GESU' COMUNICA L'AMORE DEL PADRE.
6a DOMENICA DI PASQUA
GESU’ COMUNICA L’AMORE DEL PADRE
Gesù ci ha fatto vedere e conoscere l’amore di Dio. Per amore il Padre ha donato il suo unico Figlio, come vittima di espiazione per il peccato dell'’uomo. E’ un amore senza limiti che giungendo a tanto dimostra fi-ducia nella capacità dell’uomo di imparare ad amare da Dio. Da poveri peccatori, Dio trasfigura i credenti in creature divine. L’unica condizione è il comandamento nuovo di Gesù, compendio della legge antica e nuova: quello dell’amore.
L’amore umano, se vuole raggiungere la sua perfezione, deve necessariamente ispirarsi e modellarsi sull’amore divino, sul Dio-Amore. E la manifestazione incarnata, umanizzata è Cristo. In lui, l’amore di cui l’uomo è assetato, assume lo splendore, la profondità, la purezza, la consolazione e la dolcezza cercati. Amore che, in Cristo, è dedizione, obbedienza, sacrificio.
UN DIO CHE AMA TUTTI
Pietro dipinge Dio in modo nuovo, sconosciuto al popolo di Israele. E’ il ritratto di Colui che non fa differenza tra uomo e uomo, tra persona e persona, tra popolo e popolo… di Chi ama tutti.
E’ una rivelazione piena di speranza, che anima la fede: ogni essere umano ha accesso alla salvezza, e le barriere, costruite da una religione sempre più legalista, cadono per la forza dell’amore. Pietro assume il rischio dell’incomprensione, del rigetto e della condanna da par-te della comunità e intraprende la via tracciata da Cristo.
L’amore incondizionato di Dio è stato rivelato all’uomo con la morte e risurrezione di Gesù. I cristiani sono dei risorti e la loro vita non può che rinnovarsi continuamente nella vita nuova che il Risorto comunica loro. E chi sa rispondere con l’amore all’Amore, è nato da Dio e conosce Dio e viene coinvolto nella relazione divina tra Gesù e il Padre. Tutto l’agire di Gesù rivela la sua relazione filiale con il Padre. Tutta la sua vita è tensione verso il Padre: compiere la sua volontà è l’orientamento e la struttura del suo essere. E Gesù, comunicando ai discepoli l'amore, vuole renderli testimoni viventi del dono ricevuto e della capacità che esso suscita di amarsi scambievolmente. Per tutti, saranno i testimoni di ciò che è stato Gesù nei confronti del Padre. E per far questo dovranno imparare a rimanere in lui.
LA CHIESA, REALTA’ D’AMORE
Nel suo testamento Gesù comanda l’amore. Affida ai suoi ciò che gli sta più a cuore: l’alleanza conclusa nella verità dell’amore. Aveva già manifestato il suo intimo rapporto con Dio nel chiamarlo « Padre », rivolgendosi a lui nella preghiera e nella vita con fiducia totale e con pronta obbedienza. E nel rivelare all’uomo il suo rapporto con Dio, così singolare e intimo, gli svela il segreto della sua missione: per lui e in lui, i credenti diventano figli del Padre. Dio prende dimora nel cuore dei cristiani, e amando l’uomo lo rende amante. Gli comunica la capacità di una nuova relazione che è segno distintivo di coloro che sono figli nel Figlio: una vita di fraternità autentica, nata dall’amore, capace di superare l’egoismo, i pregiudizi personali, l’orgoglio che abitano il cuore umano, per mettersi a servizio dell’altro, soprattutto di chi è nel bisogno.
Non sono gli uomini a scegliere Dio, ma è Dio che li sceglie e li abilita alla missione. Ma se è sua l’iniziativa di raggiungerli, li lascia però liberi di rispondere. Ogni credente ha risposto alla sua chiamata e ha accet-ato di seguire il comandamento. Dopo la sua libera adesione, non è più servo, ma amico: lo Spirito si impadronisce di lui e, nel battesimo, gli dona la vita nuova.
