7 MAGGIO – V DOMENICA  di  PASQUA.

GESÚ, VIA, VERITÁ E VITA.

GIORNATA NAZIONALE DI SENSIBILIZZAZIONE PER IL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA, ATTRAVERSO LA FIRMA DELL’8XMILLE NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI.

Oggi siamo chiamati a riflettere sul ruolo che ha Cristo nella nostra vita.

« Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi »: è l’invito festoso che apre oggi la liturgia. Sappiamo  quali sono  questi prodigi che solo Dio ha fatto e per cui ci dobbiamo rallegrare: sono la liberazione  dal peccato, essere stati rigenerati  figli di adozione e chiamati all’eredità eterna. Cantiamo un canto nuovo perché siamo  « primizie di umanità nuova », nata per opera  dello Spirito  ed edificata   « in sacerdozio regale, popolo santo, tempio della gloria di Dio ». Tutto questo non è sogno o parole vuote. La nostra fede ci fa percepire queste realtà. Ma questa fede deve poi maturare in opere di cui la più importante è l’amore, statuto e comandamento di una vita nuova, per cui possiamo essere per l’umanità portatori e testimoni efficaci e credibili della salvezza operata da Cristo. Nell’orazione la Chiesa prega dicendo: « O Padre, che  in Cristo, via verità e vita, riveli a noi il tuo volto, fa’ che aderendo a lui, pietra viva, veniamo edificati  come tempio della tua gloria ».

Prima Lettura: At 6,1-7.

La Chiesa primitiva non è esente da screzi e dissapori e  non dobbiamo forse idealizzarla troppo, perché, là dove ci sono degli uomini, ci possono essere anche imperfezioni e limiti. Per il disservizio delle mense e, quindi, nella realizzazione della carità che si manifesta con l’« assistenza quotidiana », sorgono lamentele perché quelli di lingua greca vedono trascurate le loro vedove. Gli apostoli, per non trascurare il loro impegno di predicare la parola di Dio,  provvedono, chiedendo ai discepoli, di  scegliere « sette uomini di buona reputazione, ripieni di Spirito e di sapienza ». Queste tre caratteristiche sono esemplari: la reputazione buona, la pienezza dello Spirito Santo, la saggezza. Né si può presiedere da queste caratteristiche pur  trattandosi  del servizio delle mense. Anche le parole degli apostoli: « Noi ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola », attività che sono sentiti più propriamente ed essenzialmente come ministero apostolico, persuadono i discepoli ad accettare il servizio dei diaconi. Se questo fosse trascurato, essi sarebbe infedeli  alla missione e  neppure la carità ci potrebbe più essere, alla fine. Sarebbe cosa grave se questo senso del primato della preghiera e della predicazione venisse meno e ci si occupasse d’altro o di ciò che altri nella comunità cristiana più convenientemente potrebbero fare. Più che porsi queste varie attività  in antitesi, servizio « alle mense »  e  « preghiera e predicazione », si tratta  di articolarli in un giusto rapporto.

Seconda Lettura: 1 Pt 2,4-9.

San Pietro, rivolgendosi ad una comunità che vive l’assenza corporea di Gesù, dice :« Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo cre-dete in lui » (1 Pt 1,8). Essi  sono stati aggregati attraverso il Battesimo a Cristo e formano  in lui, « pietra d’angolo », un tempio mentre, per coloro non credono, Gesù  è « pietra di scandalo », perché essi « non obbediscono alla Parola », cioè non credono al Vangelo. La fede è credere nella Parola  di Dio e la vita cristiana è sottomettersi ad essa.

La Parola che ci raggiunge tramite le Scritture e soprattutto con Gesù, Parola fatta carne, suscita in noi la fede e da questo rapporto con la Parola e con Cristo sgorga il ministero della Chiesa che continua l’opera del suo Signore. Gli Apostoli affrontano la crisi organizzativa della comunità stabilendo delle priorità: « Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio … Noi, invece, ci dedichiamo alla preghiera e al servizio della Parola »( At 6,2-4).

