15 MAGGIO -  V DOMENICA DI  PASQUA

La Chiesa, oggi, nella liturgia, inizia la sua lode a Dio, invitando i fedeli a cantare con gioia un canto nuovo, perché il Signore ha compiuto prodigi. Poiché siamo stati liberati dal potere di Satana e dal peccato, nel suo Figlio, morto e risorto per noi, il Padre ci ha riconciliati con sé, dandoci l’adozione a figli e rendendoci eredi della vita eterna.

Siamo divenuti nuovi, «primizia di una nuova umanità », che in Cristo  si edifica come nazione santa, sacerdozio regale, tempio santo della gloria di Dio. Questa realtà la si avverte attraverso la fede, che deve maturare nella testimonianza delle opere: queste sono espressione dell’amore riversato nei nostri cuori dallo Spirito del risorto.

Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia di questa domenica diciamo: «O Padre, che tutto rinnovi nel tuo Figlio glorificato, fa’ che mettiamo in pratica il suo comandamento nuovo e così, amandoci gli uni gli altri, ci manifestiamo al mondo come suoi veri discepoli ».

Prima Lettura: At 14,21-27.

Paolo e Barnaba, nel loro cammino di annuncio del messaggio evangelico, ritornando a Listra, Iconio e Antiochia, andavano esortando i discepoli a restare saldi nella fede, perché dicevano che, per entrare nel regno di Dio, , bisogna sopportare molte tribolazioni. Designavano, nelle varie comunità costituite, degli anziani che affidavano al Signore dopo aver pregato e digiunato. Passando per la Pisidia, la Panfilia, Perge, giunsero ad Attàlia e da qui salparono per Antiochia, dove erano stati affidati al Signore per la missione che avevano compiuta.  Riunita la Chiesa, riferirono quello che Dio aveva fatto per mezzo di loro, avendo molti pagani accolto la fede nel Signore. La fede, specie attraverso le tribolazioni, viene messa a dura prova, ma le sofferenze sopportate per il Signore sono necessarie per entrare nel Regno di Dio.

Gli anziani, a cui venivano affidate le Comunità, sulla quali presiedevano, non sostituivano il Signore Gesù, ma lo rendevano visibile attraverso la loro opera. La Chiesa è viva e presente per opera della grazia del Signore, che genera in essa la santità, in modo invisibile, nell’intimo dei cuori.

Seconda Lettura: Ap 21,1-5.

L’apostolo Giovanni, continuando la descrizione degli avvenimenti contemplati, vede un cielo nuovo e una terra nuova, rispetto a quelli di prima, che erano scomparsi. Egli, vedendo la città santa, la Gerusalemme celeste, adorna come una sposa per il suo sposo, scendere dal cielo, da Dio ode una voce potente che dice: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». Colui che siede sul trono  dice : «Ecco, io faccio nuove tutte le cose ». Poiché non siamo destinati a restare per sempre su questa terra, Dio farà nuove tutte le cose: cieli nuovi, terra nuova, città nuova, Gerusalemme nuova, e Dio sarà in intima comunione con l’umanità redenta dall’Agnello e glorificata insieme a lui. In questa nuova realtà saranno eliminate ogni sorta di sofferenze, inclusa la morte, che è stata vinta dall’Agnello. Tutto questo è sogno o realtà? Attraverso la descrizione di una nuova terra, nuovo cielo, delle cose nuove che soppiantano quelle che passano, la fede ci dice che, per opera del Creatore, vivremo una nuova condizione dopo le vicende terrene: nel cielo, quindi, si realizza la pienezza della redenzione. Dio trasformerà questa creazione, dice san Paolo, che attende, come una donna nelle doglie del parto, la nascita di una nuova creatura, alla maniera di Cristo risorto, primizia di risurrezione, di gloria e di vita eterna..

Vangelo: Gv 13, 31-33.33-35.

Nel brano del Vangelo di oggi, l’apostolo Giovanni ci riferisce le parole che Gesù disse dopo che Giuda abbandonò il Cenacolo:« Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui ». Attraverso l’obbedienza alla volontà del Padre, il Figlio Gesù glorifica il Padre che, da parte sua, glorificherà il Figlio subito, attraverso la risurrezione. Per questo Gesù dice ai discepoli: «Ancora per poco sono con voi». Affida allora loro il nuovo comandamento: « Che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Da questo amarsi dei discepoli, così come lui li ha amati, tutti sapranno che essi sono suoi discepoli, perché avranno amore gli uni per gli altri. Come per Gesù, anche per il cristiano, la croce non è il fallimento o l’ignominia: per il Signore e secondo il disegno di Dio, essa è la glorificazione. Essa è strumento di redenzione universale, strumento di passaggio verso la risurrezione. L’amore vicendevole, come espressione del comandamento nuovo, che Gesù raccomanda ai suoi discepoli, è segno di appartenenza a lui, distintivo che contraddistingue i suoi discepoli. Se Gesù ci ha amato dando se stesso e vogliamo essere dei suoi discepoli, dobbiamo imitarlo dando la vita per lui e per il prossimo. Ciò è possibile se viviamo in comunione e condividendo l’ amore di Gesù che è presente nell’Eucaristia.