





ATTENDIAMO, VIGILANDO, LA MANIFESTAZIONE DEL SIGNORE.
30 NOVEMBRE - 1a DOMENICA D’AVVENTO. Anno A
ATTENDIAMO, VIGILANDO, LA MANIFESTAZIONE DEL SIGNORE.
Nel tempo dell’Avvento ripercorriamo il cammino dell’umanità dalle origini fino a Cristo. Così i cristiani vivono, attraverso i segni sacramentali, l’attesa del Signore.
L’attesa del Signore che viene è segno e sacramento di salvezza.
Con l’Avvento inizia per la Chiesa il nuovo anno liturgico. I cristiano riprendono a meditare i misteri, i gesti della vita del Signore, dall’attesa alla nascita, alla vita pubblica, alla passione, morte e risurrezione e al tempo della Chiesa dalla Pentecoste alla fine dei tempi (Parusia).
Questi misteri del Signore non sono lontani nel tempo, sepolti nel passato. Quello che il Signore ha compiuto, il suo valore, la grazia della salvezza rimane ancora. Nella ce- lebrazione liturgica dei misteri del Signore deve crescere in noi la nostra conformità a Cristo, Signore del tempo, il quale non tramonta e, soprattutto nel sacramento dell’Eucaristia, celebrata di domenica in domenica, vi attingiamo la grazia della salvez- za per vivere secondo il progetto che il Padre ha realizzato per mezzo del suo Figlio.
L’Avvento è il tempo dell’attesa del Signore che viene nel Natale, per cui dobbiamo prepararci spiritualmente alla sua venuta. Riascoltando le parole dei profeti, che ci preannunziano questa venuta, riviviamo la speranza dei giusti; la fede di coloro che hanno accolto l’invito del Battista a preparare il cuore ad accogliere colui che sarebbe stato più grande di lui, di cui era precursore; ci uniamo a Maria e Giuseppe. Come loro, anche noi siamo chiamati da Dio Padre ad accogliere il suo Figlio, mandato, nel suo immenso amore per gli uomini, a redimerci da peccato e a renderci suoi figli donandoci con la grazia la vita divina: bisogna, allora, liberare i nostri cuori dagli ostacoli che si frappongono alla sua venuta.
Il Signore, nato umile e povero a Betlemme, viene in noi continuamente tutte le volte che apriamo il nostro cuore al suo amore, alla sua Parola, ai suoi gesti sacramentali. Ma in questo tempo dell’Avvento rendiamoci più attenti, vigilanti, per non lasciar passare invano questo tempo in cui il Signore bussa alla porta dei nostri cuori e ci invita a rimanere con lui. Nella preghiera più intensa, vigile e attenta saremo più pronti ad accogliere il Signore, che viene e ci offre la sua amicizia.
In queste prime domeniche, la liturgia ancora ci fa ripensare alla venuta di Gesù come giudice, che varrà alla fine dei tempi quando la storia sarà conclusa, il cammino della Chiesa giungerà alla meta e la speranza del premio eterno cesserà. Ma poiché per ognuno di noi l’incontro con Cristo avviene nel momento della nostra morte, viviamo in questo nostro tempo non praticando scelte sbagliate. Scuotiamoci dal nostro torpore, accogliamo l’invito dell’Apostolo Paolo a svegliarci dal sonno, a riprendere il cammino di fedeltà, con le lampade della fede, della speranza e della carità accese e con il vivo desiderio di incontrarlo, così da non farci sorprendere impreparati.
La Chiesa, Sposa di Gesù, attende il suo Sposo. In questo cammino non possiamo dissiparci, dimenticare Cristo che vuole continuare a rinascere in noi con i suoi sentimenti, i suoi comportamenti, mentre lo ricordiamo nell’avvenimento della sua nascita storica tra noi. Dobbiamo allora riprendere a vivere nella fedeltà a lui e attenderlo nella preghiera, nella speranza, attraverso opere compiute nella vera giustizia divina, nella carità e fraternità, così come la Parola di Dio ci ripropone.
Nella preghiera iniziale della Colletta preghiamo dicendo: « O Dio, nostro Pa- dre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
« O Dio , che per radunare tutti i popoli nel tuo regno hai mandato il tuo Figlio nella carne, donaci uno spirito vigilante, perché, camminando sulle tue vie di pace, possiamo andare incontro al Signore quando verrà nella gloria. Egli è Dio, e vive e regna con te… ». (Anno A)
Prima Lettura: Is 2,1-5-
Il profeta Isaia, nella visione profetica che ricevette su Gerusalemme, dice che alla «Fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti ». Molti popoli vorranno salire al monte del Signore, « al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri », riconoscendo che da Sion sarebbe uscita la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.
