3 OTTOBRE – XXVII DOMENICA DEL TEMPO  ORDINARIO.

Nel giorno del Signore, la comunità cristiana, è riunita dal Padre attorno a Gesù Cristo e, come figli, siamo uniti dallo Spirito del Padre e del Figlio. Preghiamo non un Dio lontano, anonimo, ma ci rivolgiamo a Lui con la confidenza e la fiducia di figli. L’amore del Padre ci avvolge con la sua misericordia e ci dona le grazie che vanno al di la dei nostri desideri e dei nostri meriti.

Nella preghiera della Colletta ci rivolgiamo a Dio con queste parole: « O Dioche hai creato l’uomo e la donna perché i due siano una carne  sola, dona loro un cuore sempre fedele, perché nella santità  dell’amore nulla separi quello che tu stesso hai unito ».

Prima Lettura: Gn 2,18-24.

Dio, dopo aver creato l’uomo e vedendo che non era bene che l’uomo fosse solo, volle creare un aiuto che gli fosse simile, poiché nessuno degli esseri creati, animali selvatici, pesci,  gli era simile. A questi esseri l’uomo impose nomi, ma egli in essi non trovò un aiuto che gli corrispondesse. « Così il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “ Questa volta è osso delle mie ossa, carne della mia carne. La si chiamerà donna , perché dall’uomo è stata tolta”. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre  e si unirà alla sua donna e i due saranno un’unica carne ». Dio, nel suo disegno creativo, volle che l’uomo e la donna fossero a costituire, in una sola carne, la realtà familiare, realizzando una vita sponsale fondata su un vincolo profondo, con pari dignità e riconoscimento reciproco in un’unica carne. Sta allora in questa volontà divina la bellezza  e la grandezza del matrimonio: unione intima che Gesù riproporrà nel suo insegnamento, ribadendo che al principio non era come gli scribi e i farisei gli obiettavano per metterlo alla prova, citando Mosè, che aveva permesso al marito di poter  ripudiare la propria moglie.

Seconda Lettura: Eb 2,9-11.

L’autore della Lettera agli Ebrei ci presenta Gesù che, fatto poco meno degli angeli, per la morte che ha sofferto, a vantaggio di tutti,  è coronato di gloria. Così Dio, « per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose », ha reso perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza: infatti Colui che santifica e quelli che sono santificati provengono tutti da una stessa origine, rendendoli così fratelli. Per la croce e la sofferenza, sofferta a vantaggio di tutti,  Gesù è giunto alla gloria, ponendo una profonda solidarietà e condivisione tra lui e noi. Con noi e per noi Gesù è divenuto solidale e, poiché abbiamo una stessa origine, non si vergogna di chiamarci fratelli, non gli siamo più estranei e veniamo fatti eredi e partecipi della sua stessa eredità. Egli intercede per noi presso il Padre, per cui possiamo accostarci con « Piena fiducia al trono della grazia per ricevere  misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno »( Eb 4,16). Questo rapporto con Cristo è un’amicizia che va sempre rinnovata.

Vangelo: Mc 10,2-16.

Gesù, ribadendo che  Dio, all’inizio,  ha creato  l’uomo, maschio e femmina li ha creati, e « Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre  e si unirà alla sua moglie  e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto », ai discepoli che, a casa, di nuovo lo interrogano, dice: « Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio ». Così Gesù, oltre che richiamare il valore del Matrimonio come Dio lo ha predisposto, con la prerogativa della sua indissolubilità, in esso inscritta,  rispetto al permesso di Mosè, che solo l’uomo può ripudiare la propria moglie, come gli obiettano i farisei,  specifica che anche la moglie, qualora ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio contro di lui. Il divorzio, allora, come tolleranza,  indica una china di decadenza del matrimonio, e  per il discepolo di Gesù è una via che non dovrebbe percorrersi. Se ci si mette in ascolto della parola di Cristo, il divorzio appare, di conseguenza, in contrasto con il disegno posto da Dio per il matrimonio.  E il discepolo di Cristo, che accoglie con la disponibilità di un bambino, con fiducia e senza riserve, il Regno di Dio, dovrà, certo, porre con atto libero e responsabile, con tutte le conseguenze che derivano, umanamente, socialmente, civilmente e religiosamente, la scelta d’amore matrimoniale e perseverare in un cammino di fedeltà, impegno, sacrificio, mutua donazione e di indissolubilità, così da imitare l’amore sponsale di Cristo per la Chiesa, che è precipua caratteristica della scelta di realizzare e vivere il Sacramento del Matrimonio.