





GESÙ É LA LUCE DEL MONDO, I SUOI DISCEPOLI DEVONO ESSERE LUCE E SALE DEL MONDO.
5 FEBBRAIO-V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(A)
Cristo, luce del mondo, ci illumina e chiede di essere luce.
Nello spirito delle Beatitudini, che sono la via più viva e credibile dell’annunzio del Vangelo, la Chiesa non è chiamata ad essere potente, ad avere successo, ma a seguire la logica di Dio e, poiché i criteri del mondo non sono quelli del Regno di Dio, può essere osteggiata e anche perseguitata. Certo, la marginalità, l’essere osteggiati, perseguitati può mettere in crisi la fede e la speranza, ma le parole di Gesù del vangelo di oggi vogliono essere di incoraggiamento a non venir meno nell’impegno di essere sale e luce nel mondo.
Identità e missione.
Gesù, rivolgendosi a coloro che vogliono seguirlo, dice: « Voi siete il sale della terra… siete la luce del mondo…» e chiede che l’ “ identità ” che devono avere non esprime tanto un desiderio o osservare un precetto morale. Questa identità è però frutto della grazia, che opera per la potenza dello Spirito Santo nel nostro cuore.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia di oggi preghiamo dicendo: « O Dio, che fai risplendere la tua gloria nelle opere di giustizia e di carità, dona alla tua Chiese di essere luce del mondo e sale della terra, per testimoniare con la vita la potenza di Cristo crocifisso e risorto ».
Prima Lettura: Is 58, 7-10.
La vita religiosa, che il cristiano deve vivere, non può essere, secondo l’insegnamento che viene dal brano di Isaia che la liturgia oggi ci fa a- scoltare e che Gesù fortemente richiama, una pratica cultuale sganciata da una vita di « fede ardente e da una instancabile carità » Si rende culto a Dio non attraverso delle pratiche solo esteriori, come digiuni, preghiere o altro, per assolvere ad un precetto. Chi divide il pane con il prossimo che ha fame, chi veste l’ignudo senza trascurare i propri cari, chi ha spirito di comprensione e di perdono, trova il Signore, incontra la sua misericordia, « la tua luce sorgerà come l’aurora, davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà ». Allora quando si invocherà il Signore e si implorerà il suo aiuto egli dirà: « Eccomi ! ». Il profeta ancora continua esortando : « Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio…, se sazierai l’afflitto di cuore » si avrà il cuore illuminato dalla luce divina e le proprie tenebre si diraderanno. La preghiera che salga da un animo duro, aspro, impietoso non è ascoltata da Dio. La domenica è anche il giorno della carità fraterna. Se no, non è nemmeno il giorno del Signore.
Seconda Lettura: 1 Cor 2, 1-5.
Paolo dice ai Corinti che la sua predicazione è stato Gesù Cristo crocifisso e non mostrare loro la sua bravura nel parlare, la sua sapienza. Egli si è presentato a loro « nella debolezza e con molto timore e trepidazione» Egli sostiene che chi ha prodotto la conversione del loro cuore è stato la mani- festazione dello Spirito Santo e la potenza di Dio, perché su questa fosse fondata la loro fede. E’ sempre così: non le belle prediche, ma la grazia apre il cuore. La preghiera per la conversione degli uomini è certamente necessaria per impetrare da Dio che sia lui ad aprire il cuore all’accoglienza del messaggio della salvezza. Possiamo meritare per noi e per gli uomini la conversione se ci stacchiamo dalle belle parole che accontentano l’orecchio ma non cambiano la nostra vita.
Vangelo: Mt 5, 13-16.
I discepoli di Gesù, uomini come tutti gli altri, vivono e operano in mezzo al mondo; eppure ciò che li distingue dagli altri è la loro fede e la loro carità, che li rendono sale e luce del mondo. Questa, se da una parte è una identità nuova, è anche la nostra missione, poiché Dio agisce nella storia attraverso le nostre scelte quotidiane. Il sale dà sapore, rende gradevole il cibo. Così deve essere un cristiano: capace di conferire il vero sapore della sapienza, dono dello Spirito di Dio. Testimoniare questa sapienza è la missione che il Signore ci affida, anche quando essa è osteggiata ed estranea alla logica del mondo. Dio, come dice Gesù, ci dona la sua forza e quando siamo sfiduciati, demotivati e stanchi, rivolgiamoci a lui per avere nuova gioia e nuova forza.