Il Signore farà da giudice e da arbitro fra i popoli e questi, spezzando le spade, ne faranno aratri e con le lance falci; né le nazioni si alzeranno più a combattersi tra loro e non impareranno più l’arte della guerra: cammineranno a luce del Signore. Tutti saranno, secondo questa visione profetica, chiamati ad accostarsi non certo alla Gerusalemme terrena ma, - come dice Gesù - ad un nuovo tempio, che sarà costruito su di lui, come “pietra angolare” , secondo l’espressione di san Pietro. Tutti saranno invitati ad andare verso di lui, da cui sorgerà una nuova umanità, e in cui non ci saranno più discordie ma si collaborerà nella pace.
Seconda Lettura: Rm 13,11-14.
San Paolo scrive ai Romani e li esorta a svegliarsi dal sonno, nella consapevolezza che ormai la salvezza è più vicina di quando si è diventati credenti. E paragonando la prossima manifestazione del Signore come “ il giorno ” e la sua attesa come “ notte avanzata ”, li invita a gettare via « Le opere delle tenebre » e ad indossare « le armi della luce », a comportarsi «onestamente come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie ». In una parola a rivestirsi dei sentimenti e dei comportamenti del Signore Gesù Cristo. Tutti siamo esortati in questo Avvento, nell’attesa di incontrare il Signore, in maniera sacramentale, nel prossimo Natale, ad uscire dal sonno della nostra pigrizia, del peccato e a camminare nella luce del Signore, che la liturgia osanna come “Sole che sorge dall’oriente a diradare le tenebre del male”. Nel Natale dobbiamo rinnovare il nostro cuore, rivestirci dei sentimenti del Signore.
Vangelo: Mt 24,37-44.
Gesù, ricordando i giorni di Noè, in cui gli uomini, nei giorni precedenti il diluvio, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito ed essi, fino a quando egli entrò nell’arca, non si accorsero di nulla e il diluvio li inghiottì tutti, così sarà anche, - dice - alla venuta del Figlio dell’uomo. Nelmomen- to in cui questa avverrà, tra due uomini che sono nel campo uno sarà preso e l’altro lasciato; tra due donne che macinano alla mola una sarà presa e l’altra lasciata. Allora, esorta Gesù, bisogna vegliare perché non si sa in quale giorno il Signore verrà. Bisogna essere pronti e vigilanti, allora, per la venuta del Figlio dell’Uomo, come un padrone di casa che se sa in quale ora della notte viene il ladro non si lascia scassinare la casa, perché non viene preso di sorpresa. Non sapendo quando avviene il nostro incontro con il Signore, alla fine della nostra esistenza terrena, è necessario essere pronti e vigilanti, per cui non temeremo di incontrarlo.
AVVISI PARROCCHIALI
Oggi 29 NOVEMBRE INIZIA LA NOVENA DELL’IMMACOLATA
ORE 18.00 – Santa Messa e Coroncina.
Nelle settimane prossime di questo Avvento, per 4 incontri, nelle famiglie dei quartieri, si terranno delle riflessioni della MISSIONE DIOCESANA. (L’organizzazione è affidata a qualcuno di una famiglia disponibile. Per orari, giorni e famiglie, ogni gruppo si organizzi secondo le proprie disponibilità. Le schede di riflessione verranno recapitate alle famiglie da chi fa questo servizio di animazione).
CRISTO ESERCITA LA SUA REGALITÀ DALLA CROCE.
23 NOVEMBRE – SOLENNITÀ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO.
CRISTO ESERCITA LA SUA REGALITÀ DALLA CROCE.
In questa ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo, la cui regalità si costruisce giorno per giorno con la grazia e l’impegno di testimoniarlo con la fede e la carità operosa verso Dio e i fratelli. La regalità del Signore Gesù non si fonda come le potenze di questo mondo con la violenza o le armi, ma con il suo sacrificio sulla croce, perché egli «Sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della croce è diventato Signore » e con la sua resurrezione ha realizzato il progetto salvifico del Padre a favore dell’umanità intera.
