13 FEBBRAIO – VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)

BEATITUDINI A "A PORTATA DI FEDE " NEI POVERI DI SPIRITO.

Nell’ assemblea liturgica, che celebra la Pasqua del Signore, lo Spirito Santo rende presente il Corpo e il Sangue di Cristo. Noi, attraverso l’amore che nutriamo per il Signore, mangiando il suo Corpo e il suo Sangue, entriamo in intimità di vita con Lui. Con Cristo, con cui formiamo un solo Corpo, il tempio dove Dio dimora se accogliamo la sua parola con cuore retto e sincero, ci vien data la grazia e la forza di vivere nella fedeltà alla sua volontà.

Un segno infallibile che amiamo Dio e che la sua presenza è efficace in noi è la carità, « pienezza della legge », per cui  l’accoglienza di Cristo nei fratelli che soffrono, che sono « poveri, oppressi » fa sì che diventiamo segno dell’umanità rinnovata.

I discepoli del Signore, illuminati dalla risurrezione del Signore, vivono il tempo della loro vita cercando di attuare i comportamenti che Gesù ci esorta a realizzare attraverso le beatitudini. Vivere il tempo presente con la potenza della fede e della speranza di raggiungere la beatitudine futura è per il cristiano il cammino di santità che Dio chiede ai suoi figli.

Nella preghiera iniziale di questa Eucaristica, ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Dio, Signore del mondo, che prometti il tuo regno ai poveri e agli oppressi e resisti ai potenti e ai superbi, concedi alla tua Chiesa di vivere secondo lo spirito delle beatitudini proclamate da Gesù Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».

Ger 17,5-8

Il profeta Geremia, nel brano che oggi leggiamo, ci dice che bisogna confidare in Dio e non nell’ uo- mo, di non entrare in situazioni di compromessi e umiliazioni, per avere vantaggi facili, incerti e precari.

In modo impietoso egli ci mette in guardia dicendo che è « maledetto l’uomo che confida nell’ uomo e che pone il suo sostegno nella carne , allontanando il suo cuore da Dio ». Un tale comportamento lo rende arido  come il tamarisco, con l’incapacità di vedere il bene, lo fa dimorare « in una terra di salsedine », chiuso a qualunque forma di relazione umana.

Proclama invece « Benedetto l’uomo che confida nel Signore e in lui pone la sua forza ». Lo paragona ad un albero, che piantato lungo un corso d’acqua, non teme quando viene il caldo, attinge con le sue radici l’alimento per avere sempre le foglie verdi e, pur nella siccità, produce i suoi frutti.

Camminare con il Signore rende l’uomo retto, lo rende veritiero, sereno d’animo nel suo agire, pur in mezzo alle disavventure e alle preoccupazioni,  e vive le relazioni con i fratelli e i propri simili portando abbondanti frutti di bene.

Anche il Salmo 1 ripercorre la stessa strada dell’uomo che è beato se non segue il consiglio dei malvagi e non resta nella via dei peccatori e meditando la legge del Signore trova in essa la sua gioia.

1 Cor 15,12.16-20

Paolo, scrivendo ai Corinzi, proclama che la risurrezione di Cristo dà valore e fondamento alla fede che egli annunzia in Cristo, morto e risorto per gli uomini. Se Cristo non è risorto l’uomo resta nel suoi peccati e anche i credenti, che sono morti in lui, restano nei propri peccati e sono perduti.

Se il discepolo di Cristo ha speranza in Lui solo per questa vita e non nella certezza di risorgere con Cristo,  è da commiserare più di chiunque altro uomo. La vittoria di Cristo sulla morte, egli che è primizia di coloro che risorgono,  ci dà la certezza che il nostro seguirlo nella vita terrena, in una esistenza rinnovata nel bene, liberi dal peccato grazie alla sua morte e risurrezione, ci fa conseguire la vita da risorti nella stessa gloria del Signore.

Lc 6,17.20-26.

Gesù, oggi, attraverso alcune  beatitudini che il Vangelo ci fa riascoltare, ci indica il cammino che devono seguire coloro che vogliono   seguirlo per ascendere al monte della santità e della vita beata di Dio. A differenza del brano di Matteo del capitolo 5, questo brano, più conciso, se proclama beati i poveri a cui appartiene il regno dei cieli,  coloro che hanno fame, perché saranno saziati, coloro che piangono, perché rideranno, coloro che sono odiati, messi al bando, insultati e disprezzati a causa del Figlio dell’uomo e li invita a rallegrarsi  ed esultare perché la loro ricompensa è grande nel cielo,  in contrasto annunzia guai  per coloro che sono ricchi perché, avendo avuto nella vita come fine la ricchezza, hanno già ricevuto la loro consolazione; guai a chi è ora sazio, perché, essendosi saziato di cose terrene, caduche e passeggere,  avrà fame; guai a coloro che ridono, perché, avendo gioito di momenti  fallaci e goderecci,  saranno nel dolore e piangeranno; guai a tutti coloro di cui gli uomini diranno bene, perché allo stesso modo hanno agito i loro padri con i falsi profeti.

Siamo posti, come discepoli di Cristo, di fronte ad un discorso paradossale: istintivamente ragioneremmo in maniera opposta; diremmo: « guai ai poveri, guai a quelli che piangono! ».  Ma Gesù assicura il contrario al nostro modo di pensare.

Le beatitudini infondono serenità e speranza, se, invece,  andiamo a cercare ricchezza e gioia in questo mondo, saremo contenti solo per questa vita ma non certo per l’altra e forse qualche preoccupazione l’abbiamo pure per questa.