Gesù, ancora, attraverso la metafora della luce, si proclama Luce del mondo, che rivela le cose nella luce di Dio e indica all’uomo il cammino da seguire, illuminato dalla giusta luce divina. Anche il popolo di Israele, vivendo la vera fede, avrebbe dovuto essere luce, così come noi che, vivendo le Beatitudini, siamo luce se e nella misura in cui partecipiamo della luce di Cristo, da cui deriva la nostra missione profetica, affidata a tutti i credenti in lui, di illuminare tutta l’umanità.
Richiamando anche la necessità del buon esempio delle opere con l’immagine della luce, si noti, che Gesù parla della glorificazione del Padre. Esse infatti sono come il segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini e, nella loro storia, non devono essere solo espressione di religiosità sterile e ipocrita. Chi fa il bene rende presente Dio e conduce a lui.
Identità cristiana: incarnazione della Parola e missione.
Il sale della sapienza evangelica e la luce che deve risplendere devono esprimere l’identità cristiana per continuare il mandato profetico che Gesù assegna ai suoi discepoli e alla sua Chiesa. La Parola di Dio, efficace nella testimonianza dell’apostolo e nel cuore di chi riceve l’annuncio, ha la priorità. Essa, seminata da Dio nel cuore degli uomini, se da una parte deve essere contemplata e testimoniata da chi l’annunzia, dall’altra deve portare alla missione, cosicché venga incarnata non come mera propaganda ma come realizzazione del regno di Dio anche in chi l’accoglie.
Paolo, nel riconoscere la propria debolezza, fa affidamento alla potenza della Parola e assume la logica della croce, ritenendo di « non sapere altro in mezzo ai Corinzi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso » (1 Cor 2,2).
La missione, animata dalla contemplazione, rende testimoni e si diventa credibili se si vive nella propria esperienza di vita, con le parole e le opere, ciò che si è visto e si annunzia, per cui sant’ Ignazio d’Antiochia diceva scrivendo agli Efesini: « E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che professarlo senza esserlo ».
BEATI VOI! SEGUENDO E IMITANDO IL SIGNORE POSSIAMO FIN DA ORA VIVERE LA GIOIA PROMESSA.
29 GENNAIO-IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO(A)
La Domenica, giorno del Signore, ci raduniamo per esprimere la nostra adorazione, il ringraziamento e la lode a Dio e per celebrare il banchetto in cui il Signore si dona con il suo Corpo e il suo Sangue, in cibo di comunione con lui e tra noi. Tutto questo non deve essere vissuto con segni solo esteriori ma viverlo con l’intimo del cuore e con tutta l’anima. Deve essere anche un impegno di amare i fratelli nella realtà di Cristo, che dona la sua vita per noi, e ci insegna a fare altrettanto per i fratelli.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, che hai promesso ai poveri e agli umili la gioia del tuo regno, dona alla tua Chiesa di seguire con fiducia il suo Maestro e Signore sulla via delle beatitudini evangeliche ».
Prima Lettura: Sof 2,3; 3,12-13.
Il profeta Sofonia esorta tutti i poveri della terra a cercare il Signore, ad eseguire i suoi ordini, cercando la giustizia, l’umiltà, per essere « trovati nel giorno dell’ira del Signore al riparo ». Nel suo popolo il Signore lascerà un « resto » che sarà un popolo umile e povero, che confiderà nel suo nome, non opererà iniquità e non profetizzerà menzogne, la sua lingua non sarà fraudolenta e potrà vivere tranquillo senza che nessuno lo molesti. Gli umili e i poveri che confidano nel Signore troveranno in lui rifugio, perché il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati e libera i prigionieri; ri- dona la vista a chi è cieco, rialza chi è caduto, ama i giusti e protegge i fore- stieri; sostiene l’orfano e la vedova, sconvolge le vie dei malvagi perché egli dura per sempre di generazione e generazione, come ci fa riflettere il Salmo 145 che la liturgia della Parola oggi ci fa pregare.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,26-31.