Questo regno, fondato sulla riconciliazione dell’umanità operata da Cristo con il Padre, nelle vicende tristi e dolorose, che la storia spesso ci fa sperimentare e agli occhi di tanti, sembra che neppure sia presente nel mondo. In realtà è presente e vi fanno parte quelli che si uniscono alla passione di Cristo vivendo nella giustizia e nella carità, sono disposti a donare la propria vita come il Cristo e a porsi al servizio dell’uomo nelle sua necessità spirituali e materiali, secondo il suo stile ed esempio.
Nella Colletta di questa solennità preghiamo dicendo: « O Padre, che ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell’amore, liberaci dal potere delle tenebre; perché seguendo le orme del tuo Figlio, possiamo condividere la sua gloria nel paradiso. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».
2 Sam 5,1-3.
Il brano di Samuele ci ricorda quello che fecero le tribù d’Israele alla morte di Saul, loro primo re. Si recarono in Ebron, dove regnava Davide e,riconoscen-dosi « ossa delle sue ossa e carne della sua carne »,e, inoltre, che aveva guidato Israele durante il regno di Saul e ciò che gli aveva detto il Signore: “Tupascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele” , conclusero con lui un’alleanza davanti al Signore e lo unsero re di Israele. La regalità di Davide, pur essendo voluta da Dio, non sarà priva di infedeltà e di numerose ambiguità. Ma un suo discendente, Gesù, il Messia, sarà un re fedele e un pastore perfetto, che guiderà il nuovo Israelee realizzerà, dopoDavide, « suo padre», una regalità secondo il volere di Dio e che non avrà fine.
Col 1,12-20.
Paolo, dopo aver esortato i Colossési a ringraziare Dio che li ha resi partecipi della sorte dei santi nella luce, ricorda come Dio, li ha liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del suo Figlio, per mezzo del quale gli uomini hanno la redenzione e il perdono dei peccati. Ricorda inoltre che Gesù è immagine del Dio invisibile, il primogenito della creazione, perché tutte le cose, celesti e terrestri, visibili e invisibili: « Troni, Dominazioni, Principati e Potenze sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono ». Ancora. Ricordando che Gesù è capo della Chiesa, suo corpo, che « è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti »perché è lui che ha il primato di tutte le cose, dice che « è piaciuto a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose » avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose della terra sia quelle dei cieli.
Paolo professa che Dio, per mezzo e in vista del Figlio, generato non creato e che si è fatto carne, ha creato tutti gli esseri e lo ha posto come modello e primogenito di coloro che risorgono dai morti. Ha dato al Figlio la signoria su tutto il creato, che questi ha riconciliato con il sangue della sua croce: così tutto, uomini e cose, converge nel Cristo e tutto è riconciliato con il Padre. Pur non comprendendo pienamente questo mistero di redenzione e riconciliazione, tutte le cose sono state liberate dal male ed entrano a far parte del regno di Dio, non per un diritto o potere che esse hanno, ma perché riscattate nella morte di Cristo.
Vangelo: Lc 23,35-43.
La scena della crocifissione del Cristo, descritta da Luca, ci rappresenta una varietà di personaggi che sono in rapporto con Signore crocifisso. Il popolo, che in diverse occasioni era stato spettatore entusiasta delle opere benefiche e dei discorsi di Gesù, e che, davanti alla richiesta di Ponzio Pilato, se liberarlo o meno, aveva gridato: « Crocifiggilo! Crocifiggilo! », dice l’Evangeli-sta: « Sta a guardare ». I capi del popolo, che erano stati capaci di farlo condannare, lo deridono dicendo: « Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto ». Pure i soldati lo deridono e, accostandogli la canna inzuppata d’aceto, affermano, anche se inconsapevolmente: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso«. Ancora. La scritta sulla croce dice: «Costui è il re dei Giudei ». E dei due malfattori, crocifissi con lui, uno lo insulta dicendogli: « Non sei tu il Cristo? Salva ter stesso e noi! »; l’altro, invece, rimproverandolo perché, condannato alla stessa pena, non ha nessun timore di Dio e ritenendo Gesù innocente per non aver fatto nulla di male, dice a Gesù: « Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». E Gesù gli risponde: « In verità io ti dico: oggi con sarai in paradiso ». Sulla croce la regalità di Cristo sembra quella di un uomo sconfitto, senza potere né gloria. Non un vincitore ma un vinto, oggetto di scherno, di uno che ha la pretesa di essere re, ma che viene considerato re per burla. Solo il buon ladrone, condannato come Gesù, sa scoprire in lui la regalità di in re innocente, di uno che non ha fatto nulla di male e a cui si affida e raccomanda, perché lo riceva nel suo regno. A questa confidenza Gesù risponde assicurandogli che, in quel giorno stesso della loro morte, lo accoglierà nel suo regno, nel paradiso. Anche noi peccatori, se riconosciamo in « Colui che hanno trafitto » e che attira a sé, il Cristo, il Salvatore e il Re dell’universo e ci affidiamo a lui con assoluta fiducia, potremo sperare di essere un giorno nel suo regno. Anche le colpe, le più gravi, non devono far disperare nessun uomo, perché siamo stati acquistati dal suo amorea prezzo del suo sangue, sparso per la nostra salvezza: dobbiamo solo avere una fede forte e assoluta.