La scoperta dell’amore di Dio per l’umanità fa sperimentare alle prime comunità una dimensione nuova, che fa constatare con meraviglial’amore vicendevole. L’unità che regna si fonda sulla diversità dei membri e la fraternità trova la sua origine in una fede totale nel Dio di Gesù Cristo, Padre misericordioso. I credenti, consapevoli della realtà che li plasma, diventano naturalmente testimoni dell’amore nel mondo, affamato d’amore.
L’amore cristiano per il prossimo nasce dalla volontà dell’uomo, come decisione esistenziale, come atto di obbedienza a Dio, come rinunzia al proprio egoismo. L’amore verso il prossimo attinge alla sorgente stessa che è l’amore di Dio. E nell’eucaristia ogni credente vive la profonda unione con Dio, in Cristo Gesù, nello Spirito d’amore che apre alla fraternità.
PREGHIERA
Signore Gesù, Sei sceso, diventando come
da tutta l’eternità ti sei lui, hai parlato, hai guarito,
saziato dell’amore di tuo hai pianto, sei salito sulla
Padre nello Spirito Santo: croce, sei morto, sei risorto.
non l’hai voluto solo per te. Gli hai detto: « Se vuoi, puoi
L’uomo, creato per amore, essere me nel mondo: basta
aveva smarrito la strada, solo che ti fidi di me e ami
hai visto la sua schiavitù, i tuoi fratelli come ho fatto io ».
hai deciso di liberarlo.
RIMANERE IN CRISTO.
5a DOMENICA DI PASQUA
RIMANERE IN CRISTO
E’ il Padre che si prende cura di ogni figlio che appartiene al suo popolo e lo tiene unito a Gesù. Così l’uomo rinnovato nel Cristo risorto vive dell’amore di Dio e lo testimonia con frutti sinceri di attivo e operoso amore. Questo non è possibile senza attingere dalle radici ed essere nutriti dalla linfa dello Spirito. Non si può dimorare in Cristo solo a parole, sono necessarie un’adesione interiore, frutto di fede autentica, e l’osservanza del comandamento nuovo: di qui la comunità.
Gesù fa entrare gli uomini in comunione con lui. Li invita alla fecon-dità, realizzata da Dio stesso, che come vignaiolo si prende cura della sua vigna. Gesù è la vite che produce frutto. I cristiani sono i tralci at-traverso i quali questo frutto è generato. Il ruolo dei discepoli, come tralci della vite, non sembra poi molto sfibrante se la preoccupazione principale del Signore è quella di far loro comprendere che l’unum ne-cessarium è il dimorare in lui.
LA VITE E IL VIGNAIOLO
La vite è una bella immagine per esprimere la fede e la relazione dei figli col Padre e con Cristo. Non solo per la vite in se stessa, ma anche per il contesto in cui si trova: il terreno in cui cresce, il vignaiolo che la cura.
L’immagine della vigna, cara al popolo di Israele, permette ed aiuta ad entrare nel cuore stesso della fede. Il vignaiolo deve costantemente lavorare la sua terra, occuparsi di ogni singola vite, legare, potare i tralci secchi o morti. Un lavoro duro ma necessario, perché, se la vite non viene curata, crescerà selvatica, darà frutti indigesti.
Il Padre vignaiolo cura la crescita della sua vite, fino a quando prende forma nel suo Figlio Gesù Cristo, che con la sua risurrezione dona la vita ai tralci per mezzo dello Spirito, che come linfa li vivifica e li rende fecondi. La vite e i tralci formano un solo corpo. Tutti hanno il loro ruolo per concorrere a portare frutto: radici, tronco, linfa e tralci.