San Paolo, scrivendo ai Corinti, ricorda di considerare la chiamata che Dio ha fatto loro e che tra essi non ci sono molti sapienti, dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Dio infatti ha scelto quello che è stolto per il mondo per confondere i potenti e quello che è debole per confondere i forti; quello che è ignobile, disprezzato e nulla lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, cosicché nessuno può vantarsi di fronte a Dio per ciò che da lui, con lui e per lui viene realizzato. Continua dicendo che è grazie a Dio che si è in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per i credenti sapienza, giustizia, santificazione e redenzione. Così chi vuol vantarsi, si vanti nel Signore. Davanti al giudizio di Dio la potenza, la nobiltà, la cultura, la sapienza del mondo, a nulla valgono per la nostra salvezza, se non sono vissute secondo la modalità e la logica di Dio Padre e di Gesù Cristo, suo Figlio, che è venuto nella nullità della carne e nell’obbedienza della croce per realizzare la salvezza dell’uomo. Nessuno può quindi vantarsi di qualche proprio merito e tutti siamo racchiusi nella misericordia di Dio. Egli ha redento il mondo per mezzo del sacrificio del Figlio sulla croce, ritenuta stoltezza, debolezza e ignobile dalla mentalità del mondo. Dalla povertà di Cristo, che da ricco che era nella condizione divina si è fatto povero per noi, e dalla sua umiltà, essendosi umiliato, l’uomo è stato redento. Davanti a tanto esempio le nostre pretese o vanità perdono certamente la loro valenza mondana.
Vangelo: Mt 5,1-12.
Le beatitudini che Gesù proclama sono un cammino opposto alla logica e alla mentalità del mondo. Solitamente il mondo considera beati coloro che sono ricchi nella materialità dei beni e non hanno problemi di sorta, coloro che godono sulla terra e fanno valere i propri diritti con astuzia e sotterfugi o con prepotenza. Gesù esalta la povertà e il distacco dai beni terreni, riportandoli al loro giusto valore di mezzo, da utilizzarsi non egoisticamente solo per sé ma a servizio dei fratelli; la mitezza che conquista i cuori e bandisce ogni forma di violenza e sopraffazione; la misericordia nel perdonare anche ai propri nemici e a eventuali persecutori a motivo della fede; la sete di giustizia di cui si sarà saziati; la pazienza nelle sofferenze e nel pianto in cui si sarà consolati; la purezza e la limpidezza del cuore per cui si vedrà facilmente Dio; l’essere operatori di pace per potersi chiamare ed essere figli di Dio; il sopportare persecuzione o ogni forma di male per causa di Cristo e ralle- grarsene perché grande sarà la ricompensa nei cieli. Il credere e realizzare questo capovolgimento di mentalità richiede coraggio e vi si riesce se si è motivati da una forte e costante fede e dall’abbandono nelle mani del Signore. Il percorrere questa strada evangelica fa sperimentare fin da questa terra la beatitudine, la serenità, la gioia e la pace, che certamente saranno pienamente date nella visione beata del regno dei cieli.
29 GENNAIO : GIORNATA MONDIALE DEI MALATI TI LEBBRA.
2 FEBBRAIO: FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO (LA CANDELORA)
- GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA.
- LA SANTA MESSA SARÀ CELEBRATA ALLE ORE 18.30
GESÙ CERCA OPERAI PER IL SUO REGNO DI LUCE.
Ù22 GENNAIO – III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno A).
Cristo, luce che risplende nelle tenebre.
Dalla Galilea Gesù inizia la sua predicazione e la conclude inviando i suoi discepoli perché annunzino in tutto il mondo la Buona Novella. Nella Galilea dei gentili inizia a risplendere la luce di Cristo. Egli inizia solennemente il suo ministero dicendo: « Convertitevi , perché il regno dei cieli è vicino », così come aveva fatto Giovanni al Giordano, che chiamava i giudei a conversione e come faranno gli apostoli continuando l’opera di Gesù. Se vi è continuità tra l’annunzio di Giovanni e quello della Chiesa, vi è differenza tra i due: il primo precorre, il secondo è in continuazione con quello di Cristo.