Oggi si parla, spesso anche a sproposito, di « laici » e di « laicato». Va bene, se si conserva viva la consapevolezza che un cristiano, prete o no, è un consacrato. Tutti i credenti formano « un sacerdozio santo ». Tutti, « quali pietre vive », sono costituiti « come edificio spirituale », così da potere offrire  « sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo ». Questi sacrifici spirituali sono la nostra vita vissuta in grazia, le nostre opere animate dallo Spirito Santo. Questo è possibile se ci uniamo nella Eucaristia al sacrificio offerto da Cristo sulla croce.

Siamo un « edificio spirituale »: non varrebbe nulla una bella chiesa di pietre, se a formarla non fossimo noi  con la nostra fede e la nostra carità. La chiesa di pietre è solo un segno e un aiuto: è in noi, nella comuni-tà cristiana, che Dio deve essere presente. Siamo noi chiamati « stirpe eletta, nazione santa, popolo di Dio », luogo della proclamazione del Vangelo, cioè delle opere della salvezza. E’ come dire che i cristiani rigettano tutto quanto è contrario alla santità, ogni forma di peccato.

In questo senso essi sono separati dal mondo, consacrati a Dio, destinati a collaborare  alla redenzione del mondo e, in questo senso, a essere sacerdoti.

Vangelo: 14,1-12.

Gesù, a Tommaso che gli chiede di non conoscere la via dove va, si dichiara l’unica Via che conduce al Padre, come Verità della rivelazione, come unica Vita autentica. A Filippo, che gli chiede di mostrargli il volto del Padre, Gesù risponde: « Chi vede me, vede il Padre …. Io sono nel Padre e il Padre è in me ».  Gesù, come unico rivelatore del Padre, immette nella intimità che c’è tra il Padre e il Figlio, perché dice:« Io sono nel Padre e il Padre è in me » e ai discepoli chiede: « Rimanete in me ed io in voi » (Gv 15,4). Quale sensazione non hanno provato gli apostoli nel sentire Gesù che dice loro: « Figlioli, ancora un poco sono con voi … Dove vado io, voi non potete venire », essi che avevano scommesso la loro vita nel seguirlo, pensando ad attese inerenti l’esistenza terrena?

All’annunzio dell’assenza del maestro sarà seguita in loro la sensazione dell’abbandono. Per questo Gesù continua dicendo: « Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me »(Gv 14,1). Gesù chiede loro di avere fede nel Padre e in lui e viceversa. Ma contem-poraneamente promette che essi saranno immessi nella intimità che vi è tra lui e il Padre e tale promessa deve far superare loro il turbamento causato dall’annunzio improvviso della sua assenza.

Questa intimità si realizza oggi con la mediazione  del Cristo risorto, che pur ascendendo alla destra del Padre, egli è presente nella Parola delle Scritture, attraverso l’Eucaristia con la sua presenza nel pane e nel vino, che per opera dello Spirito Santo diventano il suo Corpo e il suo Sangue. Così nell’atto del suo sacrificio di morte e risurrezione, memoriale eucaristico,  che è  principio di risurrezione e di vita nuova, noi riaffermiamo la nostra fiducia e la nostra fede, nelle sue parole che ci assicurano: «Vado a prepararvi un posto. Verrò di nuovo e vi prenderò con me ». Al di là della morte, che non è il tragico crollo  della nostra speranza, Gesù ci assicura che ci farà vivere con lui e il Padre per l’eternità. E quando si sarebbe verificata questa promessa di intimità? Bisognava aspettare la fine dei tempi per la sua realizzazione  o subito dopo la morte? Come vivere nell’oggi l’efficacia della promessa di Gesù?

Voler essere suoi discepoli significa allora seguirlo in questo cammino, con la fede nel Padre e in lui,  con la consapevolezza della nostra miseria per giungere alla piena comunione con Dio e i fratelli.

IN QUESTA GIORNATA DI SENSIBILIZZAZIONE, ATTRAVERSO LA FIRMA DELL'8XMILLE, POSSONO APPORRE LA FIRMA NEL MODELLO CHE VIENE INVIATO O È POSSIBILE RICHIEDERLO IN PARROC-CHIA, ANCHE I PENSIONATI, CHE NON SONO OBBLIGATI ALLA DICHIARAZIONE, POSSONO PARTECIPARE AL GESTO E CONTRIBUIRE ALL'OPERA DI SOSTEGNO ALLA CHIESA CATTOLICA, COSÍ COME AVVENIVA NELLA PRIMITIVA COMUNITÁ CRISTIANA..