19 MARZO – IV DOMENICA   DI   QUARESIMA

Cristo, Luce del mondo.

Dio Padre in Gesù tende la mano all’uomo, che così è messo nella possibilità di afferrarla. Sta alla nostra libertà volerlo. Come il cieco nato guarito da Gesù anche noi siamo raggiunti dalla grazia di  Dio, ma siamo disponibili a farci illuminare da lui, per crescere in una fede matura?

San Paolo scrive agli Efesini e, illustrando loro la nuova identità  derivata dal battesimo, poiché  dalle tenebre di prima sono diventati luce nel Signore, li esorta a camminare nella luce di Cristo, che guarisce e giudica. Infatti « tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce »(Ef 5,13).

La guarigione del cieco nato, la cui cecità non deriva da nessun peccato, né personale né dei suoi genitori, è il simbolo di una condizione di cecità spirituale  di tutta l’umanità: è la situazione del peccatore. Gesù passa, vede il cieco e di sua iniziativa gli fa la grazia della vista.  Così compiendo il gesto del fango spalmato  sugli occhi, che rimanda all’evento della creazione, gli ripristina l’opera divina della creazione  e, attraverso la terra, la saliva del Figlio di Dio e l’acqua, ricrea il cieco ridandogli la vista. sia nel corpo che dello spirito attraverso la fede.

Inviandolo a lavarsi alla piscina di Siloe, egli chiede al cieco la collaborazione all’evento della sua guarigione, così come nel battesimo, in cui Dio ci fa dono della sua grazia, frutto della sua benevolenza, ci ricrea e chiede all’uomo di corrispondere al suo dono con una vita illuminata dalla sua luce.

Nella Colletta di questa domenica preghiamo dicendo: « O Dio, Padre della luce, che conosci le profondità dei cuori, apri in nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo e crediamo in lui solo: Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro salvatore ».

Prima Lettura:  1 Sam 16,1-4.6-7.10-13.

Dio in  tutte le sue  iniziative  non si lascia impressionare dall’esteriorità: per lui « Non conta quel che vede l’uomo. L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore ». Egli per realizzare  i suoi disegni sceglie chi  è umile, chi ha consapevolezza della propria povertà e che, confidando in lui, si affida alle mani del Signore. Non tanto i nostri meriti devono risaltare, quanto la potenza della grazia. Per questo Dio mandò da  Iesse, il Betlemmita,  il profeta Samuele che, passati in rassegna tutti i suoi figli presenti in casa  e dopo aver chiesto se tutti fossero presenti, alla risposta di Iesse che mancava  il più piccolo, gli dice di  mandarlo a prendere, perché non si sarebbero messi a tavola se non fossero stati tutti. Vedendo  venire il giovane Davide, che era « fulvo, con begli occhi e bello di aspetto » il Signore  dice a Samuele: « Alzati e ungilo: è lui! ». Il profeta allora « prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo Spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi ». Così Dio  sceglierà Maria, che si proclama l’umile ancella del Signore, per adempiere il suo disegno di salvezza.. E Gesù dirà che gli umili saranno esaltati mentre i superbi saranno abbassati: l’orgoglio e la superbia sono  rigettati e “ primo” è chi si fa ultimo per amore.

Seconda Lettura: Ef 5,8-14.

San Paolo esorta gli Efesini, diventati dalle tenebre  luce nel Signore, a comportarsi come figli della luce compiendo frutti di bontà, giustizia e verità. A non partecipare alle opere delle tenebre e a condannarle apertamente e cercando di capire ciò che è gradito al Signore,

La condotta di un cristiano deve essere totalmente limpida da non avere nulla da coprire e da nascondere e di cui vergognarsi, non cercando la complicità delle tenebre per non essere visti del male che si compie. Quella dei cristiani è una vita nuova. In Quaresima dobbiamo spesso esaminare la nostra condotta alla luce  del Vangelo, di scandagliare i luoghi più segreti della coscienza, le intenzioni più recondite che ci spingono nelle scelte quotidiane, che forse non riveliamo neppure a noi stessi, spinti da una istintiva paura. Paolo esorta quindi dicendo ad ognuno: « Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà ».

Vangelo : Gv 9,1-41;

Gesù, ai suoi discepoli che lo interrogano, vedendo un cieco dalla nascita, se abbia peccato  lui o i suoi genitori, risponde: « Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio »: egli infatti è venuto per compiere le opere  di colui che lo ha mandato… Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo ». Così dopo aver fatto con la saliva e un po’ di terra del fango, spalmandoglielo sugli occhi, gli intima di andarsi a lavare nella piscina di Sìloe. E  quegli va e torna guarito,  che ci vede .

L’evento della guarigione operata da Gesù suscita discussioni e interrogativi: nei vicini, ai quali,  riconoscendo  colui che chiedeva l’elemosina perché cieco e si domandano se è lui o no, dice quello che gli ha fatto colui che si chiama Gesù; nei farisei, davanti ai quali portano il cieco guarito, a cui chiedono  come abbia riacquistato la vista. Egli allora risponde loro: « Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo ». Allora alcuni farisei dicono che Gesù non viene da Dio perché non osserva il sabato, altri si chiedono come un peccatore possa compiere segni di quel genere. Di nuovo chiedono al cieco: « Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi? ».I  farisei, davanti alla risposta del guarito che dice: « E’ un profeta! » e non credendo che sia stato cieco e che abbia riacquistato la vista, chiamano i genitori del guarito e li interrogano sulla cecità del figlio e come ora ci veda. Poiché essi rispondono che è nato cieco, ma non sanno come ci veda e non conoscono chi gli ha ridato la vista, dicono, per paura,  di chiederlo a lui, che ha la sua età.