L’immagine della vite, dei suoi frutti, del vignaiolo si presenta come un ambiente in cui si respira comunione. C’è bisogno dell’incontro di tutti perché la vita di ciascuno sia pienamente realizzata. Sarà una autentica esperienza di fede, che porterà i credenti a testimoniare non ciò che viene da se stessi, ma la vita che hanno ricevuto come linfa e che abita le profondità del loro cuore.
LA GRANDE VIGNA DEL SIGNORE.
Dio stesso si comunica alla vita di ogni credente, vivifica ogni singolo tralcio e la Chiesa tutta, sua vigna,. Una vigna in cui ciascuno può sa-
ziarsi mangiando del frutto degli altri.
In ogni celebrazione eucaristica, che è rendimento di grazie, la Chiesa, per l’azione dello
Spirito, si costruisce, cresce, si moltiplica, vive nella pace, si mette in cammino, si mostra
discepola del suo Signore. Ogni celebrazione eucaristica è un momento di incontro con
Cristo, che nutre i suoi come la vite i tralci. Il pane che viene spezzato e diviso, comunica-
to a tutti coloro che lo ricevono, è un Pane che opera anche se sembra una realtà
inanimata: diviene nutrimento della vita dell’uomo e gli permette di agire nello Spirito.
Dal dimorare in Cristo, dal ricevere la vita da Lui, dal partecipare alla comunione divina nasce la testimonianza di un frutto di amore che è essenzialmente donazione, servizio. Lo stesso frutto della vite che si diffonde nei tralci vivificati e rigenerati continuamente dallo Spirito.
E’ doveroso anche considerare, con timore e tremore, la possibilità che alcuni tralci vengano staccati dalla vite, come tralci appassiti da gettare nel fuoco. Ma tale possibilità non può essere effetto di un incidente. I tralci non sono uniti alla vite per una combinazione naturale, ma per una gratuita decisione divina. E solo il ribellarsi a questa volontà può staccare l’uomo da Dio.
Ed è bene anche ricordare che, come tralci uniti alla vite, come membra di un unico Corpo che è la Chiesa, chi non porta frutto priva anche gli altri di ciò che avrebbero avuto diritto di ricevere, perché l’essere o il non essere in Cristo non è mai solo una questione strettamente personale, ma coinvolge tutto il contesto comunitario.
PREGHIERA
Padre misericordioso Le forbici che usi per tagliare
non ti avevo mai visto come ciò che di me non ti piace
un contadino, ma l’ha detto mi fanno sanguinare e penso
Gesù, per questo posso pure che tu non mi vuoi bene.
immaginarti al lavoro nel campo. Poi arriva l’estate e porto un
Ti sei fatto vicino, mi hai visto grappolo che non pensavo mai.
solo e sterile e con amore e Confuso, ti ringrazio: mi hai unito
speranza mi hai innestato a tuo Figlio e porto frutti anch’io.
su una vite a forma di croce.
IL PASTORE CHE GUIDA ALLA SALVEZZA
4a DOMENICA DI PASQUA
IL PASTORE CHE GUIDA ALLA SALVEZZA
Cristo, il Figlio unigenito del Padre, la pietra angolare della fede, con
duce l’umanità ai pascoli della verità e della vita. Passando per la mor
te e risorgendo a vita nuova, è il vero buon Pastore che guida il suo po
polo per le vie della storia verso la meta eterna dell’incontro col Padre.
L’amore misericordioso di Gesù nei confronti di ogni uomo è la mani-
festazione della potenza salvifica del mistero pasquale.
La Parola di Dio invita oggi i credenti a riconsiderare e riscoprire laimmagine di Cristo: sia nel suo essere pastore che in relazione al greg-
ge. Pastore vuol dire, prima di tutto, servitore. In tutta la sua vita, ma soprattutto nel dramma pasquale, Gesù si mostra servitore di Dio e degli uomini.
