





CRISTO SALE AL PADRE
20 MAGGIO - ASCENSIONE DEL SIGNORE
CRISTO SALE AL PADRE
Gesù è il Vivente. Al termine della sua missione terrena è asceso al cielo. L’Ascensione del Signore non è un episodio da considerare isolata-mente ma un aspetto del mistero pasquale.
Collocato tra la Pasqua e la Pentecoste, è la celebrazione di quel frattempo che intercorre tra lo scomparire del Risorto e una nuova forma di presenza. In questo frattempo, Gesù prepara gli apostoli e i suoi discepoli, la Chiesa nascente, a vivere la sua stessa missione che egli ha trasmesso loro e che potranno realizzare proprio grazie alla sua nuova presenza, non più fisica ma spirituale, e sotto l’azione dello Spirito Santo che presto riceveranno.
L’Ascensione celebra la conclusione dell’azione fisicamente visibile del Risorto e la realizzazione del dono dello Spirito Santo. Inizia così un nuovo tipo di rapporto, un’altra modalità della presenza di Cristo. L’Ascensione scandisce il tempo che separa gli Undici dall’inizio della loro missione, che è la continuità di quella di Gesù. Missione che, per ogni discepolo di Cristo, si realizzerà nella storia proprio grazie alla sua nuova presenza: non più fisica ma spirituale.
L’INNALZAMENTO AL PADRE E LA MISSIONE
Dal principio alla croce, Dio consegna all’uomo un profondo mistero: quello dell’abbassamento del Figlio nella sua incarnazione. Dalla morte alla gloria alla destra del Padre, Dio ne consegna un altro: quello dell’esaltazione del Figlio, di Gesù di Nazaret, il Signore dell’universo.
Dopo la sua risurrezione, Gesù è innalzato al Padre: con l’Incarnazione Cristo ha assunto la condizione umana, ed ora l’umanità sale con lui, nella gloria. Dio si è abbassato non solo per mostrare la grandezza di Dio, ma per prendere per mano l’uomo e condurlo con sé sul cammino del Regno.
Come gli apostoli fermi a guardare il cielo, anche i credenti possono rimanere affascinati davanti al mistero dell’Ascensione ed essere tentati di rimanere nostalgicamente ancorati al passato.
Oggi il Signore ascende al cielo. E mentre chi sperimenta con gli apostoli l’assenza fisica del Signore si chiede guardando al cielo: « Ora cosa sarà? », il Vangelo rimanda alla concretezza della terra e alla missione. Missione che Paolo riprende e illustra nel brano odierno della lettera agli Efesini.
Il Risorto che ha costituito gli Undici suoi collaboratori per andare ben al di là delle frontiere della Palestina, oggi invia ogni credente in tutto il mondo per proclamare il Vangelo ad ogni creatura.
NELL’ATTESA DEL RITORNO DEL SIGNORE
La festa i oggi congiunge la pagina di Marco e degli Atti. Si potrebbe dire che è l’interfaccia della terra e del cielo. Della terra che Cristo lascia per raggiungere il Padre; del cielo, patria dei credenti e che già abitano nella speranza di condividere un giorno il destino del loro Signore.
Il ministero terreno di Gesù ha preparato il tempo della Chiesa e del Vangelo, che durerà fino al suo ritorno. La liturgia odierna sottolinea come la Pasqua è il mistero centrale di Cristo, perché ormai il cielo è ri-aperto e i cristiani hanno libero accesso a Dio grazie al sacrificio di Cristo.
Gesù tornerà visibilmente alla fine della storia: è la certezza che la festa di oggi lascia ai cristiani di tutti i tempi. Il Signore non li abbandonerà, ma sarà con loro fino al suo ritorno. I cristiani guardando Gesù ascendere al Padre sanno a quali altezze Dio vuole elevare tutti i credenti. Essi sono chiamati a rendere grazie a Dio con la vita per le meraviglie che ha compiuto: a proclamare ovunque la bella notizia di Cristo, del Risorto, donando al mondo i « segni » della sua presenza nella storia; a seguire fedelmente la vocazione ricevuta nel battesimo, in un cammino di fede e di croce. Il tutto con grande umiltà, dolcezza e pazienza, sopportando gli altri con amore, per custodire l’unità dello Spirito nella pace. E’ questa la comune vocazione per formare un solo Corpo nello Spirito: il Corpo di Cristo, la Chiesa.
