





SPERIMENTIAMO LA MISERICORDIA DI DIO.
27 APRILE – II DOMENICA DI PASQUA – Anno C.
Domenica in Albis o « della misericordia ».
In questa Domenica « in Albis », chiamata così per la veste bianca, simbolo della rigenerazione avvenuta nel battesimo ricevuto la notte di Pasqua; o anche « della divina Misericordia », per il mandato che Gesù dona agli apostoli, la sera della risurrezione, apparendo loro e dando lo Spirito Santo, la Chiesa ripensa all’opera di Cristo, morto per gli uomini, e ci fa riprendere coscienza del nostro Battesimo, che è stato il nostro ingresso nel suo mistero pasquale. Alle meraviglie operate da Dio in noi, alla rigenerazione operata in Cristo, mediante la nostra partecipazione alla sua morte e risurrezione, dobbiamo far corrispondere il frutto di una vita nuova, dando una testimonianza nelle nostre opere di Gesù Vivente. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia ci rivolgiamo al Padre dicendo:« O Padre di misericordia, che in questo giorno santo raduni il tuo popolo per celebrare il memoriale del Signore morto e risorto, effondi il tuo Spirito sulla Chiesa perché rechi a tutti gli uomini l’annunzio della salvezza e della pace.Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: At 5,12-16.
La lettura di oggi degli Atti ci propone la vita che conducevano coloro che avevano accolto l’annunzio pasquale degli apostoli e che avevano aderito alla fede nel Signore risorto: « Tutti erano soliti stare insieme, nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esalta-va ». Nuovi credenti si aggiungevano e portavano ammalati persino nelle piazze, con lettucci e barelle, perché anche la sola ombra di Pietro, passando tra loro, coprendo qualcuno venisse guarito. Dalle città vicine a Gerusalemme la folla accorreva e portava malati e persone tormentate da spiriti impuri e venivano guariti. La comunità del Signore cresceva per la fede nel Signore, per la parola, la testimonianza degli apostoli e anche per le guarigioni che avvenivano, come per lo storpio guarito, che chiedeva l’elemosina alla Porta Bella del tempio, nel nome di Gesù. I miracoli di Gesù continuavano così ad opera degli apostoli: tutto questo era segno della presenza già operante del Regno di Dio, che Gesù aveva instaurato tra gli uomini Erano segno della redenzione spirituale e del rinnovamento degli uomini. Anche le guarigioni, che avvenivano nel corpo, erano preannunzio della pienezza della risurrezione finale, inaugurata da Cristo risorto, primizia della risurrezione di tutti.
Seconda Lettura: Ap 1,9-11.12-13.17-19.
San Giovanni apostolo, all’inizio del Libro dell’Apocalisse, ci descrive, mentre si trovava nell’isola di Patmos, preso dallo Spirito, nel giorno del Signore, quello che una voce potente, come di tromba, dietro di lui gli disse: « Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese ».
Oltre alla voce, vide, voltandosi, sette candelabri d’oro e in mezzo ad essi un Figlio d’uomo, con abito lungo econ una fascia d’oro al petto. Cadendo come un morto ai suoi piedi per la visione, egli, toccandolo con la destra, gli disse:« Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi », e gli intimò di scrivere le cose presenti viste e quelle che devono accadere in seguito. Nel Giorno del Signore, cioè la Domenica, Giovanni fa la memoria del Signore risorto. Questo giorno, assimilato agli altri giorni, porterebbe facilmente, come di fatto accade, a dimenticarsi di Cristo e svanirebbe la memoria del Signore nell’Eucaristia.
Giovanni vide Gesù morto e risorto, il Primo e l’Ultimo, il Vivente, colui che sostiene la storia e le conferisce significato e continua rinascita. Per la fede cristiana è il Signore Gesù che conduce ugualmente a compimento il disegno salvifico di Dio, poiché egli vive per sempre e ha potere sulla morte e sulle forze infernali degli Inferi. Dobbiamo quindi sentire viva la vittoria di Cristo sulla morte, nutrendo nel cuore fiducia incrollabile nella potenza della sua resurrezione, perché anche a noi dice: « Non temere!». E soprattutto, quando siamo presi dalla sfiducia e dall’avvilimento nei momenti di scoraggiamento, sentircelo dire cifa riprendere il cammino della testimonianza di lui con coraggio e perseveranza, come ci testimonia Giovanni, relegato nell’isola di Patmos, a causa della Parola di Dio e della sua testimonianza del Signore.
