la strada?».  Ma  poiché essi tacciono, avendo discusso su chi di loro fosse il più grande, Gesù continua dicendo: « Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti ». Prendendo un bambino e abbracciandolo dice ancora: « Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato ». I discepoli non capiscono il discorso di Gesù relativo alla sua passione. Restano ammutoliti perché anche i discepoli devono seguire la sua stessa strada. La modalità del seguire il Maestro, oltre che portare la croce dietro a lui, capovolge le precedenze, in quanto: il più grande è colui che si mette all’ultimo, colui che serve e, accogliendo un bambino, che non ha prestigio, si accoglie e riceve lui, Gesù in persona. Questa rivoluzione evangelica cambia il mondo e dall’Eucaristia che celebriamo bisogna ripartire con questo spirito di servizio da prestare verso tutti nelle varie circostanze della vita quotidiana.

Dal «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo

(Disc. 46, 10-11; CCL 41, 536-538)

Prepara la tua anima alla tentazione

Avete già sentito che cosa abbiano principalmente a cuore i pastori cattivi, considerate ora che cosa trascurino: « Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite» (Ez 34, 4), e quelle che erano sane le avete fatte perire, le avete ammazzate, trucidate. La pecora è soggetta a malattie, ha il cuore debole, cosicché facilmente potrà soccombere alla tentazione, se questa la trova indifesa, impreparata.
Il pastore negligente, quando scorge uno del suo gregge, non gli dice: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, sta’ saldo nella giustizia e nel timore, e preparati alla tentazione (cfr. Sir 2, 1). Chi parla così conforta chi è debole e lo rende saldo, perché egli, avendo abbracciato la fede, non speri nella prosperità di questo mondo. Se infatti gli verrà insegnato a sperare nella felicità del mondo, sarà rovinato dalla felicità stessa: al sopraggiungere delle avversità, rimarrà sconvolto o addirittura perirà, e perciò il pastore che così costruisce il fedele, lo costruisce sulla sabbia e non sulla roccia, che è Cristo (cfr. 1 Cor 10, 4). I cristiani, infatti, devono imitare le sofferenze di Cristo e non andare in cerca dei piaceri.  
Il debole invece viene rinfrancato quando gli si predica: Aspettati pure le tentazioni di questo mondo, ma il Signore ti libererà da tutte, se il tuo cuore non si allontanerà da lui. Egli infatti proprio per confortare il tuo cuore venne a patire, venne a morire, venne ad essere coperto di sputi, venne ad es- sere coronato di spine, venne a subire gli insulti e, infine, venne a farsi inchiodare in croce. Tutto questo egli l’ha sofferto per te, e tu nulla. L’ha sofferto non per il suo vantaggio, ma per il tuo.
Ma che razza di pastori sono invece quelli che, temendo di offendere gli uditori, non solo non li preparano alle tentazioni future, ma anzi promettono loro la felicità di questo mondo, felicità che Dio non promise neppure al mondo stesso!
Egli predice che verranno sino alla fine sopra questo mondo dolori su dolori e tu vorresti che il cristiano ne sia esente? Proprio perché è cristiano soffrirà qualcosa di più in questo mondo!
Lo afferma l’Apostolo: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2 Tm 3, 12). Ora tu, pastore, che cerchi i tuoi interessi e non quelli di Cristo, permetti, bontà tua, a Cristo di dire: Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati. Ma tu per tuo conto ritieni di poter dire al fedele: Se vivrai piamente in Cristo, avrai abbondanza di ogni cosa. E se non hai figli, ne avrai e li nutrirai tutti e nessuno di essi ti morrà. È in questo modo che tu edifichi? Bada a ciò che fai, dove poni il fondamento! Tu poni sulla sabbia colui che stai cercando di edificare. Verrà la pioggia, strariperà il fiume, soffierà il vento, si abbatteranno su questa casa, ed essa cadrà e sarà grande la sua rovina.
Toglilo dalla sabbia, mettilo sulla roccia, abbia il suo fondamento in Cristo colui che vuoi far diventare cristiano. Fa’ che volga lo sguardo alle sofferenze immeritate del Cristo, che guardi a colui che, senza peccato, paga i debiti non suoi. Fa’ che creda alla Scrittura la quale dice: «Egli sferza chiunque riconosce come figlio» (Eb 12, 6). E allora o si prepari ad essere sferzato, o rinunzi ad essere accettato.

Ultimo aggiornamento (Sabato 18 Settembre 2021 09:55)