Elevato al cielo, Cristo indica ai suoi il nuovo orizzonte dell'Umanità salvata: essere sempre con Dio. Egli associa al suo trionfo ogni battezzato, così i credenti sono già il popolo santo di Dio che ha vinto la morte ed è entrato con Cristo nel santuario del Cielo.
PREGHIERA
Signore Gesù, Anche noi non abbiamo capito,
hai compiuto la tua missione siamo spauriti e ci chiudiamo
e ritorni al Padre, ma nelle sacrestie, guardiamo
i tuoi amici ancora non il cielo e non ti vediamo più.
hanno compreso tutto. Mandaci due angeli che ci
Hai promesso il tuo Spirito rimproverino, ci spingano
e li hai invitati a prepararsi a pregare per aprire il cuore
pregando e amandosi allo Spirito e invadere il mondo
prima di andare nel mondo.
GESU' COMUNICA L'AMORE DEL PADRE.
6a DOMENICA DI PASQUA
GESU’ COMUNICA L’AMORE DEL PADRE
Gesù ci ha fatto vedere e conoscere l’amore di Dio. Per amore il Padre ha donato il suo unico Figlio, come vittima di espiazione per il peccato dell'’uomo. E’ un amore senza limiti che giungendo a tanto dimostra fi-ducia nella capacità dell’uomo di imparare ad amare da Dio. Da poveri peccatori, Dio trasfigura i credenti in creature divine. L’unica condizione è il comandamento nuovo di Gesù, compendio della legge antica e nuova: quello dell’amore.
L’amore umano, se vuole raggiungere la sua perfezione, deve necessariamente ispirarsi e modellarsi sull’amore divino, sul Dio-Amore. E la manifestazione incarnata, umanizzata è Cristo. In lui, l’amore di cui l’uomo è assetato, assume lo splendore, la profondità, la purezza, la consolazione e la dolcezza cercati. Amore che, in Cristo, è dedizione, obbedienza, sacrificio.
UN DIO CHE AMA TUTTI
Pietro dipinge Dio in modo nuovo, sconosciuto al popolo di Israele. E’ il ritratto di Colui che non fa differenza tra uomo e uomo, tra persona e persona, tra popolo e popolo… di Chi ama tutti.
E’ una rivelazione piena di speranza, che anima la fede: ogni essere umano ha accesso alla salvezza, e le barriere, costruite da una religione sempre più legalista, cadono per la forza dell’amore. Pietro assume il rischio dell’incomprensione, del rigetto e della condanna da par-te della comunità e intraprende la via tracciata da Cristo.
L’amore incondizionato di Dio è stato rivelato all’uomo con la morte e risurrezione di Gesù. I cristiani sono dei risorti e la loro vita non può che rinnovarsi continuamente nella vita nuova che il Risorto comunica loro. E chi sa rispondere con l’amore all’Amore, è nato da Dio e conosce Dio e viene coinvolto nella relazione divina tra Gesù e il Padre. Tutto l’agire di Gesù rivela la sua relazione filiale con il Padre. Tutta la sua vita è tensione verso il Padre: compiere la sua volontà è l’orientamento e la struttura del suo essere. E Gesù, comunicando ai discepoli l'amore, vuole renderli testimoni viventi del dono ricevuto e della capacità che esso suscita di amarsi scambievolmente. Per tutti, saranno i testimoni di ciò che è stato Gesù nei confronti del Padre. E per far questo dovranno imparare a rimanere in lui.
LA CHIESA, REALTA’ D’AMORE
Nel suo testamento Gesù comanda l’amore. Affida ai suoi ciò che gli sta più a cuore: l’alleanza conclusa nella verità dell’amore. Aveva già manifestato il suo intimo rapporto con Dio nel chiamarlo « Padre », rivolgendosi a lui nella preghiera e nella vita con fiducia totale e con pronta obbedienza. E nel rivelare all’uomo il suo rapporto con Dio, così singolare e intimo, gli svela il segreto della sua missione: per lui e in lui, i credenti diventano figli del Padre. Dio prende dimora nel cuore dei cristiani, e amando l’uomo lo rende amante. Gli comunica la capacità di una nuova relazione che è segno distintivo di coloro che sono figli nel Figlio: una vita di fraternità autentica, nata dall’amore, capace di superare l’egoismo, i pregiudizi personali, l’orgoglio che abitano il cuore umano, per mettersi a servizio dell’altro, soprattutto di chi è nel bisogno.