.Vangelo: Gv 20,19-31.
Nel brano evangelico riviviamo l’incontro che avvenne, il giorno dopo il sabato, primo giorno della settimana, di Gesù risorto con gli apostoli, a cui dona la sua pace e l’insieme dei beni che il mistero della Pasqua ha procurato agli uomini: la grazia, la gioia, la speranza, per cui dà mandato, dopo aver effuso il suo Spirito su di loro, di perdonare i peccati nel suo nome.
Così con l’effusione dello Spirito, ci possono essere rimessi i peccati: la Chiesa, con la missione affidata ad essa tramite il ministero degli apostoli, è il luogo e il sacramento della misericordia e del perdono, dal momento che in essa vive lo Spirito Santo. Non sono ministri della Chiesa che tra- smettono la propria santità ma lo Spirito che sa rinnovare e purificare la vita.
In questo primo incontro non è presente Tommaso, a cui i dodici dicono di aver visto il risorto. Poiché egli dice loro che non avrebbe creduto se prima non avesse visto i segni dei chiodi e toccato le sue piaghe, Gesù riappare otto giorni dopo, e a Tommaso che era presente, gli dice: « Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente! ». Davanti a tutto questo Tommaso esprime la sua professione di fede, riconoscendo Gesù come Signore e Dio. Se noi, come dice Gesù a Tommaso, crediamo senza aver visto e sperimentato saremo beati. E se accogliamo, come scrive san Giovanni nel Vangelo, i segni che sono stati scritti su Gesù e la sua opera, credendo che Egli è il Cristo, il Figlio di Dio, allora avremo la sua vita divina nel suo nome.
Ecco chi è Gesù ed ecco a che cosa tende la predicazione e la narrazione stessa del Vangelo: a fare scoprire in lui il vero Dio e il Signore glorioso. Per questo siamo chiamati fedeli e discepoli. Solo che la nostra fede non deve vacillare.
TESTIMONI DEL SIGMORE RISORTO, RINNOVIAMOCI NEL SIGNORE.
20 APRILE – DOMENICA DI PASQUA.
Il « Giorno dopo il Sabato » primo giorno della settimana Gesù risorge da morte, perché con questo evento inizia una nuova creazione, che irrompe nella storia. Ma la fede de i protagonisti dell'evento è incapace di vedere la luce che brilla per l'umanità per la risurrezione del Cristo.
Tutti corrono al sepolcro, compiendo un percorso di fede, attratti dalla notizia, data da Maria di Magdala che si è recata al sepolcro, spinta dal suo amore per il maestro, desiderosa di compiere un gesto di pietà per il suo corpo, ma il cadavere di Gesù non è più dove l'avevano deposto.
Avendo visto la pietra ribaltata, corre dai discepoli portando un annunzio di tristezza: « Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! » Ella pensa ad un furto. Pietro e Giovanni, vanno di corsa, ma senza la gioia di ciò che l'annunzio voleva dare, la risurrezione del maestro. Entrambi, arrivati, vedono i teli posati là in disparte, ma costatano solo segni di morte. Tutto sembra dire che la morte ha avuto il sopravvento. Forse anche noi abbiamo lo stesso senso di morte quando vediamo immigrati sommersi nel mare, malati che cercano pace e trovano violenza, popoli che cercano cibo e acqua e si scontrano contro leggi dell'economia che sono solo a favori degli interessi di pochi. In noi regnano spessi segni di morte, anche se siamo vivi biologicamente. I segni che i due osservano sono muti, ma Giovanni, con due soli verbi, « vide e credette », esprime l'inizio della sua fede, perché « non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti ». I segni, che la fede ci propone, sono muti, se non sono letti alla luce della Scrittura, letta e ascoltata a partire dall'esperienza dell'amore di Dio, come lo fu per Giovanni che, aprendosi alla relazione d'amore con Dio, comprese l'eloquenza di quei segni, che così diventano segni del trionfo della vita del Risorto. E' al risurrezione che vince la morte
Il significato della Pasqua è tracciato in sintesi dal gioioso prefazio di questa santa messa: è il canto dell’umanità all’ « Agnello che ha tolto i peccati del mondo », che « morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato la vita ». Non sono termini vuoti, se abbiamo passato questi giorni nell’accoglienza della Parola di Dio, nella conversione che ha cambiato il cuore, nell’esperienza del perdono.