Richiamato il cieco guarito gli dicono: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore ». E quello risponde: « Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo ». Avendogli chiesto i farisei di ridire come aveva avuto la vista, risponde dicendo: « Ve lo già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli? ». Sentendosi insultati ribattono che essi sono discepoli di Mosè a cui ha parlato Dio; mentre di Gesù, che lo ha guarito, non sanno di dove sia.

Il cieco guarito allora risponde: « Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che , se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla ».

Così irritati da questa risposta dicono: « Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi? ». E lo cacciano fuori dalla sinagoga.

Dopo questi fatti, Gesù lo incontra e gli chiede: « Tu credi nel Figlio dell’uomo?» Egli risponde: « E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli dice Gesù: « Lo hai visto: è colui che parla con te ». E il guarito dice: « Credo, Signore! ». E si prostra dinanzi a lui.

Ai farisei astanti Gesù dice che è venuto in questo mondo  perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono diventino ciechi. Essi dicono a Gesù: « Siano ciechi anche noi?». E Gesù conclude: « Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, ma siccome dite: “ Noi vediamo”, il vostro peccato rimane ».

I farisei, esperti in cose religiose, che vogliono conferme ai loro pregiudizi, manifestando un’ostilità di fondo nei confronti di Gesù, il quale non rispetterebbe il sabato avendo guarito il cieco , non comprendono che il Sabato è il giorno del compimento della creazione e che il miracolo di ri-creazione compiuto da Gesù ne è conferma, non trasgressione.

I farisei si pongono sempre più in  atteggiamento di giudizio nei confronti di Gesù.

Per il cieco guarito  rispondere alle domande dei farisei è il modo con cui può dare testimonianza e crescere nella fede in Gesù, ritenendolo dapprima come profeta e, poiché gli ha aperto gli occhi, riconoscere  che in lui opera Dio, diversamente dai farisei che  ritengono Gesù un peccatore, perché viola il sabato..

Gesù da inquisito, si trasforma in giudice, perché il suo miracolo ha diviso i presenti tra coloro che credono  e coloro che non credono. Rivolgendosi ai farisei che credono di vedere dice che sono  ciechi, mentre  ricevono la vista coloro che sono ciechi e chiedono di vedere, come il cieco nato guarito. Gesù conclude dicendo: « Se foste ciechi, non avreste nessun peccato, ma siccome dite: “Noi vediamo ”, il vostro peccato rimane ».

Peccato e redenzione.

Chiudendo gli occhi dinnanzi  alla luce; è come se si fosse ciechi. Così sono i farisei-Giudei che, chiudendo gli occhi dinanzi a Cristo, l’unico senza peccato, venuto come Luce del mondo per liberare dalle tenebre del male e per la condanna di chi crede di vedere ma è senza luce, non ne scorgono il mistero.  Il vero peccato per loro non è la cecità, ma l’indisponibilità a lasciarsi guarire basata sulla presunzione di essere già vedenti.

Davanti a questo atteggiamento di rigetto e di chiusura – causato dal-l’orgoglio – neanche  i miracoli più stupendi e clamorosi servono per chi è cieco. Gesù condanna i farisei proprio  per la loro pretesa di vedere da sé e di aver rifiutato di lasciarsi illuminare da lui.

Anche  per noi, che abbiamo ricevuto nel battesimo la grazia della luce di Cristo, credere  con umile e riconoscente fervore come il cieco, al quale sono stati aperti gli occhi, significa perseverare nella luce per essere autenticamente cristiani.

Crediamo anche noi, se la nostra ricerca della verità è sicura e volenterosa, se non chiudiamo gli occhi dello spirito alla luce di Cristo.  Se caduti nelle tenebre riconosciamo la nostra cecità, se consideriamo la fede un dono di Dio, e ci facciamo illuminare da Gesù, il Cristo, Luce venuta per illuminarci nel cammino di ritorno a Dio Padre, allora possiamo  essere veramente rinati nella luce.

La Pasqua è ormai vicina. Dobbiamo affrettarci « con fede viva e generoso impegno ». La fede è viva anzitutto quando ci  fa riconoscere Gesù quale Figlio di Dio e inviato dal Padre, così come lo ha riconosciuto il cieco nato. Essa è una grazia, un miracolo che ci apre gli occhi  del cuore. E’ il miracolo di Gesù che continua, una guarigione  della cecità spirituale, dalle tenebre del peccato, dai « morsi del maligno ».

L’impegno è generoso quando accogliamo l’appello  a tornare come figli pentiti al Padre e a riguastare la « la gioia nella cena pasquale dell’Agnello ». Tuttavia una ricchezza di motivi alimenta i nostri pensieri in questo giorno del Signore.