Giovanni svolge la sua predicazione nel deserto della Giudea, in austerità e pratica un battesimo di penitenza e di conversione; Gesù, nella Galilea pone l’accento sulla conversione in vista del regno dei cieli che è vicino.
La Galilea, terra di facile occupazione straniera, abitata da popoli diversi e con diverse religioni, ebrei, ebrei ellenizzanti, pagani, è una terra che ha sperimentato l’impurità e l’idolatria secondo il giudaismo ortodosso; terra simbolica, rappresentativa della vita dell’intera umanità, fatta di fedeltà e infedeltà, peccato e santità, amore e egoismo, grandezza e miseria. In questa terra, le cui genti « abitano nelle tenebre in regione e ombra di morte » inizia a risplendere la luce e l’opera di Cristo e anche da qui ha inizio il ministero della Chiesa, mandata da lui a predicare la salvezza a tutti i popoli (Mt 28,10; 16).
Natanaele si domandava, avendo sentito dire a due discepoli di aver incontrato il Messia, Gesù di Nazaret di Galilea, come anche si domandavano i Giudei: “ Da Nazaret può venire qualcosa di buono?”. Da qui può aver avuto inizio l’annunzio della Chiesa di Cristo, si chiedeva la mentalità giudaica? Invece, da questa terra disprezzata ha inizio il cammino della salvezza.
Gesù annunzia il regno di Dio: una regalità, quella che annunzia, fatta di misericordia, di salvezza e di speranza per l’umanità, perché Dio ama gli uomini e nel suo Figlio, che incarna questa regalità con le sue parole, i suoi gesti, la sua morte e risurrezione, raggiunge tutti gli uomini e li salva. La luce che Gesù porta con il suo Vangelo dona gioia e toglie, a chi vive tristemente, la mestizia. Il regno di Dio, annunziato, realizzato da Gesù e continuato dalla predicazione apostolica, deve tenere uniti i credenti in Cristo e non renderli divisi, come erano i Corinzi, a cui Paolo rimproverava la loro immaturità di fede. Purtroppo, nella Chiesa, sempre c’è stato e c’è il pericolo di divisioni, quando si perde di vista il centro della nostra identità di cristiani che è Cristo e non questo o quell’altro credente.
Riscoprire la centralità di Cristo e la gioia di partecipare alla realizzazione del regno di Dio ci fa rivivere nella nostra esistenza l’esperienza degli apostoli, che da pescatori, avendo incontrato Cristo, hanno lasciato tutto per seguirlo. Anche nel quotidiano della nostra vita, spesso grigia e annoiata, Cristo passa e ci chiama a seguirlo.
Andare dietro a Gesù, subito, come gli apostoli, significa cogliere l’urgenza del Regno e la necessità di una risposta che ci coinvolga per e con tutta la nostra vita.
Incontrato Cristo, come gli apostoli, è necessario mettere in atto una profonda conoscenza e relazione di intimità con lui, lasciandoci trasformare nella nostra esistenza, cosicché possiamo dire con Paolo che non siamo più noi che viviamo, ma è Cristo che vive in noi.
La domenica, giorno in cui si rinnova la gioia della Chiesa, essa ritrova il dono di Dio « sorgente inesauribile di vita nuova », cioè il Corpo e Sangue di Cristo. Anche l’uomo presenta una sua offerta, che è poi sempre grazia divina: sono il pane e il vino, che lo Spirito Santo consacra con la sua potenza divenendo « sacramento di salvezza ». Quando prendiamo parte al convito eucaristico la gioia del dono di Dio diventa in noi perfetta e, ricevuto il sacramento, quando lo traduciamo nella vita diventa allora « un segno di salvezza e di speranza », un’attuazione del regno di Dio nella nostra vita quotidiana.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli Apostoli, fa’ che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce ».
Prima Lettura : Is 8, 23-9,3.