A giudizio esterno, non illuminato dalla fede e quindi superficiale, tutto sembrerebbe come prima, come sempre. Non è così per il cristiano, il quale giudica secondo la valutazione di Dio e di Gesù Cristo. Portiamo ciascuno nel cuore e nell’esistenza la certezza: « Cristo, mia speranza, è risorto ». Ma se è così, cambia tutto.
Prima Lettura: At 10,34.37-43.
Pietro riassume la vicenda di Gesù di Nazaret: non una vicenda qualsiasi ma l’esito fedele dell’annunzio dei profeti. Iniziata sotto il segno dello Spirito, svolta nell’esercizio della bontà e della potenza risanatrice e liberante, finita nella crocifissione, la vita di Gesù si è conclusa nella risurrezione. Gesù di Nazaret è costituito il Giudice universale. Adesso si tratta di aderire a lui con la fede, poiché da lui proviene la remissione dei peccati. Tutti gli uomini sono coinvolti negli avvenimenti di Gesù che la celebrazione pasquale della Chiesa ha ripreso e proclamato solennemente, risentendo la testimonianza di Pietro e degli altri, che hanno vissuto il contatto con il Cristo terreno e con il Cristo risorto.
Quindi non si tratta di avvenimenti superati, appartenenti alla cronaca o alla storia del passato. La vita di Gesù e la sua esistenza, ci interpellano adesso, dalla nostra risposta dipende la nostra salvezza.
Seconda Lettura: Col 3,1-4.
Per san Paolo un cristiano è uno già risuscitato con Cristo. Infatti un cristiano è tale perché riceve lo Spirito Santo, che porta nel nostro cuore Gesù risorto da morte. Ma se questo è vero, dice l’apostolo, il desiderio del cristiano aspira a Gesù, glorioso alla destra del Padre. Un vincolo reale lo lega al Signore, lo nasconde in lui.
Si direbbe che la vita del cristiano ha due livelli: quello che si vede, e che non è il più vero e il più consistente, e quello che non si vede, e che invece è il più autentico ed è costituito dalla sua relazione con Gesù Cristo.
Seconda Lettura: 1Cor 5,6-8.
Il credente è una creatura tutta nuova: nessun legame, nessun lievito, dice san Paolo, deve implicarlo con la vita di prima. Il lievito significa la malizia, l’insincerità, la menzogna: in una parola, tutto quanto non costituisce la vita redenta, ma quella ancora che sta sotto la forma, il segno e la forza del peccato.
Vangelo: Gv 20,1-9.
Davanti alle prove, alle tracce che Cristo è risorto, e nonostante la parola stessa di Gesù che l’aveva preannunziato, gli apostoli fanno fatica a credere che egli è risorto da morte. Per Maria di Magdala l’hanno portato via. Se Pietro entra nel sepolcro e constata soltanto, nel discepolo che Gesù amava subito si accende la certezza della fede: dinanzi a quei segni non si limita a vedere, crede, Sarà laboriosa a nascere e a imporsi a loro la fede nella risurrezione. Poi diventerà l’irresistibile convinzione, che darà senso a tutta la missione e a tutta la vita degli apostoli, testimoni del Risorto.
AUGURI DI SERENA E SANTA PASQUA NEL SIGNORE A TUTTI VOI.
DIO APRE NUOVE VIE.
6 APRILE – V DOMENICA DI QUARESIMA.
Come membra vive del corpo di Cristo, vivendo nella comunione con il suo Corpo e Sangue, siamo inseriti in una relazione vitale con lui. Se anche non possiamo scampare dalla morte fisica, questa unione è però pegno di risurrezione. Ma si può giungere alla gloria della vita eterna solo se prima siamo partecipi della passione redentrice di Gesù. Egli ci invita a morire come lui, come il seme che muore e produce molto frutto. Dall’Eucaristia, ancora, ci viene la forza dello Spirito, che ci fa vivere come nuove creature, siamo resi partecipi del suo Corpo mistico e ci viene anticipata la caparra della gloria futura della vita celeste. Cristo nella vita terrena ci è di compagno e, come il buon samaritano, ha compassione della nostra miseria e perdona ogni nostra colpa.
Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo al Padre: « Dio di misericordia, che hai mandato il tuo Figlio unigenito non per condannare ma per salvare il mondo, perdona ogni nostra colpa, perché rifiorisca perché rifiorisca nel cuore il canto della gratitudine e della gioia Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura Is 43,16-21.
