20 MARZO – III DOMENICA  DI  QUARESIMA

CONVERTIRSI? È PORTARE FRUTTI GRADITI A DIO.

Dio, nella  sua misericordia, non ci abbandona quando ci allontaniamo da lui e con il suo perdono ci riaccoglie nel suo abbraccio paterno. Gesù, attraverso la parabola del fico, piantato nella vigna, che il padrone del campo vorrebbe sradicare perché non produce frutto ma che, accogliendo la richiesta del vignaiolo, permette di zappargli attorno e concimarlo perché porti frutto, altrimenti, l’ avrebbe tagliato, vuol farci comprendere che il Padre celeste, padrone della nostra vita, è disposto a pazientare verso il peccatore, aspettando che ritorni al suo amore e porti frutti di bene. Gesù è il vignaiolo che Dio ha mandato nel mondo  perché coltivi questa umanità che si è allontanata da lui e con la sua intercessione chiede di pazientare. Egli, come dice alla Samaritana, ci dona l’acqua del suo Spirito, che ci rigenera e ci purifica. Alla nostra umanità riarsa egli  dà « l’acqua viva della grazia », per mezzo della quale noi diventiamo « tempio vivo dell’amore di Dio ».

In questo tempo di quaresima il cammino di ritorno a Dio, la nostra ripresa interiore della santità, la vittoria sulle tentazioni e il peccato, passano attraverso la preghiera, la penitenza, il digiuno e le opere di carità fraterna. Tutto questo che la liturgia ci ricorda deve tradursi nell’esperienza concreta della vita, per cui vincendo il nostro egoismo la « durezza del nostro cuore » viene infranta.

Nella Colletta di questa Domenica preghiamo dicendo:« O Dio dei nostri padri, che ascolti il grido degli oppressi, concedi ai tuoi fedeli di riconoscere nelle vicende della storia il tuo invito alla conversione, per aderire sempre più saldamente a Cristo, roccia della nostra salvezza ».

Prima Lettura: Es 3,1-8.13-15.

A Mosè, nel deserto, mentre con il gregge del suocero Ietro era vicino al monte di Dio, l’Oreb,  apparve l’angelo del Signore in una fiamma di fuoco in mezzo ad un roveto. Vedendo che esso  non bruciava, si avvicinò, per osservare il « grande spettacolo: perché il roveto non brucia?».

Ma il Signore Dio, dal roveto, gli gridò:« Mosè, Mosè! ».  Rispose: « Eccomi!». Riprese: « Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio si Abramo, di Isacco e di Giacobbe ». Mosè allora si coprì il volto per paura di guardare Dio.

Il Signore riprese a parlare dicendogli che è sceso per liberare il suo popolo dal potere dell’Egitto e portarlo  verso una terra « bella e spaziosa, dove scorrono latte e miele », avendo osservato la miseria del suo popolo  e udito il suo grido a causa delle sofferenze per la dura schiavitù. Mosè allora chiese a Dio: « Se, andando dal popolo in Egitto e dicendo che il Dio dei loro padri lo ha mandato a loro, essi gli  chiederanno: “ Qual è il suo nome?”, cosa egli avrebbe dovuto rispondere ?».Dio allora disse a Mosè di rispondere loro: « Io sono colui che sono!». E aggiunse: « Così dirai agli Israeliti: “ Io Sono mi ha mandato a voi”». Continuando a parlare Dio disse:« Dirai agli Israeliti: “ Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione ». Il Dio che appare a Mosè non è un idolo, ma il Signore della storia,  il Dio che ha promesso  ai Padri e a cui si accede con rispetto e con non facile confidenza. E’ un Dio vicino all’uomo e che ode la miseria del suo popolo che grida, tanto da scendere e decidere di liberarlo dalla dura schiavitù, perché egli è l’« Io sono colui che sono! », che nessun uomo può  comprendere né dominare. Egli è il redentore, la guida, la sua sicurezza. Anche Gesù, dirà agli giudei nel Getsemani “ Io Sono”, ed essi stramazzeranno a terra, ci riferisce l’evangelista Giovanni.