Il profeta annunzia la liberazione e la gioia per la Galilea. Quello che Isaia ha preannunziato si è compiutamente avverato perché, non più su una sola regione, per un solo popolo ma su tutto il mondo, una grande luce hanno visto « coloro che abitavano in terra tenebrosa », immersi tutti nelle tenebre del peccato e schiavi sotto lo spirito del male: il mondo intero è stato liberato con la venuta di Gesù. Così anche noi, quando torniamo gioiosamente nella grazia del Signore, veniamo liberati dal peccato per il perdono di Dio, manifestatoci un Cristo, suo Figlio.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,10-13.17.
Per la divisione dei fedeli della Chiesa di Corinto, poiché alcuni si richiamavano a Paolo, altri ad Apollo, e altri ancora a Pietro, l’apostolo sottolinea, forte della sua autorità e con fermezza, quanto siano assurde quelle divisioni e quelle discordie. Egli fa osservare innanzitutto, che Cristo è uno per tutti e poi, che non Paolo, Apollo, Pietro si sono sacrificati sulla croce, ma solo Cristo è stato crocifisso per tutti. Da ciò deriva che i cristiani, quindi, devono vivere « in perfetta unione di pensiero e di sentire ». Questa esortazione deve essere sempre tenuta presente nell’attualità di vita della Chiesa e delle varie comunità. Se pur ci sono sempre motivi di attrito e, spesso, le comunità cristiane vivono aspre lotte e contese, con grande scandalo per quelli che sono lontani dalla Chiesa, la ricerca e l’attuazione della comunione cristiana, sotto la guida della « luce di Gesù », deve essere sempre perseguita con costanza e perseveranza, per rendere credibile al mondo la fede e l’amore per Cristo Signore, Dobbiamo preferire il silenzio, il ritiro, piuttosto che incentivare queste divisioni che rendono esausta una comunità cristiana. La celebrazione ecumenica della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che stiamo celebrando, deve invogliare tutti i credenti nel Signore Gesù a perseguire, con spirito evangelico, la ricerca e l’attuazione dell’unità della Chiesa.
Vangelo : Mt 4,12-23.
L’Evangelista Matteo, riportando la profezia della prima lettura sulla luce che risplende dalla Galilea, ne vede la realizzazione nel ritorno, nel soggiorno in quella regione di Gesù: così, iniziando la sua opera messianica, la vera luce, la redenzione, la gioia diventano realtà.
In Galilea incomincia la predicazione della « buona novella », il Vangelo, annunzio che infonde gioia nel cuore; dalla Galilea Gesù incomincia a compiere i segni che rendono visibile il regno di Dio, che è poi Gesù stesso.
Dalla Galilea Gesù inizia a chiamare i primi discepoli intorno a sé: Pietro, Giacomo, Giovanni, pescatori che dal mare di Galilea verranno inviati nel mondo intero, per essere pescatori di uomini.
L’Evangelista Matteo puntualizza la prontezza con cui i primo discepoli rispondono alla chiamata. Se il Signore chiama non si devono accampare scuse o ammettere ritardi.
GESÙ RIVELATORE DELL'AMORE DEL PADRE.
15 GENNAIO –2a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno A)
Ci raccogliamo nel giorno del Signore per celebrare « il memoriale del Sacrificio » di Cristo. Non si tratta di un ricordo vago, di un simbolo, che tocchi e impressioni solo il nostro animo. E’ detto nell’orazione sulle offerte che alla celebrazione del memoriale « si compie l’opera della nostra redenzione ». Essa non è tramontata ma è presente nella verità del Corpo e del Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, il popolo della nuova alleanza. Particolarmente di domenica incontriamo Cristo nella liturgia e nei fratelli, e così è confermata la grazia del Battesimo, col dono dello Spirito ed è riascoltata, con cuore disponibile, la Parola di Dio. Per questo si riaccende la nostra carità reciproca. Dopo la comunione chiediamo al Signore che « nutriti con l’unico pane di vita, formiamo un cuor solo e un’anima sola ».
Nella Colletta iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo:« O Padre, che per mezzo di Cristo, Agnello pasquale e luce delle genti, chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza, conferma in noi la grazia del Battesimo, perché con la forza del tuo Spirito proclami proclamiamo il lieto annunzio del Vangelo ».
Dio ci chiama ad essere testimoni.
