5 GIUGNO – DOMENICA   DI  PENTECOSTE.

Lo Spirito vi renderà miei testimoni.

Questa solennità porta a compimento il mistero pasquale.  Per i credenti e per coloro che lo accolgono si realizza ciò che Gesù nell’ultima Cena promise che, cioè, salito al Padre, ci avrebbe inviato il Consolatore, lo Spirito di Verità, per cui non ci avrebbe lasciato orfani. Lo Spirito Santo, in questa liturgia, ci invita a vedere le meraviglie compiute da Dio nel mondo, ci esorta a essere fedeli alla missione che affida alla Chiesa, ci illumina e ci dà la forza di corrispondere al suo amore, cosicché possiamo compiere il cammino di fede con maggiore pienezza. In questo giorno lo Spirito Santo attualizza, in ogni tempo e latitudine, la Pentecoste: è   il tempo della storia in cui lo Spirito rinnova la Chiesa, l’umanità, perché chi accoglie lo Spirito riceve i suoi benefici effetti nella sua vita.

Così la Chiesa, corpo di Cristo, sostenuta e fatta crescere dallo Spirito, inviato da Gesù risorto nel giorno di Pentecoste, è la comunità della nuova alleanza, che   aggrega nell’unità di un solo linguaggio tutti i popoli per i quali si attua il mistero pasquale. Nel prefazio la Chiesa proclama: «Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo». Poiché in ogni sacramento agisce lo Spirito Santo, che opera con i suoi molteplici effetti, quando riceviamo un sacramento in noi inabita lo Spirito del Padre e del Figlio, come alito di vita, dando suggerimento, impulso ed efficacia alle nostre azioni.

Accesi dal fuoco di questo Spirito, si alimenta ad ogni comunione col Corpo e Sangue del Signore la vita divina, e cresce la «carità ardente» di cui parla l’orazione sulle offerte della Messa vespertina: «Scenda, o Padre, il tuo Santo Spirito sui doni che ti offriamo e susciti nella tua Chiesa la carità ardente, che rivela a tutti gli uomini il mistero della salvezza». Si rinnova così il prodigio dell’unità che raccoglie gli uomini dispersi in molti linguaggi in un unico linguaggio di fede e che trasforma, qualitativamente, le nostre azioni, facendoci agire secondo lo Spirito di Cristo e in conformità alla volontà di Dio.

La vita «spirituale» del credente è quella che ha come maestro e come suggeritore lo Spirito Santo, che ridesterà i nostri corpi per la risurrezione.   Il lasciarsi condurre da lui non è un fatto eccezionale, se molti, nella loro semplicità esistenziale, hanno raggiunto alte vette di santità, pur immersi nella quotidianità della loro vita.

La colletta della Messa che recita::«O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra  i doni dello Spirito Santo, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo», ci dà il significato della Pentecoste che celebriamo. Lo Spirito Santo anima la comunità cristiana, porta e rende efficace il Vangelo di Gesù Cristo e ci introduce nella conoscenza del mistero. Lo Spirito, con i doni che elargisce, ci fa crescere nelle opere di giustizia, ispirate da lui e da noi, rinnovati e resi giusti nel cuore, compiute per la sua energia. La solennità di oggi conclude il lungo e meraviglioso tempo pasquale  in cui abbiamo  meditato  e approfondito il mistero della morte e risurrezione del Signore, che ci offre la prospettiva con cui siamo chiamati a vivere ogni giorno.   L’impronta della morte e risurrezione del Signore, nella vita nuova  sorta dallo Spirito,  ci conduce, ci fa operare  e ci prepara ad essere  conformi con il Signore risorto, ora nel tempo e domani nell’eternità.

Prima Lettura: At 2,1-11.