Non sono gli uomini a scegliere Dio, ma è Dio che li sceglie e li abilita alla missione. Ma se è sua l’iniziativa di raggiungerli, li lascia però liberi di rispondere. Ogni credente ha risposto alla sua chiamata e ha accet-ato di seguire il comandamento. Dopo la sua libera adesione, non è più servo, ma amico: lo Spirito si impadronisce di lui e, nel battesimo, gli dona la vita nuova.
La scoperta dell’amore di Dio per l’umanità fa sperimentare alle prime comunità una dimensione nuova, che fa constatare con meraviglial’amore vicendevole. L’unità che regna si fonda sulla diversità dei membri e la fraternità trova la sua origine in una fede totale nel Dio di Gesù Cristo, Padre misericordioso. I credenti, consapevoli della realtà che li plasma, diventano naturalmente testimoni dell’amore nel mondo, affamato d’amore.
L’amore cristiano per il prossimo nasce dalla volontà dell’uomo, come decisione esistenziale, come atto di obbedienza a Dio, come rinunzia al proprio egoismo. L’amore verso il prossimo attinge alla sorgente stessa che è l’amore di Dio. E nell’eucaristia ogni credente vive la profonda unione con Dio, in Cristo Gesù, nello Spirito d’amore che apre alla fraternità.
PREGHIERA
Signore Gesù, Sei sceso, diventando come
da tutta l’eternità ti sei lui, hai parlato, hai guarito,
saziato dell’amore di tuo hai pianto, sei salito sulla
Padre nello Spirito Santo: croce, sei morto, sei risorto.
non l’hai voluto solo per te. Gli hai detto: « Se vuoi, puoi
L’uomo, creato per amore, essere me nel mondo: basta
aveva smarrito la strada, solo che ti fidi di me e ami
hai visto la sua schiavitù, i tuoi fratelli come ho fatto io ».
hai deciso di liberarlo.
RIMANERE IN CRISTO.
5a DOMENICA DI PASQUA
RIMANERE IN CRISTO
E’ il Padre che si prende cura di ogni figlio che appartiene al suo popolo e lo tiene unito a Gesù. Così l’uomo rinnovato nel Cristo risorto vive dell’amore di Dio e lo testimonia con frutti sinceri di attivo e operoso amore. Questo non è possibile senza attingere dalle radici ed essere nutriti dalla linfa dello Spirito. Non si può dimorare in Cristo solo a parole, sono necessarie un’adesione interiore, frutto di fede autentica, e l’osservanza del comandamento nuovo: di qui la comunità.
Gesù fa entrare gli uomini in comunione con lui. Li invita alla fecon-dità, realizzata da Dio stesso, che come vignaiolo si prende cura della sua vigna. Gesù è la vite che produce frutto. I cristiani sono i tralci at-traverso i quali questo frutto è generato. Il ruolo dei discepoli, come tralci della vite, non sembra poi molto sfibrante se la preoccupazione principale del Signore è quella di far loro comprendere che l’unum ne-cessarium è il dimorare in lui.
LA VITE E IL VIGNAIOLO
La vite è una bella immagine per esprimere la fede e la relazione dei figli col Padre e con Cristo. Non solo per la vite in se stessa, ma anche per il contesto in cui si trova: il terreno in cui cresce, il vignaiolo che la cura.
L’immagine della vigna, cara al popolo di Israele, permette ed aiuta ad entrare nel cuore stesso della fede. Il vignaiolo deve costantemente lavorare la sua terra, occuparsi di ogni singola vite, legare, potare i tralci secchi o morti. Un lavoro duro ma necessario, perché, se la vite non viene curata, crescerà selvatica, darà frutti indigesti.
Il Padre vignaiolo cura la crescita della sua vite, fino a quando prende forma nel suo Figlio Gesù Cristo, che con la sua risurrezione dona la vita ai tralci per mezzo dello Spirito, che come linfa li vivifica e li rende fecondi. La vite e i tralci formano un solo corpo. Tutti hanno il loro ruolo per concorrere a portare frutto: radici, tronco, linfa e tralci.
L’immagine della vite, dei suoi frutti, del vignaiolo si presenta come un ambiente in cui si respira comunione. C’è bisogno dell’incontro di tutti perché la vita di ciascuno sia pienamente realizzata. Sarà una autentica esperienza di fede, che porterà i credenti a testimoniare non ciò che viene da se stessi, ma la vita che hanno ricevuto come linfa e che abita le profondità del loro cuore.