ATTENDIAMO SERENI, NELLE MANI DI DIO, L'AVVENTO DEFINITIVO DEL REGNO DI DIO.O.
16 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, principio e fine di tutte le cose, che raduni l’umanità nel tempio vivo del tuo Figlio, donaci di tenere salda la speranza del tuo regno, perché perseverando nella fede possiamo gustare la pienezza della vita: Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Ml 3,19-20.
Nella visione profetica di Malachia viene preannunziato e paragonato il «giorno rovente » della fine come un forno. Coloro che sono superbi e coloro che commettono ingiustizia, essendo come paglia, bruceranno e non la-sceranno « né radice né germoglio ». Per coloro che invece hanno timore del nome del Signore « sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia ». Nel giorno della venuta del Signore, che viene a giudicare, gli ingiusti, come paglia, nella loro inutilità, riceveranno il castigo degli ingiusti, mentre per i giusti e i santi, che hanno amato e venerato il nome del Signore, sarà giorno di gioia e di vita eterna in lui.
Seconda Lettura: 2 Ts 3,7-12.
Scrivendo ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo, che in mezzo a loro non è stato ozioso, né ha mangiato gratuitamente il loro pane, ma ha lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso, pur avendone il diritto di essere sostenuto per il suo ministero, li esorta a guardare a lui come modello di comportamento da imitare. Avendo sentito che alcuni tra loro vivevano in maniera disordinata, senza far nulla e in continua agitazione, ricorda che, mentre era tra loro, aveva dato come regola: « chi non vuol lavorare, neppure mangi » e, esortando costoro nel Signore Gesù, ordina loro di vivere in tranquillità per guadagnarsi il pane. Poiché alcuni tessalonicesi, pensando che la venuta del Signore fosse imminente, si erano dati a vivere da sfaccendati e alle spalle degli altri, Paolo li esorta a non agitarsi inutilmente e a lavorare: infatti l’attesa cristiana della venuta del Signore non è pigrizia e dissipazione, ma impegno ad attivarsi e ad assolvere ai propri doveri serenamente.
Vangelo: Lc 21,5-19.Gesù, prendendo lo spunto dai discorsi che sentiva fare sul tempio, ornato di belle e preziose pietre e dei doni, a coloro che lo ascoltano, profetizzando, dice: « Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta ». Poiché gli chiedono riguardo al tempo e al segno in cui questo avverrà, Gesù raccomanda di non lasciarsi ingannare, perché molti, nel suo nome, diranno: « Il tempo è vicino» e di non andare dietro a loro. Esorta, inoltre, a non terrorizzarsi quando si sentirà parlare di guerre e rivoluzioni, che dovranno avvenire, perché non sarà subito la fine. Ricordando ancora altri eventi, come il sollevarsi di nazione contro nazione, di regno contro regno, di terremoti, carestie, pestilenze, fatti terrificanti e segni grandiosi nel cielo, Gesù dice: « Prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alla prigioni, trascinandovi davanti ai re e ai governatori, a causa del suo nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché i vostri avversari non potranno resistere né controbattere ». E, preannunziando che saranno traditi persino dai genitori, fratelli, parenti, amici, che alcuni di loro saranno uccisi e saranno anche odiati da tutti a causa del suo nome, li rassicura promettendo che nessun capello del loro capo andrà perduto. Con la loro perseveranza avrebbero salvato la loro vita. La vita dei discepoli, dunque, nel testimoniare la fede e l’amore per il loro Signore, non sarà facile per tutto quello che Gesù preannunzia. Ma essi, fortificati con l’assistenza, la forza e la presenza dello Spirito del Signore nella loro vita, potranno perseverare ed essere così salvi, in mezzo agli eventi, anche disastrosi, di cui sarà intessuta la storia del mondo e degli uomini. La distruzione di Gerusalemme che avverrà ad opera dell’imperatore romano Tito nel 70 d. C. prima e in seguito da Adriano, prefigurerebbe lo sfacelo e gli sconvolgimenti che sarebbero accaduti nel mondo.