GESU’ GUIDA E PASTORE
Quando si va in montagna non è raro imbattersi in un pastore che conduce il suo gregge ai piedi della montagna ai pascoli in fiore. Ai tempi di Gesù era un lavoro duro, ma anche molto comune e necessario per gua-dagnarsi da vivere. Nella Scrittura ricorre spesso tale immagine per il-lustrare l’agire di Dio con il suo popolo. E chi ascolta Gesù mentre si de-finisce « buon Pastore », capisce perfettamente il senso teologico e messianico di tale dichiarazione: è l’inviato da Dio per condurre gli uomini alla vita vera.
L’uomo preferisce sovente scegliersi il cammino piuttosto che seguire
una via tracciata da altri. Ma l’umanità ha bisogno di guide sapienti, di
maestri veri perché la gente vaga senza meta, e senza speranza e teme
un avvenire senza sbocchi.
Gesù si presenta come l’unico Pastore. Un Pastore che si impegna,che
è particolarmente preoccupato della vita delle sue pecore, che paga di
persona per la loro salvezza. Lui le conosce, esse lo seguono: conoscen-
za vera, basata sull’amore, che è intimità profonda. La stessa che uni-
sce Gesù al Padre. Ogni uomo non è semplicemente l’ altro, ma per Ge-
sù è una persona conosciuta, amata, speciale perché unica: il suo volto,
la sua vita è profondamente legata a quella del Pastore.
Come ogni pastore, è una guida che non si accontenta di indicare il
cammino senza lasciarsi coinvolgere nell’avventura dell’esistenza: precede e
accompagna il gregge. Cammina con le sue pecore, fa conoscere
la sua voce: non impone la sua presenza ma lascia a ognuno la propria
libertà. La libertà di smarrirsi per poi farsi trovare e riprendere insieme
il cammino.
I GESTI DEL VERO PASTORE
I tre momenti della missione del buon Pastore sono: il suo ministero, durante la sua vita pubblica; il dramma della sua passione, morte-risurrezione; le apparizioni da Risorto. Gesù non ha dato vita ad una scuola di sapienza, per discutere teorie. Ha predicato alla gente che lo seguiva, che lo incontrava, che lo cercava, avvicinandosi a loro e cer-cando di creare sempre una relazione diretta con i suoi uditori. Ha associato i suoi discepoli alla sua missione sulla terra, invitandoli a condividere la responsabilità del Vangelo e inviandoli a due a due ad annunciare l’avvento del Regno. Come vero Pastore, ha lasciato ai suoi e a tutta la Chiesa il dono del suo Corpo e del suo Sangue, segno di quell’amore che giunge fino al dono della vita. Dopo la Pasqua, il Risorto riprende il suo servizio come Pastore universale: non c’è più altro nome nel quale poter essere salvati (cf At 4,12).
L’atmosfera che si sprigiona dai racconti del Risorto è quella della gioia, della pace, di una particolare condiscendenza del Cristo verso i suoi amici. Dopo la risurrezione, Gesù non muove loro dei rimproveri, salvo quello di richiamarli alla fede e alla comprensione della sua parola, ma li conforta, cammina accanto a loro come pellegrino sulle strade della storia, condivide con loro il banchetto fraterno.
La missione di Cristo, continuata dagli apostoli e dai loro successori, ha visto il succedersi di molti pastori nella storia della Chiesa. Hanno avuto e hanno il compito di rendere visibile la presenza di Cristo: sono chiamati « ministri » del Signore, vale a dire servitori di Cristo e dei loro fratelli e specialmente dei poveri.
PREGHIERA
Gesù, bello e buon pastore, Tu sei sceso, li hai chiamati
hai visto i tuoi fratelli per nome, la tua voce dolce
smarriti, preda dei lupi, e forte hai svegliato la speranza
ingannati dai mercenari, ti hanno seguito, sono rinati.
laceri e affamati nel deserto. Non ti è bastato. Li volevi figli
Hai detto al Padre: « Vado io ». come te. In loro hai trasfuso
E lui ti ha lasciato partire, la tua stessa vita e il Padre ti
perché il grido degli altri figli ha reso Pastore, per sempre.
aveva già trafitto il suo cuore.