Giovanni il Battista, con la sua predicazione e il suo ministero, ci invita a vivere la testimonianza del Signore: dobbiamo lasciare spazio a Cristo e non fare di noi l’oggetto del nostro testimoniare. Gesù è nato, ora spetta a noi che egli si incarni e cresca nella nostra vita.
Oggi siamo introdotti, ponendo l’attenzione su Giovanni, nella esperienza della fede, poiché egli, più che il Battista, è il testimone che annuncia il Messia, già presente tra gli uomini, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, il Figlio di Dio su cui ha visto discendere e rimanere lo Spirito di Dio, Colui che avrebbe battezzato nello Spirito Santo. Così egli indirizza chi ascolta la sua predicazione a Gesù. Giovanni, oggi, ci offre la sua testimonianza cristologica, invitando anche noi a fare il nostro cammino di fede.
L’indicazione di Gesù come l’ « Agnello di Dio » , ci rimanda all’agnello pasquale dell’Esodo e all’agnello del profeta Isaia del cantico dedicato al Servo del Signore. Gesù, offrendo se stesso, nella Pasqua definitiva della sua passione, morte e risurrezione, realizza la salvezza per tutti gli uomini, liberandoli dalla schiavitù del peccato: Cristo ha assunto su di sé la pena del peccato e ne ha vinto anche le conseguenze, cioè la morte. Gesù è venuto a liberarci, oltre che dai nostri concreti peccati, soprattutto dalla condizione di peccaminosità, dal rifiuto e ostilità del mondo verso Dio: questo è il peccato principale, origine degli altri peccati, cioè la non-fede.
Giovanni, ancora, proclamando Gesù « Figlio di Dio », esprime il vertice più alto della sua testimonianza riguardo alla identità, alla comunione e all’intimità del Cristo con il Padre, che nel battesimo lo ha manifestato come « il Figlio amato, in cui ha posto il suo compiacimento ».
Relazione tra Giovanni e Gesù.
Giovanni, come precursore, precede Gesù nel tempo, ma è cosciente che dopo di lui deve venire uno che è avanti a lui, perché è prima di lui. E mentre il battesimo di Giovanni annunzia la salvezza, solo quello che darà Gesù, nell’acqua e nello Spirito, la realizza, perché rimette i peccati e opera la santificazione, trasformando l’uomo nel profondo.
Prima Lettura: Is 49,3.5-6.
Isaia preannunzia che su Israele, servo del Signore, plasmato fin dal seno materno, si manifesterà la sua gloria, per ricondurre Giacobbe e riunire Israele e ancora, oltre che restaurare le tribù di Giacobbe,lo avrebbecostituito « luce delle nazioni » per portare la salvezza divina fino all’estremità della terra. Quando Gesù verrà realizzerà perfettamente questa realtà, poiché egli brillerà come « Luce vera », splendore che illumina le genti e sarà di redenzione per tutti gli uomini. Sarà, come dice il vecchio Simeone, avendo tra le braccia il bambino Gesù: « luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele ».
Seconda Lettura: 1 Cor 1,1-3.
Alla Chiesa di Corinto, comunità di coloro che, redenti e credenti in Cristo, sono santificati dal Battesimo e che sono « santi per chiamata, insieme atutti quelli che invocano il nome del Signore Gesù », Paolo augura grazia e pace da parte di Dio Padre e di Gesù.
Quanta stima dimostra san Paolo per i fedeli delle sue Chiese! Li chiama santi, perché santificati da Gesù, purificati dalla colpa e ricolmati di Spirito Santo. Bisogna essere coerenti verso questo dono che Dio fa a chi si lascia coinvolgere nel mistero della salvezza attraverso un comportamento degno della santità ricevuta, facendo crescere così in sé la potenza di questo dono di grazia.
Dall’apostolo impariamo, ancora, un’altra cosa: siamo chiamati a rispettare e venerare i nostri fratelli e tutti quelli che fanno parte della comunità della Chiesa e della nostra famiglia ecclesiale,per il dono di grazia che il Signore ha loro donato.
Vangelo: Gv 1, 29-34.
