24 SETTEMBRE - XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Dio, nella sua bontà e generosità, è più grande dei nostri meriti.

Tutti siamo chiamati dal Padre celeste a lavorare nella sua vigna, ovvero nel suo regno, ognuno nel suo tempo e quando ci raggiunge il suo invito, la sua chiamata. Anche le vie e le modalità con cui il Signore ci chiama sono diverse da quelle che possono essere le nostre vedute o le nostre modalità di ricompensa per averlo seguito. Tutti, senza discriminare nessuno, Dio Padre invita a partecipare al banchetto di nozze del suo Figlio, banchetto che siamo chiamati a vivere nell’Eucaristia, celebrata, la Domenica, nel giorno della risurrezione del suo Figlio.

Nella preghiera iniziale di questa domenica  chiediamo al Signore: « O Padre, le tue vie sovrastano  le nostre quanto il cielo sovrasta la terra: concedi a noi la gioia semplice di essere operai della tua vigna senza contare meriti e fatiche, lieti solo di portare frutti buoni per la speranza del mondo ».

Siamo, allora,  invitati a aprire il nostro cuore e la nostra mente alle parole del Signore Gesù, sull’impegno di lavorare nella sua vigna.  Comprendiamo ciò solo se siamo animati da quell’amore che Gesù ci chiede di vivere, verso il Padre, lui e verso i fratelli, in un servizio per il suo regno e non tanto per quella che potrà essere la ricompensa che ne deriva dall’aver speso il nostro tempo, più o meno lungo, della nostra vita, al suo servizio. La grandezza evangelica del discepolo sta appunto nell’imitare il Signore che ha detto di essere venuto per servire.

Non si può neanche biasimare Dio perché coniuga giustizia e misericordia secondo il suo insondabile agire: vorremmo forse applicare a Dio i nostri parametri, molto spesso intrisi di egoismo, di interessi umani, di compromessi poco onorabili? Vorremmo forse un Dio a nostra immagine o dobbiamo noi agire e pensare secondo Lui, di cui siamo immagine? Dio agisce ed opera nei confronti degli uomini nella gratuità e nell’amore e non come noi che pensiamo di meritare di più perché pensiamo di essere buoni e possiamo aver servito di più il Signore.

Che immagine abbiamo di Dio, che agisca e pensi come noi? Il suo agire è imprevedibile e non è soggetto a sentimentalismi, ad umori vari o ad interessi di felicità o di altro genere: egli ci ha amato tanto da dare, dice Gesù a Nicodemo, il suo stesso Figlio, come vittima per i nostri peccati e così riconciliarci con lui. Quello di Dio è un amore di gratuità che ci precede e supera i nostri schemi.

Da tutto ciò, forse, dovremmo ricomprendere la corretta relazione che dobbiamo avere con Dio, Creatore e Padre.

Prima lettura: Is 55,6-9.

Il brano del profeta Isaia invita alla conversione al Signore non solo l’empio, a cui si fa riferimento in maniera particolare, ma ogni uomo, perché, se l’empio abbandona la sua via e l’iniquo i suoi pensieri e ritornano al Signore, essi trovano in lui misericordia, in quanto Dio è disposto a perdonare largamente.

Cercare il Signore e invocarlo, ritornare a lui, come ci viene detto dal profeta, è nell’Antico Testamento un messaggio ricorrente che ridà all’uomo peccatore la speranza di potere sempre corrispondere all’amore di Dio. Il modo di pensare e di agire di Dio non è quello degli uomini che, spesso, sono propensi  ad operare in maniera diametralmente opposta a quella di Dio: le sue vie non sono le nostre vie, né i suoi pensieri i nostri; questi e quelle ci sovrastano e ci superano abbondantemente, tanto da non poterne misurare le distanze. Solo allontanandosi dal male e ritornando pentiti al Signore possiamo trovare perdono e restaurare la nostra vita, che i peccati di superbia, di orgoglio o di iniquità di ogni genere  deturpano.

Per il popolo d’Israele, deportato in Babilonia, è molto più importante cercare il Signore che non una patria terrena. La liberazione che i deportati attendevano è diversa da quella che il Signore vuole realizzare per tutti gli uomini.

Seconda Lettura: Fil 1,20-24.27.