RI-CONOSCERE IL CRISTO.
III DOMENICA DI PASQUA
RICONOSCERE IL CRISTO
Il Mistero della morte-risurrezione di Cristo illumina l’esistenza di o-gnuno e la colloca definitivamente sotto la luce della vita. Chi non cre-de in lui rimane nella morte, ma chi si decide per Cristo la vince ogni giorno in attesa della vittoria definitiva. Pur rimanendo inserito in un mondo di morte, dopo la Pasqua il cristiano ha in sé il pegno della risurrezione e vive in essa: chi crede in Gesù Cristo e lo ama è già passato dalla morte alla vita.
Le apparizioni del Risorto valicano la cerchia dei soli apostoli. E’ per tutti - apostoli compresi – la questione è la stessa: come credere? Non èstato facile per gli apostoli, non sarà facile per tutti.
RI-CONOSCERE IL SIGNORE
Nei racconti delle apparizioni di Gesù dopo la risurrezione, c’è un dato costante: i discepoli non lo riconoscono. L’apparire improvvisamente è un modo per presentare la realtà nuova del Risorto. Come per i discepoli di Emmaus, il punto di arrivo a cui il Risorto vuol condurre gli Undici è di ri-conoscerlo vivente e credere in lui.
Il Signore appare al gruppo degli Undici, i primi credenti. Nonostante le testimonianze precedenti permangono i dubbi e le difficoltà a credere. Gesù dà prova di molta pazienza: dialoga con loro, accoglie i loro dubbi, è attento alle loro difficoltà, li conduce poco alla volta ad una realta nuova che li supera e li trascende.
Fa loro il dono di sperimentare la verità della sua presenza corporea: li invita a toccare e guardare, chiede loro del cibo per condividere ancora quella convivialità che apparteneva al loro vivere insieme.
Li invita a rileggere la Scrittura alla luce della sua passione, morte e risurrezione: a riconoscere che Lui, il Risorto, altri non è che il Crocifis-so passato da questo mondo al Padre (cf.Gv. 13,1). Per gli Undici è una esperienza di prossimità e di trascendenza insieme; di familiarità che si esprime attraverso i gesti di sempre ma che al contempo segna una distanza che si percepisce nel suo presentarsi con l’autorità stessa di Dio, per invitarli a predicare e ad annunziare la salvezza.
Ma vi è anche un senso comunitario in questo cammino di fede. Le apparizioni del Risorto non sono mai rivolte ai singoli, anche quando Gesù appare ad uno solo: vi è sempre l’invito a portare l’annuncio agli altri, a scambiarsi l’esperienza vissuta nel contatto con lui, a divenire testimoni presso coloro ai quali sono inviati.
SECONDO LE SCRITTURE
Gesù invita gli Undici a ritornare alle Scritture. Anche nel Cenacolo, gli apostoli si trovano in cammino verso la fede nel Risorto: il loro spirito si apre, grazie a Gesù, all’intelligenza delle Scritture, perché la loro fede si fondi sulla risurrezione, compimento della parola dei profeti.
Il Risorto si afferma come presenza viva tra i suoi. Egli è là dove essi sono e offre loro, ancora una volta, la ricchezza della sua parola.
Nella Parola di Cristo e nei suoi gesti, la realtà del Risorto permane nella Chiesa e in essa opera la salvezza per tutti i credenti in lui.
E nel proclamare la Parola di Cristo e ripetendone i gesti salvifici, la Chiesa rende pienamente attuale ed efficace la sua passione, morte e risurrezione, da cui è scaturita la salvezza. Salvezza che è vita nuova e che ha i caratteri della vita stessa del Risorto, « l’ autore della vita »(At. 3,15).
