Gesù, ridonando la vita al giovane di Nain, preannunzia che Egli è la risurrezione e la vita.
5 GIUGNO – X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In ogni domenica, quando ci raduniamo per la preghiera eucaristica, il Signore diventa per noi sorgente di ogni bene, poiché siamo invitati alla mensa che Dio prepara per i suoi figli, non per i nostri meriti, essendo spesso noi peccatori, ma per un dono del suo immenso amore. Dio non solo ci accoglie ma ci dona anche la forza del suo Spirito, che ci sostiene nella speranza pur tra le prove della vita quotidiana.
Dall’incontro domenicale con il Signore riparte tutta la nostra settimana, con le sue difficoltà, tentazioni, per cui nella preghiera chiediamo che con le armi della fede, della speranza e della carità, possiamo vincere le tentazioni del maligno.
Nella Colletta iniziale diciamo: « O Dio, consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte con la speranza che splende sul volto del Cristo; fa’ che nelle prove del nostro cammino restiamo intimamente uniti alla passione del tuo Figlio, perché si riveli in noi la potenza della sua resurrezione ».
Prima Lettura: 1 Re 17, 17-24.
Poiché il figlio della vedova di Sarepta, che aveva ospitato Elia, si era ammalato gravemente cessando di respirare, ella chiamò il profeta e gli disse: « Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio? ». Il profeta prendendogli il figlio dal seno lo portò nella stanza superiore della casa e dopo averlo steso sul letto, così pregò: « Signore, mio Dio, vuoi far del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio? ». E stendendosi tre volte sul bambino invocò il Signore, perché facesse ritornare la vita al corpo del bambino. Poiché il Signore ascoltò la sua preghiera e quello ritornò a vivere, lo portò giù dalla stanza superiore e lo restituì alla madre, dicendole: « Guarda! Tuo figlio vive ». Allora la donna riconobbe che Elia era un uomo di Dio e che la parola del Signore sulla sua bocca era verità Per quello che il Signore ha compiuto conferma il profeta Elia nella sua missione: infaticabile e perseguitato annunziatore del vero Dio di fronte ai falsi profeti di Baal. Gesù un giorno, dopo la sua risurrezione, tornerà personalmente a vita nuova divenendo, per quanti accolgono la sua parola e la sua testimonianza di Figlio di Dio, principio e primizia di risurrezione. Gesù, come avviene per il figlio della vedova di Naim, si avvicinerà a noi e ci risveglierà dalla morte, sia da quella spirituale liberandoci dal peccato, che da quella del corpo, quando tutta quanta la creazione, liberata dalla corruzione della caducità, sarà trasformata alla maniera del Cristo risorto: così saremo risaliti dalla vita degli inferi e rivivremo in Dio.
Seconda Lettura: Gal 1,11-19,
Ai Gàlati Paolo ricorda che il Vangelo da lui annunziato non è modellato né lo ha imparato dagli uomini, ma lo ha ricevuto per rivelazione diretta di Gesù; che era stato sostenitore accanito delle tradizioni dei padri e che, con la sua condotta precedente di persecutore feroce, aveva devastato la Chiesa di Dio con accanimento maggiore dei suoi coetanei e connazionali. Scrive che da quando Dio lo ha scelto e chiamato fin dal seno materno e con la sua grazia si compiacque di rivelare suo Figlio, egli ha iniziato ad annunziarlo in mezzo ai pagani, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme per confrontarsi con coloro che erano apostoli prima di lui, recandosi prima in Arabia e poi a Damasco. Solo dopo tre anni è salito a Gerusalemme per conoscere Cefa e, stando presso di lui per quindici giorni, poté confrontarsi con lui. Degli altri apostoli, vide solo Giacomo, il fratello del Signore. L’accoglienza della Parola di Dio e la rivelazione del Vangelo di Gesù Cristo significa per noi oggi entrare nella relazione di amore del Signore che ci ama immensamente, avendoci scelti per sua grazia e non per nostri meriti.
Vangelo: Lc 7,11-17.
La pericope evangelica, oggi, ci racconta di Gesù, che mentre entra nella città di Nain, con i discepoli e grande folla, vede portare alla tomba un morto, figlio unico di una donna rimasta vedova, accompagnata da molta gente. Preso da compassione per lei, Gesù le disse: « Non piangere! ». Avvicinatosi, toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi rivoltosi verso il morto disse: « Ra-gazzo, dico a te, alzati! ». Il morto si mise seduto, cominciò a parlare e lo consegnò alla madre, mentre tutti, presi da timore, glorificavano Dio dicendo che un grande profeta era sorto tra loro e che Dio aveva visitato il suo popolo.
Così la fama di lui si diffuse per tutta la Giudea e nella regione circostante. Gesù, preso da compassione per quella povera donna vedova, con la sua autorevolezza richiama il ragazzo alla vita e l’evento richiama il miracolo di Elia, che preannunziava il tempo messianico della risurrezione. Il gesto compiuto da Gesù è, nell’espressione della gente, un riconoscimento che Dio non ha dimenticato il suo popolo, anche se ancora non si è pienamente disvelato l’opera di Gesù di Nazaret che, come Messia e Dio, sarà fonte della vita perché, vincendo la morte e risorgendo, diviene primizia e causa di risurrezione per tutta l’umanità. Gli apostoli e i credenti ne prenderanno coscienza quando Gesù risorgerà da morte, anticipando così la consapevolezza che tutti siamo chiamati ad essere partecipi della sua risurrezione alla fine dei tempi.
Ultimo aggiornamento (Domenica 05 Giugno 2016 08:18)