ATTENDIAMO SERENI, NELLE MANI DI DIO, L'AVVENTO DEFINITIVO DEL REGNO DI DIO.O.
16 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, principio e fine di tutte le cose, che raduni l’umanità nel tempio vivo del tuo Figlio, donaci di tenere salda la speranza del tuo regno, perché perseverando nella fede possiamo gustare la pienezza della vita: Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Ml 3,19-20.
Nella visione profetica di Malachia viene preannunziato e paragonato il «giorno rovente » della fine come un forno. Coloro che sono superbi e coloro che commettono ingiustizia, essendo come paglia, bruceranno e non la-sceranno « né radice né germoglio ». Per coloro che invece hanno timore del nome del Signore « sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia ». Nel giorno della venuta del Signore, che viene a giudicare, gli ingiusti, come paglia, nella loro inutilità, riceveranno il castigo degli ingiusti, mentre per i giusti e i santi, che hanno amato e venerato il nome del Signore, sarà giorno di gioia e di vita eterna in lui.
Seconda Lettura: 2 Ts 3,7-12.
Scrivendo ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo, che in mezzo a loro non è stato ozioso, né ha mangiato gratuitamente il loro pane, ma ha lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso, pur avendone il diritto di essere sostenuto per il suo ministero, li esorta a guardare a lui come modello di comportamento da imitare. Avendo sentito che alcuni tra loro vivevano in maniera disordinata, senza far nulla e in continua agitazione, ricorda che, mentre era tra loro, aveva dato come regola: « chi non vuol lavorare, neppure mangi » e, esortando costoro nel Signore Gesù, ordina loro di vivere in tranquillità per guadagnarsi il pane. Poiché alcuni tessalonicesi, pensando che la venuta del Signore fosse imminente, si erano dati a vivere da sfaccendati e alle spalle degli altri, Paolo li esorta a non agitarsi inutilmente e a lavorare: infatti l’attesa cristiana della venuta del Signore non è pigrizia e dissipazione, ma impegno ad attivarsi e ad assolvere ai propri doveri serenamente.
Vangelo: Lc 21,5-19.Gesù, prendendo lo spunto dai discorsi che sentiva fare sul tempio, ornato di belle e preziose pietre e dei doni, a coloro che lo ascoltano, profetizzando, dice: « Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta ». Poiché gli chiedono riguardo al tempo e al segno in cui questo avverrà, Gesù raccomanda di non lasciarsi ingannare, perché molti, nel suo nome, diranno: « Il tempo è vicino» e di non andare dietro a loro. Esorta, inoltre, a non terrorizzarsi quando si sentirà parlare di guerre e rivoluzioni, che dovranno avvenire, perché non sarà subito la fine. Ricordando ancora altri eventi, come il sollevarsi di nazione contro nazione, di regno contro regno, di terremoti, carestie, pestilenze, fatti terrificanti e segni grandiosi nel cielo, Gesù dice: « Prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alla prigioni, trascinandovi davanti ai re e ai governatori, a causa del suo nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché i vostri avversari non potranno resistere né controbattere ». E, preannunziando che saranno traditi persino dai genitori, fratelli, parenti, amici, che alcuni di loro saranno uccisi e saranno anche odiati da tutti a causa del suo nome, li rassicura promettendo che nessun capello del loro capo andrà perduto. Con la loro perseveranza avrebbero salvato la loro vita. La vita dei discepoli, dunque, nel testimoniare la fede e l’amore per il loro Signore, non sarà facile per tutto quello che Gesù preannunzia. Ma essi, fortificati con l’assistenza, la forza e la presenza dello Spirito del Signore nella loro vita, potranno perseverare ed essere così salvi, in mezzo agli eventi, anche disastrosi, di cui sarà intessuta la storia del mondo e degli uomini. La distruzione di Gerusalemme che avverrà ad opera dell’imperatore romano Tito nel 70 d. C. prima e in seguito da Adriano, prefigurerebbe lo sfacelo e gli sconvolgimenti che sarebbero accaduti nel mondo.