Il Risorto ripropone ai discepoli di oggi la stessa scelta che ha chie-sto a quelli di allora: il cammino della fede, da ripercorrere ad ogni Pasqua. Dalla fede in Cristo dipende la missione affidata agli apostoli e, dopo di loro, a chiunque lo segue. Ed essere testimoni non è il risul-tato di una decisione personale, per quanto coraggiosa, ma l’invio da parte di un Altro.
Il cristiano, infatti, non è autore della testimonianza, ma è voce di colui che lo manda; anche se, al contempo, la testimonianza da rendere non è facoltativa, poiché la missione è elemento costitutivo della Chiesa e di ogni discepolo.
Anche oggi il Signore continua a risvegliare alla fede i cuori dei cre-denti, manifestandosi come Salvatore e chiedendo loro di portare il suo nome in ogni luogo della terra. E ognuno ha il compito di attualizzare la missione che gli è affidata, rendendola visibile negli ambienti in cui vive
Ma sa di non essere solo, perché Gesù gli assicura la forza dall’alto: lo Spirito. Una forza donata in abbondanza, che rende i credenti coraggiosi e perseveranti.
PREGHIERA
Signore Gesù, Grazie a loro, anch’io
quanta fatica hai affrontato ti ho conosciuto, ho visto te
per aiutare i tuoi amici a nella Chiesa, ho ricevuto
riconoscerti risorto, lo stesso la tua Parola e la tua Vita
di prima, ma tutto nuovo. Aiutami ad essere vero:
Hai mangiato del pesce, che io non dica di conoscere te,
ma avevi fame della fede di amarti davvero, mentre non
degli apostoli, prima, e riconosco il tuo volto nel fratello.
di tutti gli altri, dopo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 21 Aprile 2012 11:36)
IL RISORTO IN MEZZO A NOI.
Domenica « in albis » o della Divina Misericordia
IL RISORTO IN MEZZO A NOI
E’ la Domenica dei doni del Signore risorto e della beatitudine dei creden-ti. Gesù si presenta in mezzo ai suoi amici e dona la sua pace, radice dell’unità e dell’aiuto tra i fratelli;trasmette la propria missione agli Apostoli perché continuino a realizzarla visibilmente nel mondo;quindi realizza la promessa del dono dello Spirito che li rende capaci di fare le stesse opere, a cominciare dal perdono dei peccati, espressione visibile della inconcepibile Misericordia di Dio. La difficoltà di Tommaso a credere alla testimonianza degli amici apre la strada alla nostra fede, senza vedere, e alla nostra beatitudine, in attesa del nostro ottavo giorno, quando incontreremo faccia a faccia il Signore.
Per tutti, il giorno è una realtà caratterizzata dalla luce che succede alle tenebre della notte. Metaforicamente parlando, è quella situazione di chiarezza che prende il posto del dubbio, delle paure, delle inquietitudini. E’ al contempo – dopo il riposo, la distensione, la calma della notte –offre, col sorgere del nuovo mattino, una sensazione di liberazione: le cose non appaiono più così scure come la sera prima, anche se non sipreannunciano ore di gioia.
Il cristiano non è chiamato a minimizzare le notti che tolgono luce al cuore e serenità alle stagioni della vita. E invece invitato a fare affiorare alla memoria tutto ciò che in sé e attorno a sé è tristezza, inquietitudine, preoccupazione, per poter meglio ascoltare e apprezzare l'invito a scommettere sul S ignore: su colui che è divenuto pietra d’angolo, roccia salda per la fede e la speranza del credente.
GLI APOSTOLI, TESTIMONI OCULARI
Anche gli Apostoli stavano vivendo giorni bui, i più bui della loro vi-ta. I giorni della Passione erano stati carichi di tenebre e di morte non solo per il Maestro, ma anche per loro. La sera di PASQUA erano paurosi: accolgono così il loro Signore che, risorto, li raggiunge e li saluta offrendo loro la pace. Come nella notte della sua nascita gli angeliavevano canta-to la pace per l’umanità, in questa notte della fede il Risorto offre la pace ad un mondo riconciliato con Dio.
