4 DICEMBRE  - 2a   DOMENCA DI AVVENTO. Anno A

Il Natale, che ci apprestiamo a celebrare, è l’attuazione della promessa antica fatta da Dio, dopo il peccato originale, all’uomo: la promessa di un liberatore, nato dalla stirpe della donna che avrebbe vinto il tentatore e ridato in dono  la vita divina. Non dobbiamo, allora, ridurre la preparazione che facciamo in questo avvento o la celebrazione del Natale a semplice ricordo, impegnati ad attività solo esteriori, a volte frenetiche, distrattive o peggio mondane e senza una attenta riflessione sul significato che esso ha, per  purificare il cuore e  accogliere la  « sapienza che viene dal cielo », e così immergerci  nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio che si fa uomo. Ricercare i beni celesti, divini, doni che vengono dall’alto: come pace, accogliendo il Principe della Pace, l’Emanuele, il Dio con noi, il divino che viene a noi per elevarci alla  dignità della figliolanza divina, il Giusto che farà germogliare la giustizia di Dio sulla terra.

Nella Colletta preghiamo il Padre celeste dicendo: « O Padre, che hai fatto germogliare  sulla terra il Salvatore e su di lui hai posto il tuo Spirito, suscita in noi gli stessi sentimenti di Cristo, perché portiamo frutti di giustizia e di pace ».

Prima Lettura: Is 11,1-10.

Isaia, nel brano che la liturgia oggi ci fa ascoltare, ci preannunzia gli effetti benefici che avrà la terra e gli uomini, con l’avvento di un « virgulto che germoglierà dal tronco di Iesse», su cui si poserà lo Spirito del Signore. Egli si compiacerà del timore del Signore, « non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire: ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della bocca, con il soffio del sue labbra ucciderà l’empio »; la giustizia e la fedeltà saranno attorno ai suoi lombi. Gli uomini, simboleggiati negli animali descritti dal profeta, vivranno in fraternità: il lupo con l’agnello, il leopardo e il capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme, come anche la mucca e l’orsa; il leone ci ciberà di paglia come il bue, il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide. Poiché la conoscenza del Signore riempirà la terra non si agirà più iniquamente né si saccheggerà sul santo monte del Signore. Allora la radice di Iesse si eleverà a vessillo e le nazioni la ricercheranno.

Il Messia che viene preannunziato, ripieno dei doni dello Spirito, porterà la pace e darà anche ai credenti lo stesso Spirito attraverso i sacramenti, perché li riempia dell’amore che elimina dai rapporti umani ogni astio, risentimento e li rende capaci di perdonare.

Seconda Lettura: Rm 15,4-9

Esorta san Paolo i Romani a tenere viva la speranza mediante le virtù della perseveranza e della consolazione, come insegnano le Scritture, affinché il Dio della consolazione e della perseveranza conceda loro di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti di Gesù Cristo, per rendere lode a Dio, padre di Gesù, con « un solo animo e una sola voce rendere gloria a Dio». Conceda, inoltre, che siano accoglienti gli uni verso gli altri  come Dio accoglie loro, perché mentre Cristo, divenendo servitore dei circoncisi, ha mostrato la fedeltà di Dio nel compiere le promesse fatte ai padri, così le genti tutte glorifichino Dio per la sua misericordia usata loro, come sta scritto: « Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome ». Così anche noi, uniti nel glorificare Dio con gli stessi sentimenti di Gesù che è venuto nel mondo spinto dall’amore per accoglierci come fratelli, ci porremo al servizio gli uni gli altri.

Vangelo: Mt 3,1-12.

Oggi il Vangelo ci fa giungere la voce di Giovanni il Battista che predicava nel deserto  della Giudea chiedendo a chi accorreva di convertirsi perché il regno  dei cieli era vicino. Egli era colui che Isaia aveva profetizzato: « Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». Da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona del Giordano, tutti accorrevano a lui, che nel deserto viveva vestito di peli cammello con una cintura di pelle ai fianchi e mangiava cavallette e miele, per farsi battezzare confessando i peccati. Rivolgendosi a farisei e sadducei che, apostrofandoli come “razza di vipere”, credevano di poter sfuggire all’ira imminente di Dio, li invitava a dare frutti di conversione, perché un albero che non porta buoni frutti viene tagliato e bruciato e  a non credere di potersi salvare dicendo di avere Abramo per padre, perché Dio avrebbe potuto far sorgere figli ad Abramo anche dalle pietre.   Diceva ancora che, se  egli battezzava con acqua,  veniva uno dopo di lui,  più forte, a cui non era degno neppure di portagli in sandali e li avrebbe battezzati in Spirito Santo e fuoco. E come il contadino, che  nell’aia pulisce il frumento per conservarlo nel granaio e brucia la paglia con il fuoco, così avrebbe fatto lui  con coloro che non accettano di convertirsi. Fare penitenza, come anche a noi dice Giovanni il Battista, in questo tempo di avvento, significa preparare il nostro cuore ad accogliere colui che è venuto, come “ Agnello di Dio ”, a togliere i peccati degli uomini e a rinnovare la vita di questa umanità. Questo avviene attraverso un lavacro nuovo, il battesimo che, per l’opera dello Spirito Santo, ci lava dalle colpe e  ci rigenera nella grazia e nell’amore di Dio. Davanti al giudizio di Dio non possiamo, certo, misconoscere le nostre colpe. né possiamo sottrarci alla condanna, qualora rifiutassimo di convertirci. Viviamo allora questo nuovo Natale del Signore, rinnovando la nostra vita, i nostri sentimenti e conformandoli a quelli di Cristo Gesù, che vuole nascere nel nostro cuore.