» GESÙ OFFRÌ E CONSACRÒ PER TUTTI IL TEMPIO DEL SUO CORPO »
9 NOVEMBRE 2025 – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
» GESÙ OFFRÌ E CONSACRÒ PER TUTTI IL TEMPIO DEL SUO CORPO »
In questa Domenica la Chiesa celebra la FeÔsta della Dedicazione della BASILICA LATERANENSE, cioè la Basilica Cattedrale della Chiesa di Roma, ritenuta madre di tutte le Chiese di Roma e del mondo, eretta da Costantino nel 314-315 d.C. e sede del Papa, in quanto vescovo di Roma e successore di Pietro, la roccia della Chiesa, a cui Gesù a non affidò il compito di « confermare nella fede i suoi fratelli ».
Nella preghiera iniziale chiediamo al Padre celeste, dicendo « O Dio, che con pietre vive e scelte prepari una dimora eterna per la tua gloria, , continua ad effondere nella Chiesa la grazia che le hai donato, perché il popolo dei credenti progredisca sempre nell’edificazione della Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo…»
Questa festa della Dedicazione, celebrata in tutto il mondo cattolico di rito romano e ambrosiano, vuole esprimere la comunione di fede con questa « Chiesa madre ».
Prima Lettura : Ez 47,1-2.8.9.12.
Ezechiele, nella sua visione profetica descritta nella Prima Lettura, vede scaturire dal tempio acque salubri, che danno vita a sorgenti perenni. Questo tempio sarebbe un’immagine del nuovo tempio del Corpo di Cristo, da cui sgorga lo Spirito che sarebbe stato effuso sui credenti in lui e che avrebbe ridato vita nuova e feconda all’ umanità. E come le acque della visione dove giungevano, risanavano, così lo Spirito del Padre e del Figlio avrebbe ridato vitalità nuova ai credenti, purificando e risanando le anime, che avrebbero prodotto frutti abbondanti di grazia e di bene.
Seconda Lettura: 1 Cor 3,9-11.16-17.
San Paolo scrive ai Corinzi dicendo che il nuovo e vero tempio non è formato da pietre materiali in edificio esteriore, ma dai credenti in Cristo, che in lui, pietra viva e angolare, sarebbero stati edificati, come anche san Pietro scrive ai cristiani. Questi, dallo Spirito Santo che inabita in loro, sono resi tempio vivente del Cristo, su cui edificare la propria esistenza se non si vuole andare in rovina, coma la casa della parabola fondata sulla sabbia. La santità di questo tempio spirituale, costituito su Cristo dai credenti, è garantita dalla santità di Dio, dalla loro adesione di fede a Lui e dalla testimonianza delle opere buone che continuano l’opera del regno del Signore.
Vangelo : Gv 2,13-22.
Nel Vangelo di questa festa, Gesù ribadisce che il vero culto a Dio non è legato tanto ad un edificio materiale quanto al culto che sale dai cuori purificati, in spirito e verità, come disse alla samaritana. Riafferma davanti ai Giudei, soprattutto, prendendo lo spunto dal tempio materiale, ridotto ad un luogo di mercato, distruggendo il quale « io in tre giorni lo farò risorgere », (intendendo il suo corpo, come annota l’evangelista Giovanni ), che sarà il suo Corpo risorto il nuovo tempio, la sua persona ricolma dello Spirito. La lode e l’adorazione che allora dovrà essere rivolta al Padre deve avvenire in comunione con lo zelo religioso di Gesù, che nell’Eucaristia, sacramento pasquale del suo sacrificio al Padre, trova la sua massima espressione e la nostra sacramentale e reale partecipazione.
Nel banchetto eucaristico, in cui celebriamo il mistero della passione e risurrezione di Cristo, attualizziamo questo evento che è unico, del passato, ma che lo Spirito del Padre e del Figlio ci rendono presente nel nostro oggi, ma vi dobbiamo partecipare con fede.
La partecipazione non può essere passiva, ma assumiamo con impegno il Corpo e Sangue che il Signore ha offerto nella passione per la nostra salvezza. Alla passione è seguita la risurrezione, per cui noi, nell’Eucaristia e da essa, attingiamo la « speranza della gloria », a cui parteciperemo in quanto il Corpo e il Sangue di Gesù sono caparra dei beni futuri.