LA GRANDE VIGNA DEL SIGNORE.
Dio stesso si comunica alla vita di ogni credente, vivifica ogni singolo tralcio e la Chiesa tutta, sua vigna,. Una vigna in cui ciascuno può sa-
ziarsi mangiando del frutto degli altri.
In ogni celebrazione eucaristica, che è rendimento di grazie, la Chiesa, per l’azione dello
Spirito, si costruisce, cresce, si moltiplica, vive nella pace, si mette in cammino, si mostra
discepola del suo Signore. Ogni celebrazione eucaristica è un momento di incontro con
Cristo, che nutre i suoi come la vite i tralci. Il pane che viene spezzato e diviso, comunica-
to a tutti coloro che lo ricevono, è un Pane che opera anche se sembra una realtà
inanimata: diviene nutrimento della vita dell’uomo e gli permette di agire nello Spirito.
Dal dimorare in Cristo, dal ricevere la vita da Lui, dal partecipare alla comunione divina nasce la testimonianza di un frutto di amore che è essenzialmente donazione, servizio. Lo stesso frutto della vite che si diffonde nei tralci vivificati e rigenerati continuamente dallo Spirito.
E’ doveroso anche considerare, con timore e tremore, la possibilità che alcuni tralci vengano staccati dalla vite, come tralci appassiti da gettare nel fuoco. Ma tale possibilità non può essere effetto di un incidente. I tralci non sono uniti alla vite per una combinazione naturale, ma per una gratuita decisione divina. E solo il ribellarsi a questa volontà può staccare l’uomo da Dio.
Ed è bene anche ricordare che, come tralci uniti alla vite, come membra di un unico Corpo che è la Chiesa, chi non porta frutto priva anche gli altri di ciò che avrebbero avuto diritto di ricevere, perché l’essere o il non essere in Cristo non è mai solo una questione strettamente personale, ma coinvolge tutto il contesto comunitario.
PREGHIERA
Padre misericordioso Le forbici che usi per tagliare
non ti avevo mai visto come ciò che di me non ti piace
un contadino, ma l’ha detto mi fanno sanguinare e penso
Gesù, per questo posso pure che tu non mi vuoi bene.
immaginarti al lavoro nel campo. Poi arriva l’estate e porto un
Ti sei fatto vicino, mi hai visto grappolo che non pensavo mai.
solo e sterile e con amore e Confuso, ti ringrazio: mi hai unito
speranza mi hai innestato a tuo Figlio e porto frutti anch’io.
su una vite a forma di croce.
IL PASTORE CHE GUIDA ALLA SALVEZZA
4a DOMENICA DI PASQUA
IL PASTORE CHE GUIDA ALLA SALVEZZA
Cristo, il Figlio unigenito del Padre, la pietra angolare della fede, con
duce l’umanità ai pascoli della verità e della vita. Passando per la mor
te e risorgendo a vita nuova, è il vero buon Pastore che guida il suo po
polo per le vie della storia verso la meta eterna dell’incontro col Padre.
L’amore misericordioso di Gesù nei confronti di ogni uomo è la mani-
festazione della potenza salvifica del mistero pasquale.
La Parola di Dio invita oggi i credenti a riconsiderare e riscoprire laimmagine di Cristo: sia nel suo essere pastore che in relazione al greg-
ge. Pastore vuol dire, prima di tutto, servitore. In tutta la sua vita, ma soprattutto nel dramma pasquale, Gesù si mostra servitore di Dio e degli uomini.
GESU’ GUIDA E PASTORE
Quando si va in montagna non è raro imbattersi in un pastore che conduce il suo gregge ai piedi della montagna ai pascoli in fiore. Ai tempi di Gesù era un lavoro duro, ma anche molto comune e necessario per gua-dagnarsi da vivere. Nella Scrittura ricorre spesso tale immagine per il-lustrare l’agire di Dio con il suo popolo. E chi ascolta Gesù mentre si de-finisce « buon Pastore », capisce perfettamente il senso teologico e messianico di tale dichiarazione: è l’inviato da Dio per condurre gli uomini alla vita vera.
L’uomo preferisce sovente scegliersi il cammino piuttosto che seguire
una via tracciata da altri. Ma l’umanità ha bisogno di guide sapienti, di
maestri veri perché la gente vaga senza meta, e senza speranza e teme
un avvenire senza sbocchi.
