26 APRILE V DOMENICA   DI  QUARESIMA.

L’amore di Dio e la risurrezione dei morti.

Con il battesimo siamo entrati nella famiglia di Dio e, « inseriti come membra vive nel Cristo », dobbiamo vivere fedelmente questa nostra figliolanza. E’ nella comunione al Corpo e  al Sangue del Signore che continua questo questo nostro essere uniti a Cristo. Questa è una relazione vitale che, se non ci sottrae alla fine dei nostri giorni terreni alla morte fisica, è tuttavia pegno di risurrezione.

Ma per entrare in questa risurrezione dobbiamo prima essere partecipi con Cristo alla sua passione redentrice, e l’Eucaristia, che ci dà la forza lungo il cammino terreno per giungere alla beata risurrezione, ne è  pegno di gloria futura per partecipare al Corpo mistico glorioso.

La morte, nonostante i suoi sforzi che l’uomo compie, non può  essere eliminata, solo è possibile  rimandarla. Ma Gesù, dicendo di essere venuto «  perché gli uomini abbiamo la vita e l’abbiano in abbondanza », ci dà la certezza che la nostra vita non è tolta da Dio, ma sarà trasformata alla maniera della vita del Cristo risorto, di cui la risurrezione dell’amico Lazzaro ne è un segno anticipatore..

Nella Colletta della Messa preghiamo dicendo: « O Dio dei viventi, che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l’amico Lazzaro, ascolta con benevolenza il gemito della Chiesa, e chiama a vita nuova coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte ».

Prima Lettura: Ez 37,12-14 .

Il Signore, per bocca del profeta Ezechiele, dice al suo popolo: « Ecco, io apro  i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, vi condurrò nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore…. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra ».

L’esilio che finisce, i morti che escono dai sepolcri per la virtù rinnovatrice dello Spirito :che il profeta preannunzia, sono diventate  per noi realtà con la risurrezione di Gesù Cristo,  poiché, dopo l’ascensione alla destra del Padre, abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, che è  principio della risurrezione. Ancora:  la grazia del perdono, il ritorno alla vita divina avvengono  sempre per opera dello Spirito e sono fin da questa terra una vera risurrezione nello Spirito, mentre la gloria del cielo sarà il suo compimento e la sua piena manifestazione. Nella Quaresima ci viene riproposto un  itinerario di risurrezione.

Seconda Lettura: Rm 8,8-11.

San Paolo ci ricorda che con il battesimo siamo stati sottratti al potere di Satana e non siamo più « sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi », per cui se non abbiamo lo  Spirito di Cristo non apparteniamo a lui. Cristo in noi ci fa morire alle opere del corpo, ma il suo Spirito ci dà la vita  e la giustizia di Dio. Se dunque abbiamo in noi lo Spirito che ha fatto risorgere Gesù dai morti, il Padre celeste « darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi ».

Lo Spirito Santo di Dio che ci viene dato nell’intimo: « abita in noi », dice san Paolo,  e ci fa  appartenere  a Cristo.  Essere in grazia e nella comunione in Cristo vuol dire avere il suo Spirito. Da qui la speranza della risurrezione, a dispetto della mortalità ancora attuale del nostro corpo. Chi ha risuscitato Cristo, risusciterà anche noi, ci renderà conformi  a lui nel suo stato glorioso. La fede, oltre le apparenze, ci fa percepire questa straordinaria condizione cristiana e  ci fa sperare in una vita trasformata e migliore..

Vangelo: Gv 11,1-45.

Gesù dopo essersi presentato come il Buon Pastore, per non essere lapidato, si allontana da Gerusalemme, ma viene raggiunto dalla notizia della malattia grave del suo amico Lazzaro, fratello di Marta e Maria di Betania. Gesù si prende cura della loro sofferenza e, anche se non andrà subito a Betania, vi si reca per compiere qualcosa di più grande che la semplice guarigione dalla malattia dell’amico, pur sapendo che  la risurrezione di Lazzaro indurrà  i suoi nemici alla  decisione di ucciderlo,  confermando così le sue parole che « il buon Pastore dà la vita per le sue pecore » (Gv 10,11). Così, se la morte dell’amico rimanda alla sua morte e la risurrezione di Lazzaro  alla sua risurrezione, la vita a cui è riportato l’amico rimanda alla sua missione di dare la sua vita di Pastore per gli uomini: « Io dò loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano » ( Gv 10,28).