Nel ricordo del passaggio nel Mar Rosso, in cui Dio aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo alle acqua e furono sommersi i cavalli con i loro carri, esercito ed eroi insieme, che giacciono morti e più non si rialzeranno perché estinti, il Signore dice per bocca del profeta: « Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? ». Per la potenza del Signore avverranno cose nuove: nel deserto aprirà una strada, nella steppa immetterà fiumi e tutti, bestie selvatiche, sciacalli e strizzi glorificheranno il Signore, perché avrà fornito acqua per dissetare il suo popolo, che Egli ha plasmato per sé, popolo che lo celebrerà con le sue lodi.
Dio infatti con il suo intervento libererà il popolo dalla schiavitù di Babilonia, si renderà incessantemente presente in mezzo ad Israele e sarà fedele alle sue promesse. Questo sarà un nuovo esodo, una nuova creazione, per cui il passato non si ricorderà più. Un popolo nuovo darà lode a Dio. Con la Pasqua del Cristo avverrà una definitiva liberazione, un esodo che non si ripeterà più, perché sorgerà un popolo eletto che farà salire a Dio la celebrazione delle lodi. La Chiesa, Corpo mistico di Cristo, comunità di coloro che accolgono di far parte di questo popolo nuovo, eleverà con lui Capo, la lode perenne a Dio.
Seconda Lettura: Fil 3,8-14.
San Paolo scrive ai Filippesi dicendo di ritenere, di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo, tutto ciò che ha vissuto prima di incontrarlo come spazzatura. Conoscendo Cristo ha ottenuto la vera giustizia, quella che viene dalla fede in lui, la giustizia che viene da Dio e non quella derivante dalla osservanza della Legge. E questo perché egli « possa conoscere il Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dei morti ». Ricorda loro che egli ancora non ha raggiunto la meta della perfezione, ma si sforza di conquistarla, essendo stato conquistato da Cristo. Dice che, dimentico del passato e proteso verso il futuro che gli sta di fronte, corre verso la meta, verso il premio che Dio ci chiama a ricevere, lassù nel cielo, in Cristo Gesù.La conoscenza di Gesù attraverso la sua parola, realizzata con la comunione e la esperienza con lui, vale per il cristiano più di tutto, onori, ricchezze, sicurezze, ecc. e anche della vita, fino a darla nel martirio, così come è avvenuto per Paolo, gli altri apostoli, i martiri. Paolo per « Gesù, suo Signore » si è staccato dalla vita precedente: dai legami e da tutto quello che prima stimava e amava, dalla sua esperienza come fariseo e israelita e dal valore delle opere compiute in nome di una giustizia legale. Gli importa solo di Cristo che lo rende giusto, perché Dio è giusto, mediante la fede. Così Paolo indica a tutti coloro che accolgono Cristo il senso della vita cristiana, per camminare da risorti verso Cristo risorto.
Vangelo: Gv 8,1-11.
Gesù, dopo aver trascorso la notte nel monte degli Ulivi, la mattina si reca nel tempio e si mette ad insegnare a tutto il popolo che si reca da lui. Gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e,per metterlo alla prova e poterlo accusare, gli dicono:« Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Mosè nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ». Gesù, poiché si mette a scrivere per terra ed essi insistono nell’interrogarlo, risponde: « Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei ». Mentre riprende a scrivere per terra quelli se ne vanno uno per uno, dal più giovane al più anziano.Gesù, rimasto solo con la donna, le dice: « Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? » Alla risposta della donna, Gesù replica:« Neanch’ io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più ».
Gesù non condanna la donna peccatrice che gli è stata portata davanti per il giudizio dalla malizia e ipocrisia degli scribi e farisei, i quali, interpellati nella loro coscienza riguardo ai loro peccati, non hanno il coraggio di lapidarla e si rifilano dal farlo. Gesù è venuto non per condannare il mondo ma per salvarlo, come dice a Nicodemo nel colloquio notturno avuto con lui. E‘ venuto per assolvere e offrire il perdono. Egli è venuto a prendere su di sé le iniquità e i peccati morendo in croce e offrire il perdono. Se da una parte, come dice Gesù alla donna, deve esserci il fermo proposito di non peccare da parte del peccatore, dall’altra bisogna avere illimitata confidenza in colui che è venuto, come medico, a cercare la pecorella smarrita, cioè l’intera umanità lontana da Dio. In questo tempo quaresimale, allora, tempo favorevole di grazia, possiamo attingere il perdono di Dio, meritatoci da Cristo, attraverso il ministero della Chiesa, nel sacramento della riconciliazione, e riprendere il cammino di rinnovamento spirituale che la Pasqua vuole farci realizzare nell’oggi della nostra vita, così da essere un giorno partecipi della Pasqua eterna nel cielo.