Gesù si presenta come l’unico Pastore. Un Pastore che si impegna,che
è particolarmente preoccupato della vita delle sue pecore, che paga di
persona per la loro salvezza. Lui le conosce, esse lo seguono: conoscen-
za vera, basata sull’amore, che è intimità profonda. La stessa che uni-
sce Gesù al Padre. Ogni uomo non è semplicemente l’ altro, ma per Ge-
sù è una persona conosciuta, amata, speciale perché unica: il suo volto,
la sua vita è profondamente legata a quella del Pastore.
Come ogni pastore, è una guida che non si accontenta di indicare il
cammino senza lasciarsi coinvolgere nell’avventura dell’esistenza: precede e
accompagna il gregge. Cammina con le sue pecore, fa conoscere
la sua voce: non impone la sua presenza ma lascia a ognuno la propria
libertà. La libertà di smarrirsi per poi farsi trovare e riprendere insieme
il cammino.
I GESTI DEL VERO PASTORE
I tre momenti della missione del buon Pastore sono: il suo ministero, durante la sua vita pubblica; il dramma della sua passione, morte-risurrezione; le apparizioni da Risorto. Gesù non ha dato vita ad una scuola di sapienza, per discutere teorie. Ha predicato alla gente che lo seguiva, che lo incontrava, che lo cercava, avvicinandosi a loro e cer-cando di creare sempre una relazione diretta con i suoi uditori. Ha associato i suoi discepoli alla sua missione sulla terra, invitandoli a condividere la responsabilità del Vangelo e inviandoli a due a due ad annunciare l’avvento del Regno. Come vero Pastore, ha lasciato ai suoi e a tutta la Chiesa il dono del suo Corpo e del suo Sangue, segno di quell’amore che giunge fino al dono della vita. Dopo la Pasqua, il Risorto riprende il suo servizio come Pastore universale: non c’è più altro nome nel quale poter essere salvati (cf At 4,12).
L’atmosfera che si sprigiona dai racconti del Risorto è quella della gioia, della pace, di una particolare condiscendenza del Cristo verso i suoi amici. Dopo la risurrezione, Gesù non muove loro dei rimproveri, salvo quello di richiamarli alla fede e alla comprensione della sua parola, ma li conforta, cammina accanto a loro come pellegrino sulle strade della storia, condivide con loro il banchetto fraterno.
La missione di Cristo, continuata dagli apostoli e dai loro successori, ha visto il succedersi di molti pastori nella storia della Chiesa. Hanno avuto e hanno il compito di rendere visibile la presenza di Cristo: sono chiamati « ministri » del Signore, vale a dire servitori di Cristo e dei loro fratelli e specialmente dei poveri.
PREGHIERA
Gesù, bello e buon pastore, Tu sei sceso, li hai chiamati
hai visto i tuoi fratelli per nome, la tua voce dolce
smarriti, preda dei lupi, e forte hai svegliato la speranza
ingannati dai mercenari, ti hanno seguito, sono rinati.
laceri e affamati nel deserto. Non ti è bastato. Li volevi figli
Hai detto al Padre: « Vado io ». come te. In loro hai trasfuso
E lui ti ha lasciato partire, la tua stessa vita e il Padre ti
perché il grido degli altri figli ha reso Pastore, per sempre.
aveva già trafitto il suo cuore.
RI-CONOSCERE IL CRISTO.
III DOMENICA DI PASQUA
RICONOSCERE IL CRISTO
Il Mistero della morte-risurrezione di Cristo illumina l’esistenza di o-gnuno e la colloca definitivamente sotto la luce della vita. Chi non cre-de in lui rimane nella morte, ma chi si decide per Cristo la vince ogni giorno in attesa della vittoria definitiva. Pur rimanendo inserito in un mondo di morte, dopo la Pasqua il cristiano ha in sé il pegno della risurrezione e vive in essa: chi crede in Gesù Cristo e lo ama è già passato dalla morte alla vita.
Le apparizioni del Risorto valicano la cerchia dei soli apostoli. E’ per tutti - apostoli compresi – la questione è la stessa: come credere? Non èstato facile per gli apostoli, non sarà facile per tutti.