Seconda Lettura: 1 Cor 10,1-6.10-12.

San Paolo ai Corinzi scrive che tutto quello che vissero i padri  nel deserto, cioè, essere sotto la nube che li accompagnava, aver attraversato il mare, essere battezzati in Mosè, aver mangiato lo stesso cibo spirituale, bevuto la stessa bevanda spirituale: tutto scaturiva da una roccia spirituale che è il Cristo. Ma poiché la maggior parte di loro non è stata gradita a Dio e venne sterminata avendo desiderato cose cattive, così dice Paolo, essi sono un esempio per noi tutti, affinché non desideriamo anche noi cose cattive, e non mormoriamo come essi mormorarono, cadendo vittime dello sterminatore. Tutte queste cose sono accadute loro come esempio e sono state scritte per nostro ammonimento, affinché restiamo saldi nel Signore e ci guardiamo dal cadere vittime del tentatore. Come a  motivo della diffidenza  e della mormorazione che i padri vissero nel deserto, non avendo riconosciuto ciò che Dio aveva compiuto in loro favore, fu causa del loro non essere graditi a Lui, così la comunità di Corinto, per la ribellione e la mormorazione, la confidenza e la pretesa dei propri meriti, è esposta alla infedeltà al dono del Vangelo e della grazia di Cristo, per cui senza una sincera conversione, come esorta Gesù nel Vangelo di oggi, nessun atto sacro e sacramentale può produrre in noi la salvezza che egli è venuto ad operare.

Vangelo: Lc 13,1-9.

Nel Vangelo, in riferimento al fatto che alcuni Galilei furono da Pilato uccisi

durante un rito sacrificale, perché si erano macchiati di qualche crimine, per cui il governatore comminò la morte, Gesù dice a coloro che lo stanno ascoltando che se non ci si converte al messaggio che egli annunzia, si perirebbe allo stesso modo di quelli. Così’, aggiunge ancora Gesù , come le vittime del crollo della torre di Silo sono state uccise per un fatto calamito-so senza loro colpa, anche tutti gli abitanti di Gerusalemme non sono meno colpevoli degli uni e degli altri. « No, io vi dico, ma se non vi convertite, perire-te tutti allo stesso modo » egli aggiunge. Volendo spiegare il significato allora delle sue parole, attraverso la parabola  dell’albero di fico piantato nella vigna e che non dà frutti, vuol dire a tutti che se non ci si converte a Dio, non si accoglie il suo Vangelo salvifico, se non si portano frutti di opere buone, opere di giustizia, per cui si è graditi al Signore,  non si può partecipare della sua salvezza. Tutti abbiamo bisogno di vera conversione a Dio. Non c’è da illudersi e la rovina a cui potremmo andare incontro ci colpirebbe non solo negli aspetti materiali, ma anche nella sfera spirituale: rovina definitiva e totale, il fallimento dell’intera nostra vita; essere irrevocabilmente allontanati dalla comunione con Dio. Sarebbe la conseguenza della nostra sterilità spirituale, della improduttività della nostra esistenza, sia nel versante di Dio, a cui non abbiamo creduto con la nostra adesione a Lui, sia nel versante degli uomini, verso i quali non abbiamo posto gesti di carità, di giustizia, di fraternità, non avendo portato frutti di bene né realizzato il disegno divino della volontà del Signore come ci indica Gesù. Oggi la liturgia della Parola del Vangelo ci dice che Egli è paziente, e che il Signore non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, secondo l’esortazione e l’ammonimento rivolto all’uomo per mezzo del profeta Ezechiele.

NOTA BENE : DOMENICA PROSSIMA, 27 MARZO CAMBIA L’ORARIO.        Le Sante messe saranno celebrate, le Domeniche e Feste Solenni

alle ore:8.15 – 1030 – 19.00

Da Lunedì  a Sabato  alle ore  19.00.

GIORNO  24  MARZO, GIORNATA DEI MARTIRI MISSIONARI, SI PROPONE UN GIORNO DI DIGIUNO E DI PREGHIERA PER I TESTIMONI DEL SIGNORE NEL MONDO MISSIONARIO.