Al cinquantesimo giorno dall’evento della risurrezione del Signore, nella festa di Pentecoste, sugli Apostoli  e coloro che erano in attesa della promessa di Gesù, lo Spirito discende, « dal cielo con improvviso fragore,  quasi come vento che si abbatte impetuoso, riempiendo tutta la casa », in forma di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro. Furono colmati  di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue. Comincia così l’evangelizzazione, l’annunzio delle opere che Dio compie nell’evento della morte e risurrezione di Gesù. Tutti coloro che erano a Gerusalemme in quei giorni, pur parlando molteplici lingue, sentono ognuno il gioioso annunzio nella propria lingua. La confusione delle lingue, iniziata con la torre di Babele, è vinta dalla proclamazione del Vangelo: nell’unica fede in Gesù salvatore, morto e risorto, si ricompone l’unità dei figli di Dio, dispersi e divisi dal peccato. La fede raccoglie nell’unità popoli, lingue e tradizioni diverse. « La confusione che la superbia aveva portato tra gli uomini, - recita il Prefazio – è ricomposta in unità dallo Spirito Santo ». Invocando e ricevendo oggi lo Spirito dobbiamo essere portatori di unità e non essere frantumati dalle discordie. Uscendo da noi stessi, dal nostro egoismo e superbia creiamo la comunione e la fraternità.

Seconda Lettura:  Rm 8,8-17.

San Paolo scrivendo ai cristiani di  Roma dice che, non essendo più sotto il dominio della carne ma dello Spirito di Dio che abita in loro e appartenendo a Cristo per il suo Spirito presente in loro, essi devono piacere a Dio. « Se Cristo è in voi, » scrive « il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia ». E poiché lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita nei credenti in lui, lo stesso Spirito darà la vita anche ai loro corpi mortali. I cristiani che non sono più debitori verso la carne se vivono secondo i desideri carnali morranno. Se invece, per opera dello Spirito, fanno morire le opere della carne vivranno. Poiché coloro che si fanno guidare dallo Spirito di Dio sono suoi figli adottivi, essi non avendo più uno spirito da schiavi, possono invocare Dio gridando: « Abbà! Padre!». Poiché lo Spirito stesso atte-sta ai credenti in Cristo che sono figli di Dio,  se essi sono  figli sono  eredi del Padre e coeredi di Cristo. Se si è  figli bisogna, davvero, prendere  parte alle sofferenze di Cristo per partecipare anche alla sua gloria.

Coloro che accolgono Cristo e credono nel suo nome, dallo Spirito del Padre e del Figlio che  ricevono nel battesimo e che li rende figli, “ non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati “(Gv 13) hanno la garanzia e il principio della risurrezione. In loro la morte è vinta.

Ma la vita eterna  nella risurrezione si consegue se si vive secondo lo Spirito, non secondo i desideri della carne e del mondo, cioè con le implicazioni e le connivenze con ogni forma di male e di peccato, con comportamenti che non sono ispirati all’esempio di Cristo. Se siamo figli, siamo coeredi di Dio e ci attende la gloria. Tutto quello, allora, che è di quaggiù, che passa ed è transitorio, bisogna viverlo  nella sua relatività con l’eternità: possedere come se non si possedesse, sposarsi ma senza usarne appieno. Anche le nostre sofferenze sono illuminate, perché esse partecipano alle sofferenze di Cristo, in quanto sono sofferte dalle membra del suo corpo mistico. E “se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze, parteciperemo anche alla sua gloria” (Rm .8,17).

Vangelo: Gv 14,15-16.23.26.

Gesù dice ai suoi discepoli che se lo amano devono osservare i suoi comandamenti e  anche il Padre li amerà e insieme tutta la Trinità prenderà dimora in ognuno di loro.

Il Signore, inoltre, assicura ai suoi discepoli che lo Spirito Santo che il Padre manderà nel suo nome insegnerà loro ogni cosa e ricorderà tutto ciò che egli ha insegnato. L’osservanza della parola di Gesù è certamente il rito Santo che il Padre manderà nel suo nome e insegnerà loro ogni cosa e ricorderà ogni segno dell’amore che il discepolo può mostrare al Maestro. La pratica degli insegnamenti  di Gesù ci ottiene lo Spirito Paràclito che fa abitare in noi tutta la Trinità

Lo Spirito ancora renderà i discepoli testimoni degli eventi salvifici operati da Gesù fino agli estremi confini della terra, li sosterrà davanti alle persecuzioni,  li rinfrancherà nelle difficoltà, li illuminerà nel comprendere ciò che dovranno trasmettere agli uomini per suscitare la fede nel Signore, renderlo vivo e far conservare nei loro cuori il Vangelo.