San Paolo ci ricorda che noi siamo e apparteniamo al Signore, sia che viviamo, sia che moriamo. La nostra vita di creature, fatte a immagine e somiglianza di Dio, non possiamo viverla sganciati da Lui. Se moriamo graditi al Signore è un guadagno per noi, sostiene Paolo; se continuiamo a vivere in Cristo e per lui e se la nostra vita serve per lavorare con frutto nella “vigna del Signore” e per il suo Vangelo, che ben continui la nostra esistenza. Si porrebbe per tanti la difficoltà di scelta:  e quale uomo,  e anche  il cristiano, non sceglierebbe forse di restare in vita, specie se siamo attaccati a questa vita più che a quella che avremmo in Dio? Occorre, allora, essere disponibile all’una o all’altra scelta e accogliere quel che il Signore dispone per ognuno di noi. Lavorare nella vigna del Signore è certamente  cosa  importante, se questo dovesse, nella volontà di Dio, servire per il bene della comunità e farla progredire nella fede..

Vangelo: Mt 20,1-16.

Ascoltando oggi la parabola evangelica dei vignaioli, chiamati a lavorare nella vigna di quel padrone che dà, alla fine della giornata di lavoro, la stessa paga, pur avendo ognuno lavorato un periodo più o meno lungo della giornata, siamo chiamati a ricomprendere la corretta relazione che dobbiamo porre nei confronti di Dio, Creatore e Padre: viverla alla maniera con cui Gesù l’ha vissuta, cioè nella piena disponibilità alla sua volontà, pensando ed agendo secondo le sue vie e i suoi pensieri.

Dio, nella sua generosità, poiché agisce per amore verso tutte le sue creature e non per tornaconto, elargisce i suoi doni secondo il suo modo divino di agire e non secondo il  modo di pensare o operare dei vignaioli . Se noi guardiamo più al merito per il lavoro svolto bene o al tempo lavorativo, Dio guarda alle necessità che può avere ogni uomo nella gestione della propria esistenza e di coloro con cui la condivide, così da dare un senso al lavoro e alla dignità di tutti coloro che lavorano per il suo regno. Non possiamo essere invidiosi di come Dio elargisce i suoi doni, né sindacare sul suo insondabile disegno di salvezza. Come nel dare la retribuzione  il padrone inizia dagli ultimi dando un denaro a testa e coloro che protestano, pur avendo faticato tutto il giorno, ricevano anch’essi la stessa paga,  Gesù, volendo far risaltare il modo giusto di agire di quel padrone che dà ai primi chiamati quanto pattuito e agli ultimi « Quello che è giusto ve lo darò »,  vuole farci comprendere che la misura del giusto è secondo il  metro di Dio e non secondo il nostro. Se  guardiamo alla logica degli uomini, cioè di come ragionano i primi lavoratori che volevano di più per la fatica di tutto il giorno, il padrone sarebbe ingiusto, ma non lo è perché ha dato quanto aveva pattuito con loro: “tu hai prestato il tuo lavoro e io ti ho ricompensato con quello pattuito”. Così anche Dio non è ingiusto se, per pura gratuità e benevolenza, dà la stessa ricompensa per chi lavora per il suo regno.

Anche nella parabola del Figlio prodigo, la reazione del figlio maggiore all’atteggiamento di amore del padre parte da una logica puramente di interesse umano che non comprende l’agire misericordioso del padre, che riabbraccia il figlio ritornato pentito.

Se si continua a pensare a Dio in forma antropologica, elevando a lui, alla somma potenza, la proiezione della nostra umanità, anche e solo negli aspetti di bontà nostra, allora non possiamo comprendere la logica e l’operato del Dio di Gesù, che agisce secondo la sua misericordia, la sua generosità, il suo desiderio di riportare l’uomo al suo amore e secondo giustizia, ma intrisa di amore gratuito.

Nel significato evangelico non possono accampare più diritti, né il popolo ebreo, chiamato per primo a partecipare al regno di Dio, né i cristiani  delle prime ore dell’annunzio evangelico rispetto ai pagani, chiamati all’ultimo momento, né  dobbiamo essere invidiosi noi di fronte alla bontà e alla generosità di Dio. Bisogna essere contenti di ciò che Dio nella sua immensa bontà elargisce ad ognuno, al di là del merito di ognuno di noi. Chi può vantare d’altronde davanti a Dio un qualche merito?

 

Dal   29 SETTEMBRE  inizia la NOVENA  IN ONORE DALLA MADONNA  DELLA  CATENA

Ore 17.00 Santo Rosario – 17.30 Santa Messa

29 Settembre, venerdì: Maria conduce i bambini a Gesù.

30 Settembre, sabato: Maria modello di santità per i nostri giovani, che la onorano

come Madre.

1 Ottobre, Domenica : Maria, sposa di Giuseppe e Madre di Gesù: Gli sposi cristiani

attorno a Maria.

2 Ottobre, Lunedì      : Maria” Prega per noi, ora e nell’ora della nostra morte”: Pelle-

- grinaggio al Cimitero e preghiera per i nostri defunti.

( Partenza alle ore 16.25)