20  NOVEMBRE – SOLENNITÀ DI CRISTO RE DELL'UNIVERSO

« SIAMO CHIAMATI A PARTECIPARE ALLA SORTE DEI SANTI NELLA  LUCE »

In questa ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo, la cui regalità si costruisce giorno per giorno con la grazia e l’impegno di testimoniarlo con la fede e la carità operosa verso Dio e i fratelli. La regalità del Signore Gesù non si fonda come le potenze di questo mondo con la violenza o le armi, ma con il suo sacrificio sulla croce, perché egli  «Sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della croce è diventato Signore » e con la sua resurrezione ha realizzato il progetto salvifico del Padre a favore dell’umanità intera.

Questo regno, fondato sulla riconciliazione dell’umanità operata da Cristo con il Padre, nelle vicende tristi e dolorose, che la storia spesso ci fa sperimentare e agli occhi di tanti, sembra che neppure  sia presente nel mondo. In realtà è presente e vi fanno parte quelli che si uniscono alla passione di Cristo e, vivendo nella giustizia e nella carità,  sono disposti a donare la propria vita come il Cristo e a porsi al servizio dell’uomo nelle sua necessità spirituali e materiali, secondo il suo stile  ed esempio.

Nella Colletta di questa solennità preghiamo dicendo: « O Dio Padre, che ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell’amore, liberaci dal potere delle tenebre perché seguendo  le orme del tuo Figlio, possiamo  condividere la sua  gloria nel paradiso ».

2 Sam 5,1-3.

Il brano di Samuele ci ricorda quello che fecero le tribù d’Israele alla morte di Saul, loro primo re. Si recarono in Ebron, dove regnava Davide e, riconoscendosi « ossa delle sue ossa e carne della sua carne », e, inoltre, che  aveva guidato Israele durante il regno di Saul e ciò che gli aveva detto il Signore: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israeleconclusero con lui un’alleanza davanti al Signore  e lo unsero re di Israele. La regalità di Davide, pur essendo voluta da Dio, non sarà priva di infedeltà e di numerose ambiguità. Ma un suo discendente, Gesù, il Messia, sarà un re fedele e un pastore perfetto, che guiderà il nuovo Israele e realizzerà, dopo Davide, « suo padre», una regalità secondo il volere di Dio e che non avrà fine.

Col 1,12-20.

Paolo, dopo aver esortato i Colossési a ringraziare Dio che li ha resi partecipi della sorte dei santi nella luce, ricorda come Dio, li  ha liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del suo Figlio, per mezzo del quale gli uomini hanno la redenzione e il perdono dei peccati. Ricorda inoltre che Gesù è immagine del Dio invisibile, il primogenito della creazione, perché tutte le cose, celesti e terrestri, visibili e invisibili: « Troni, Dominazioni, Principati e Potenze sono state create  per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono ». Ancora. Ricordando che Gesù è capo della Chiesa, suo corpo, che « è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti» perché è lui che ha il primato di tutte le cose, dice che « è piaciuto a Dio che abiti in Lui  tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose » avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose della terra sia quelle dei cieli.

Paolo professa che Dio, per mezzo e in vista del  Figlio, generato non creato e che si è fatto carne, ha creato  tutti gli esseri e lo ha posto come modello e  primogenito di coloro che risorgono dai morti. Ha dato al Figlio la signoria su tutto il creato  avendolo   riconciliato con il  sangue della sua croce: così tutto, uomini e cose, converge nel Cristo e tutto è riconciliato con il Padre.  Pur non comprendendo pienamente questo mistero di redenzione e riconciliazione, tutte le cose sono state liberate dal male ed entrano a far parte del regno di Dio, non per un diritto o potere che esse hanno, ma perché riscattate nella morte di Cristo.

Vangelo: Lc 23,35-43.

La scena della crocifissione del Cristo, descritta da Luca, ci rappresenta una varietà di personaggi che sono in rapporto con Signore crocifisso. Il popolo, che in diverse occasioni era stato spettatore entusiasta delle opere benefiche e dei discorsi di Gesù, e che, davanti alla richiesta di Ponzio Pilato, se liberarlo o meno, aveva gridato: « Crocifiggilo! Crocifiggilo! », dice l’Evangelista: « Sta a guardare ». I capi del popolo, che erano stati capaci di farlo condannare, lo deridono dicendo: « Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto ». Pure i soldati  lo deridono e, accostandogli la canna inzuppata d’aceto,  affermano, anche se inconsapevolmente: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso«. Ancora. La scritta  sulla croce dice: «Costui è il re dei Giudei ». E dei  due malfattori, crocifissi con lui, uno lo insulta dicendogli: « Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi! »; l’altro, invece, rimproverandolo perché, condannato alla stessa pena, non ha nessun timore di Dio e ritenendo Gesù innocente per non aver fatto nulla di male, dice a Gesù: « Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». E Gesù gli risponde:« In verità io ti dico: oggi  sarai con me in paradiso ». Sulla croce la regalità di Cristo sembra quella di un uomo sconfitto, senza potere né gloria. Non un vincitore ma un vinto, oggetto di scherno, di uno che ha la pretesa di essere re, ma che viene considerato re per burla. Solo il buon ladrone, condannato come Gesù, sa scoprire in lui la regalità di in re innocente, di uno che non ha fatto nulla di male e a cui si affida e raccomanda, perché lo riceva nel suo regno. A questa confidenza Gesù risponde assicurandogli che, in quel giorno stesso della loro morte, lo accoglierà nel suo regno, nel paradiso. Anche  noi peccatori, se  riconosciamo in « Colui che hanno trafitto » e che attira a sé, il Cristo, il Salvatore e il Re dell’universo e ci affidiamo a lui con assoluta fiducia, potremo sperare di essere un giorno nel suo regno. Anche le colpe, le più gravi, non devono far disperare nessun uomo, perché siamo stati acquistati dal  suo amore a  prezzo del suo sangue, sparso per la nostra salvezza: dobbiamo solo avere una fede forte e assoluta.