Le mani e il costato sono quelle del Crocifisso, ed ora è lì, in mezzo a loro. E’ proprio Lui, non un altro: anche se è divenuto « altro » in forza della risurrezione. Agli Apostoli, testimoni oculari, è dato di identificare il Risorto con il Crocifisso. Questa manifestazione del Cristo dopo la sua risurrezione è particolarmente importante: saranno loro, gli Undici, i futuri responsabili della comunità cristiana. E dopo il saluto di pace, il Risorto li investe della stessa missione che il Padre ha affidato a Lui.Cristo li man-da, rendendoli idonei, con il dono dello Spirito, a compiere ciò per cui sono mandati.
Vera investitura, l’incontro degli apostoli con Cristo segna la nascita della Chiesa e lo Spirito di Pentecoste è donato per il perdono dei peccati dell’intera umanità. Ci si trova davanti ad un vero rito di ordine sacramen-tale, dove i gesti sono accompagnati dalle parole.
La Chiesa è apostolica, perché fondata da Cristo sugli apostoli. E la fede cristiana è apostolica perché fondata sull’esperienza personale di questi testimoni oculari. I credenti che verranno giungeranno alla fede non attraverso la visione del Signore, ma per mezzo della loro parola predicata e ascoltata.
DAL DUBBIO DI TOMMASO ALLA FEDE DEI FEDELI
Dal tempo apostolico si passa al tempo della Chiesa: al tempo della fede che nasce dalla testimonianza di coloro che hanno visto. Tommaso rappresenta chi dubita della risurrezione: una reputazione non del tutto positiva per la sua « poca fede ». Ma in verità, Tommaso rappresenta tutti: come credere, senza aver visto con i propri occhi?
Nell’incontro con Tommaso, Gesù sembra cedere alle sue richieste: lo invita a « toccare con mano » la nuova realtà del Risorto. Ma soprattutto lo invita a credere. E non sembra che Tommaso abbia toccato il Signore prima di pronunziare la sua professione di fede.E sulla parola che l’apo-stolo crede a Cristo, con una confessione rimasta incisa nella storia dell’umanità. La sua confessione di fede rappresenta il riassunto di tutto il Vangelo e ha una nota personale molto marcata: « Mio Signore e mio Dio !». Tommaso riconosce in Gesù il Signore ( il Kyrios, titolo divino per eccellenza) e il Figlio di Dio. Sarà seguita dall’ultima beatitudine riservata a coloro che hanno creduto senza vedere. Alla gioia del primo incontro segue la gioia della fede.
Ogni battezzato è invitato a esprimere lo stesso atto di fede nei confronti del Risorto e a gioire per questa nuova beatitudine, l’ultima, che interpella tutti i credenti. E’ formulata proprio per coloro che verranno, che crederanno senza aver visto con gli occhi della carne. Beato chi crede sulla parola dei testimoni e ha quella fede che nasce dall’ascolto. Una fede che riposa sull’esperienza comunitaria degli apostoli e che richiede la testimonianza di chi proclama con le parole e le opere che il Risorto è il Signore della vita !
PREGHIERA
Apostoli del Signore, Avete ricevuto la missione
non attendevate nessuna novità. Che lui stesso aveva dal Padre,
Sulla pietra del sepolcro per voi avevate bisogno dello Spirito
era scritto: fine!, la parola e ne siete stati riempiti.
capace di uccidere la speranza. Anch’io, grazie a voi, ho ricevuto
Tre giorni di paura, voglia il perdono che rende nuovi,
di tornare ognuno a casa sua. e, grazie a Tommaso, credo
E poi la più incredibile realtà: senza vedere e sono beato.
« Pace a voi », ed è lui, vivo.