CELEBRAZIONI QUARESIMALI E PASQUALI
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SETTIMANA SANTA
13 APRILE: Ore 10.00 – BENEDIZIONE DELLE PALME E ULIVI
Nella Cappella di Santa Liberata nella famiglia Consentino
PROCESSIONE IN CHIESA
14 APRILE : Ore 19.00 – Santa Messa. VIA CRUCIS NEL CORTILE DELLA CHIESA.
15 APRILE : Ore 19.00 – Santa Messa.
17 APRILE : Ore 18.00 – Santa Messa del Crisma a Nicosia..
TRIDUO PASQUALE
17 APRILE : Ore 18.30 – CELEBRAZIONE DELLA CENA DEL SIGNORE.
Ore 21.00-24.00 ADORAZIONE EUCARISTICA.
18 APRILE : Ore 15.00 – SOLENNE ADORAZIONE DELLA CROCE.
19 APRILE : Ore 23.00 - VEGLIA PASQUALE
20 APRILE : Ore 08.15 – SANTA MESSA DI PASQUA.
10.30 – SANTA MESSA SOLENNE DI PASQUA.
19.00 - SANTA MESSA VESPERTINA.
######################
Nota Bene.
- Da lunedì a sabato della Settimana Santa, alle ore 7.00 verranno
Celebrate le Lodi e recitato il S. Rosario, con i Figli dell’Amore di
Gesù e Maria.
- Per coloro che desiderano avere benedetta la casa nel periodo pas-
quale devono scrivere il proprio nominativo nel foglio posto nel
tavolino all’ingresso della Chiesa.
Il Parroco.
VIVIAMO NELLA GIOIA DELL'ABBRACCIO DEL PADRE CELESTE.
30 MARZO – IV DOMENICA DI QUARESIMA – “ LAETARE”
Nell’appressarsi della Pasqua affrettiamoci, con “ fede viva e generoso impegno ”, a vivere riconoscendo Gesù, quale Figlio di Dio, che è mandato dal Padre perché gli uomini, come il cieco nato che Gesù guarisce dalla cecità, possano vedere il cammino che Egli ci indica per ritrovare la strada di ritorno alla casa del Padre. Gesù è venuto per guarirci dalla cecità spirituale, liberarci dalle tenebre del peccato, dai « morsi del maligno ».
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia chiediamo a Dio, buono e fedele, che mai si stanca di richiamare gli erranti a vera conversione e, nel suo Figlio innalzato sulla croce che ci guarisce dai morsi del maligno, a «donarci la ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore ». Quando allora ritorniamo come figli pentiti al suo abbraccio paterno rigustiamo la gioia nella cena pasquale dell’ Agnello, come il figlio prodigo per il quale il padre prepara una festa per averlo riavuto sano e salvo.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Padre, che in Cristo crocifisso e risorto offri a tutti i tuoi figli l’abbraccio della riconciliazione, donaci la grazia di una vera conversione, per celebrare con gioia la Pasqua dell’Agnello. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».
Prima Lettura: Gs 5,9.10-12.
Giunti a Galgala gli Israeliti celebrarono la Pasqua al quattordici del mese e il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, azzimi e frumento abbrustolito. Dal giorno seguente la manna cessò. Raggiunta la terra promessa, viene celebrata la Pasqua, memoriale della liberazione, che accompagnerà Israele lungo la sua storia. La Pasqua non sarà un semplice ricordo di un avvenimento di tanti anni fa, ma dovrà essere il segno che assicurava la presenza e la grazia del Signore. Quell’antico riscatto di liberazione è, pur sempre, per noi cristiani, inizio e immagine, come la terra di Canaan, della Pasqua di Cristo, che nel suo sangue ha liberato l’umanità dal peccato per introdurla nella Pasqua eterna del cielo: terra promessa definitiva in cui introdurrà l’umanità nella fase finale della storia di salvezza.
Seconda Lettura: 2 Cor 5,17-21.
San Paolo, ai Corinzi, ricorda che ormai chi è in Cristo è una creatura nuova. Questo rinnovamento viene da Dio che ha riconciliato l’umanità con sé mediante Cristo e ha affidato agli apostoli il ministero della riconciliazione.