Dopo due giorni dall’aver appreso la notizia della malattia dell’amico, Gesù dice ai discepoli: « Andiamo di nuovo in Giudea !». E poiché i discepoli lo dissuadono di andarvi dicendo che i Giudei cercavano di lapidarlo, Gesù, rivolgendosi loro, dice: « Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo ». Avendo essi capito che Lazzaro si sarebbe salvato, Gesù apertamente dice: « Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché  voi crediate; ma andiamo da lui! ».

Alla notizia dell’arrivo di Gesù, Marta gli corre incontro e, rivolgendosi a Gesù, gli dice: « Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa  tu chiederai a Dio, Dio te la concederà ».  E Gesù le dice: « Tuo fratello risorgerà ». Marta professa dapprima  la sua fede nella risurrezione  escatologica, ma dopo che Gesù  le dice: « Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo? » (Gv 11,25-26), ella  precisa la sua fede in lui  e, dopo aver risposto : «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo »( Gv 11,27), corre a chiamare la sorella Maria, compiendo così la sua missione di discepola che crede e testimonia.

Quando Maria, insieme ai Giudei che erano in casa per consolarla, giungono dove si trova Gesù, gettandosi ai suoi piedi, gli dice: « Signore, se tu fossi stato  qui, mio fratello non sarebbe morto! ». Gesù allora, vedendo piangere lei e coloro che sono accorsi con lei, si commuove profondamente e, turbato, domanda dove l’hanno posto. Al loro invito di andare a vedere Gesù scoppia in pianto, suscitando nei presenti l’esclamazione: « Guarda come l’amava! ». Giunti intanto al sepolcro, alla richiesta di Gesù di rimuovere la pietra che era posta davanti all’ingresso, Marta gli dice: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni ». Ma Gesù la rassicura dicendole che se crede vedrà la gloria di Dio. Tolta la pietra, dopo una breve preghiera di Gesù al Padre, ringraziandolo perché sempre lo ha ascoltato, grida a gran voce: « Lazzaro, vieni fuori! ». All’apparire del morto, che viene fuori avvolto dal sudario e legato con bende, dice ai presenti: « Liberatelo e lasciatelo andare ».  Conclude l’evangelista che molti dei Giudei, venuti da Marta e Maria, vedendo ciò credettero in lui.

La risurrezione di Lazzaro, ultimo segno, il più eccellente, il più evidente della sua identità: « Io sono la risurrezione e la vita », è  un segno, un presagio di quanto avverrà per ciascuno di noi, quando saremo richiamati non tanto a un altro tratto di esistenza terrena, ma a quella celeste.

Gesù, per il suo amore,  libera dalla morte coloro che si lasciano salvare da lui e gli sono fedeli.

Questa fedeltà a lui si manifesta innanzitutto nell’essere partecipi attraverso il battesimo « alla passione redentrice » di Gesù, morire come muore un seme; poi, nel tempo della sequela terrena, essere continuamente rinnovati nella vita nuova di grazia dalla forza dello Spirito che viene dall'Eucaristia; e infine divenire partecipi della sua  gloriosa risurrezione nel cielo.

Così, alle soglie della Veglia Pasquale,  richiamati di nuovo alla realtà battesimale, evento di grazia con il quale Dio ci ha fatto il dono di passare dalla morte del peccato alla sua vita divina e, innestati in Cristo, che si fa compagno compassionevole della nostra miseria, ci perdona ogni colpa. In una vita rinnovata continuamente dallo Spirito, siamo in cammino verso la vita eterna e alla risurrezione alla fine dei tempi.

 

Lazzaro immagine dell’umanità peccatrice.

Ciò che compie Gesù per l’amico Lazzaro rappresenta per l’umanità, che sta sotto il regime della schiavitù del peccato come nella morte, la promessa di risurrezione per coloro che credono in lui, che ha il potere sulla morte.

L’onnipotenza di Dio viene in soccorso alla fragilità, al dolore umano e se, con i nostri peccati e debolezze, ci affidiamo a Dio, egli, da parte sua, ci libera dal dominio della morte.

Gesù  sente tutta l’amarezza per la realtà della morte che colpisce tutti e la condivide, giungendo a piangere con coloro  che piangono lo strappo di una persona amata. Ma la fede nella nostra risurrezione, come lo è stato per Cristo, dev’essere più forte del pianto: perché è superata la morte definitivamente. Allora neppure questa, che ancora ci prende, può indurci alla disperazione: « Io sono la risurrezione e la vita. Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno ». E’ tutto qui: essere in comunione con Gesù mediante la fede, che è il vincolo che ci lega a lui, ed è  il passaggio, nello Spirito, ad una vita in Dio Padre, per l’eternità, come è stato per Gesù..