6 DICEMBRE – IIa DOMENICA  DI  AVVENTO.(Anno C)

Dopo il peccato originale, da cui ne è derivato l’allontanamento da Dio dell'umanità, questa non è stata abbandonata a se stessa, nella sua miseria. Dio, nel suo grande amore e nella sua infinita misericordia, ha voluto ristabilire la comunione degli uomini con Sé attraverso il suo Figlio di cui, nel Natale, ricordiamo la sua nascita, storicamente avvenuta duemila anni fa, ma che spiritualmente noi, nella fede, riviviamo attraverso varie modalità, tra cui, soprattutto, l’Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa. In questo tempo di Avvento, attraverso la purificazione del cuore,  prepariamo al Cristo, che attendiamo, lui « Sapienza che viene dall’alto », il nostro cuore.

Nell’ascolto delle profezie,  delle esortazioni del Precursore Giovanni, ci disponiamo a  crescere nei sentimenti e nella disposizione interiore del cuore, per far trovare al Signore una degna dimora. Se lasciamo spazio solo alle dissipazioni e alle preoccupazioni esteriori, ingombrando la nostra vita « di beni  terreni, solo di divertimenti e svaghi, più o meno leciti, di lauti pranzi, di hobby più o meno inutili ( che non dobbiamo, certo, demonizzare del tutto!)», senza l’apertura del cuore alla pace con Dio, senza l’espressione della solidarietà con i fratelli più bisognosi, tradiremmo, ancora una volta, lo spirito della nascita del Signore tra noi. Il Signore che nasce è l’Emanuele, il Dio con noi, l’immenso bene che viene dall’alto, il Figlio che viene tra noi e ci è donato dal Padre celeste per riportarci alla comunione d’amore con Sé.

Nella preghiera della Colletta preghiamo dicendo: « O Dio grande nell’amore, che conduci gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, donaci di raddrizzare i sentieri  e di appianare la via per accogliere con  fede  la venuta del nostro Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio ».

Prima Lettura: Bar 5,1-9.

Il profeta Baruc esorta Gerusalemme a deporre le vesti del lutto e dell’afflizione, del dolore e della schiavitù perché è arrivato il tempo della liberazione e a rivestirsi dello splendore della gloria che le viene da Dio.. Ancora. Ad avvolgersi nel manto della giustizia di Dio e a cingersi il capo con il diadema di gloria dell’Eterno, che mostrerà al ogni creatura lo splendore di Gerusalemme, che sarà chiamata « Pace di giustizia » e « Gloria di pietà ».

Esorta Gerusalemme a  guardare verso oriente per vedere i suoi figli riuniti ed esultanti, dopo essersi allontanati da lei a piedi, incalzati dai nemici, poiché Dio li riconduce in trionfo come sopra un trono regale e toglie ogni ostacolo al cammino di Israele, spianando montagne e rupi, colmando valli, perché proceda sicuro sotto la gloria di Dio, il quale « ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui ».

Tutte queste realtà annunziate si avvereranno pienamente con « L’apparizione della bontà divina in  Gesù Cristo », l’Emanuele, il Dio con noi, che il Natale deve  ancora ricordarci, per operare con la mentalità e le esigenze del Signore.

Seconda Lettura: Fil i,4-6.8-11.

Paolo scrive ai Filippesi dicendo che prega con gioia Dio per la loro cooperazione alla diffusione del Vangelo, persuaso come è  che colui che ha iniziato in loro quest’opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Chiama inoltre Dio a testimone per l’amore che egli nutre per loro e lo prega perché la loro « carità cresca sempre più in conoscenza e pieno discernimento », perché possano distinguere ciò che è meglio ed « essere integri e irreprensibili  per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode  di Dio».

Come ai Tessalonicesi, Paolo ripete la stessa esortazione ad essere « integri e irreprensibili » ai Filippesi che collaborano alla diffusione della Parola del Vangelo, poiché non si può pensare solo alla propria salvezza ma anche quella di tutti. Con l’esempio, la parola, la testimonianza e l’impegno della carità nella comunità tutti sono chiamati ad essere partecipi della missione di salvezza della Chiesa. Così si sarà ricchi di « frutti di giustizia e santità » che il Signore vuole dai suoi discepoli, fino al giorno del suo giudizio.

Vangelo: Lc 3,1-6.

L’evangelista Luca situa  l’opera di Giovanni Battista nel deserto, dando precise referenze storiche attraverso il tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, del governatore Ponzio Pilato in Giudea, del tetrarca Erode in Galilea … sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa.

Giovanni nella regione del Giordano predica un battesimo di conversione per il perdono dei  peccati, realizzando così la profezia di Isaia: « Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sa sarà riempito, ogni monte  e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno dritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! ».

Entrambi gli annunzi di Baruc e Isaia delle meraviglie che Dio realizzerà per il suo popolo, per Luca sono rinnovati da Giovanni il Precursore, che prepara la strada per la venuta di Gesù, il Cristo, che deve essere accolto con un cuore convertito in un radicale cambiamento di vita. Esso consiste nell’abbassare l’orgoglio e la superbia, rettificare le proprie intenzioni anche le più nascoste, essere più sinceri e limpidi nel cuore e, ancora, colmare i vuoti e il distacco che ci fanno vivere nel disinteresse per i fratelli. Solo così è possibile vedere la gloria del Signore e la sua salvezza, in noi e nella nostra umanità, nel giorno del suo Natale che ci apprestiamo a celebrare.