Dio così, riconciliando con sé il mondo, non imputa agli uomini le loro colpe e mediante la parola affidata agli apostoli rende questa riconciliazione salvifica nella vita degli uomini. Esorta ancora i Corinzi a lasciarsi riconciliare con Dio: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo; lasciatevi riconciliare con Dio », perché Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo ha fatto peccato in nostro favore e per lui noi siamo diventati giustizia di Dio.
Cristo è morto per noi per amore e noi dobbiamo rispondere a questo amo- re donando la nostra per lui. Viviamo in Cristo, morto e risorto e, vivendo da « nuove creature » rigenerate dalla sua grazia, iniziamo un cammino nuovo di vita santa, abbandonando tutte le cose di peccato passate. Siamo riconciliati con Dio, ricevendo il perdono completamente gratuito suo e senza nostro merito, poiché è di Cristo il merito. Il Sacramento della Riconciliazione, in Quaresima, è certamente un’occasione per vivere intensamente la riconciliazione e attingere copiosamente il perdono di Dio, attraverso il ministero della Chiesa.
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32.
Il Vangelo di questa Domenica, attraverso una delle pagine più belle, la parabola del figlio prodigo, ci fa riflettere e contemplare l’amore grande, misericordioso di Dio nel confronti del figlio minore, da una parte, che si allontana dalla casa del Padre, dal suo amore e, usando negativamente i suoi doni e i suoi benefici, si riduce in una condizione deplorevole e degradante, e verso il figlio maggiore, dall’altra, che non vuole riconoscere né accogliere il fratello che ritorna a casa e, pur facendogli presente, davanti alle sue lamentele, che di tutto lui poteva disporre di quello che era in casa, si rifiuta di entrare e partecipare alla festa che il padre ha preparato per il figlio ritrovato. E’ certo la parabola narrata da Gesù in riferimento ai peccatori e pubblicani che venivano rifiutati ed emarginati da coloro che si ritenevano giusti, scribi e farisei. Ma in essa, al di là del contesto storico di allora, dobbiamo vedere tutti gli uomini. Nel figlio minore sono prefigurati coloro che, come uomini usando negativa-mente i doni che Dio dà ad ognuno o nel contesto religioso di fede si allontanano dal Signore e riducono la loro dignità, come si era ridotto il Figlio prodigo, costretto per sopravvivere a pascolare i porci: per tutti costoro Dio aspetta che ritornino al suo amore, li accoglie nella sua misericordia e per loro prepara la festa. Nel figlio maggiore coloro che pur non si allontanandosi da Dio, nell’una o altra situazione di vita, di credenti o meno, non sanno vedere i doni che Dio dona, il bene che nella sua provvidenza elargisce e pensano che Dio non li tratti secondo i loro desideri, e per di più, non riconoscono il suo amore e non accettano di far festa per i fratelli che ritornano all’amore del Padre, Lontano da Dio l’uomo cerca la sua autonomia, credendo di realizzare meglio la vita. Ma la conclusione di questa esperienza può essere la fame, l’umiliazione, la vergogna, la solitudine. Solo quando l’uomo tocca il fondo del degrado nella sua dignità, ritorna alla memoria della dignità perduta, la coscienza si illumina e può riprende un cammino di ritorno. Ritornando a casa, il figlio della parabola dice al padre: « Padre ho peccato contro il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio ». Dio, come quel padre, attende con amore paterno l’uomo che ritor- na a lui e non cessa di aspettare per riabilitarlo e restituirlo nella dignità filiale, rivestendolo « Col vestito più bello … mettendogli l’anello al dito e i sandali ai piedi » e preparandogli una festa, perché « Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato ».L’atteggiamento di Dio indispettisce chi si crede giusto, chi non è capace di rallegrarsi con il cuore del Padre celeste, ritenendo di avere diritti per aver servito in casa per tanti anni e non aver disobbedito a Dio. Gesù così, accogliendo i peccatori, suscita stupore nei farisei che mormorano. Ma Gesù ha proclamato che: « Si fa Più festa in cielo per un peccatore pentito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione ».
NEI GIORNI DI LUNEDI', MARTEDI', MERCOLEDI' GIOVEDI 31 MARZO- 3 APRILE
ALLE ORE 19.00 CI SONO GLI ESERCIZI SPIRITUALI TENUTI DA PADRE CARMELO GIUNTA.