RI-CONOSCERE IL SIGNORE
Nei racconti delle apparizioni di Gesù dopo la risurrezione, c’è un dato costante: i discepoli non lo riconoscono. L’apparire improvvisamente è un modo per presentare la realtà nuova del Risorto. Come per i discepoli di Emmaus, il punto di arrivo a cui il Risorto vuol condurre gli Undici è di ri-conoscerlo vivente e credere in lui.
Il Signore appare al gruppo degli Undici, i primi credenti. Nonostante le testimonianze precedenti permangono i dubbi e le difficoltà a credere. Gesù dà prova di molta pazienza: dialoga con loro, accoglie i loro dubbi, è attento alle loro difficoltà, li conduce poco alla volta ad una realta nuova che li supera e li trascende.
Fa loro il dono di sperimentare la verità della sua presenza corporea: li invita a toccare e guardare, chiede loro del cibo per condividere ancora quella convivialità che apparteneva al loro vivere insieme.
Li invita a rileggere la Scrittura alla luce della sua passione, morte e risurrezione: a riconoscere che Lui, il Risorto, altri non è che il Crocifis-so passato da questo mondo al Padre (cf.Gv. 13,1). Per gli Undici è una esperienza di prossimità e di trascendenza insieme; di familiarità che si esprime attraverso i gesti di sempre ma che al contempo segna una distanza che si percepisce nel suo presentarsi con l’autorità stessa di Dio, per invitarli a predicare e ad annunziare la salvezza.
Ma vi è anche un senso comunitario in questo cammino di fede. Le apparizioni del Risorto non sono mai rivolte ai singoli, anche quando Gesù appare ad uno solo: vi è sempre l’invito a portare l’annuncio agli altri, a scambiarsi l’esperienza vissuta nel contatto con lui, a divenire testimoni presso coloro ai quali sono inviati.
SECONDO LE SCRITTURE
Gesù invita gli Undici a ritornare alle Scritture. Anche nel Cenacolo, gli apostoli si trovano in cammino verso la fede nel Risorto: il loro spirito si apre, grazie a Gesù, all’intelligenza delle Scritture, perché la loro fede si fondi sulla risurrezione, compimento della parola dei profeti.
Il Risorto si afferma come presenza viva tra i suoi. Egli è là dove essi sono e offre loro, ancora una volta, la ricchezza della sua parola.
Nella Parola di Cristo e nei suoi gesti, la realtà del Risorto permane nella Chiesa e in essa opera la salvezza per tutti i credenti in lui.
E nel proclamare la Parola di Cristo e ripetendone i gesti salvifici, la Chiesa rende pienamente attuale ed efficace la sua passione, morte e risurrezione, da cui è scaturita la salvezza. Salvezza che è vita nuova e che ha i caratteri della vita stessa del Risorto, « l’ autore della vita »(At. 3,15).
Il Risorto ripropone ai discepoli di oggi la stessa scelta che ha chie-sto a quelli di allora: il cammino della fede, da ripercorrere ad ogni Pasqua. Dalla fede in Cristo dipende la missione affidata agli apostoli e, dopo di loro, a chiunque lo segue. Ed essere testimoni non è il risul-tato di una decisione personale, per quanto coraggiosa, ma l’invio da parte di un Altro.
Il cristiano, infatti, non è autore della testimonianza, ma è voce di colui che lo manda; anche se, al contempo, la testimonianza da rendere non è facoltativa, poiché la missione è elemento costitutivo della Chiesa e di ogni discepolo.
Anche oggi il Signore continua a risvegliare alla fede i cuori dei cre-denti, manifestandosi come Salvatore e chiedendo loro di portare il suo nome in ogni luogo della terra. E ognuno ha il compito di attualizzare la missione che gli è affidata, rendendola visibile negli ambienti in cui vive
Ma sa di non essere solo, perché Gesù gli assicura la forza dall’alto: lo Spirito. Una forza donata in abbondanza, che rende i credenti coraggiosi e perseveranti.
PREGHIERA
Signore Gesù, Grazie a loro, anch’io
quanta fatica hai affrontato ti ho conosciuto, ho visto te
per aiutare i tuoi amici a nella Chiesa, ho ricevuto
riconoscerti risorto, lo stesso la tua Parola e la tua Vita
di prima, ma tutto nuovo. Aiutami ad essere vero:
Hai mangiato del pesce, che io non dica di conoscere te,
ma avevi fame della fede di amarti davvero, mentre non
degli apostoli, prima, e riconosco il tuo volto nel fratello.
di tutti gli altri, dopo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 21 Aprile 2012 11:36)