Giovanni, mentre battezza nel Giordano, vedendo venire verso di lui Gesù, su cui aveva contemplato lo Spirito di Dio discendere e rimanere in lui, lo indica agli astanti come l’« Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo ». Già in queste parole di Giovanni viene preannunziata l’immolazione del Signore, nuovo e vero Agnello pasquale, che laverà le colpe degli uomini nel suo sangue. Così Giovanni riconosce in Gesù colui di cui aveva detto: « Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me », rendendolo manifesto a Israele. Egli, avendo « contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui », testimonia che Gesù è il Figlio di Dio e non solo uomo, indicato da chi lo aveva inviato a battezzare con l’acqua e che gli aveva detto: « Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo ».Se gli uomini fossero: « solo lavati con l’acqua, o anche se solo ci fosse un pentimento nostro, ciò non basterebbe per essere purificati dal peccato ed essere figli di Dio.. Invece nell’acqua riceviamo veramente lo Spirito Santo che inibita in noi » ( Mess. Di ogni giorno. Ed. Citta Nuova, Vatic., Jaca Book.)
IN CRISTO, DA DIO CHE CI RENDE GIUSTI, DIVENIAMO FIGLI E FRATELLI .
8 GENNAIO – BATTESIMO DI GESU’ – Anno A
Tra i misteri della vita di Cristo il Battesimo riveste un’importanza singolare e per questo la liturgia lo commemora con solennità.
Con questa celebrazione si conclude il tempo del Natale pur meditandosi un momento della vita adulta di Gesù. E se da una parte continuiamo a riflettere sul mistero dell’incarnazione, dall’altra iniziamo a ripensare la vita adulta di Gesù e la sua missione.
Nel Battesimo la voce del Padre manifesta, in una nuova epifania, e riconosce in Gesù il Figlio amato, il Messia inviato ai poveri e, con lo Spirito che si posa su di lui, lo consacra sacerdote, profeta e re.
Un tempo la liturgia celebrava in un unico momento l’adorazione dei Magi, il miracolo di Cana e il Battesimo al Giordano, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.
In questa manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta la sua solidarietà iniziata con l’incarnazione, con l’umanità.
Siano così introdotti nel mistero di Gesù: vero uomo, che porta su di sé i peccati del mondo e venuto per salvarci, vero Dio, che ci libera dalla colpa, dandoci lo Spirito e rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro e « interiormente rinnovati a sua immagine ». Dono dello Spirito Santo e figliolanza divina: sono i doni del Battesimo cristiano, che oggi particolarmente richiamiamo alla memoria.
Nella colletta iniziale preghiamo dicendo: « Padre onnipotente ed eterno, che dopo il battesimo nel fiume Giordano proclamasti il Cristo tuo diletto Figlio, mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo, concedi ai tuoi figli di adozione, rinati dall’acqua e dallo Spirito, di vivere sempre nel tuo amore ».
Prima Lettura: Is 42,1-4.6-7.
Il Messia, « Servo di Dio », sarà mediatore di salvezza con la sua obbedienza e umiltà, e con le sue opere di misericordia realizzerà gesti come aprire gli occhi ai ciechi, liberare i carcerati, sarà « luce delle nazioni » e « alleanza del popolo ». Già dopo il suo Battesimo, Gesù invera la profezia di questo « Servo di Dio », dichiarando nella sinagoga si Nazaret, dopo aver letto la profezia di Isaia, che questa Scrittura si stava adempiendo: il Battesimo al Giordano è atto di docilità, di umiltà e di compassione per noi
Seconda Lettura: At 10,34-38.
Nel suo Battesimo Gesù inizia il suo cammino di salvezza per tutti gli uomini: « Dio non fa preferenze di persone » - predica san Pietro - : Gesù Cristo è il « Signore di tutti ». E infatti a tutti gli uomini è destinata la buona novella della « pace », e perciò il Vangelo e i sacramenti, di cui il primo è il Battesimo. Può essere un proposito in consonanza con la festa di oggi quello di voler bene a tutti, senza preferenze che ledono la carità, che turbano lo stare insieme.
Vangelo : Mt 3,13-17.
Giovanni, predicando un battesimo di penitenza e di conversione, preparava l’avvento de Messia, indicato come colui che doveva venire. Così Gesù, il giusto, unendosi con gli ingiusti, si reca al Giordano dove c’è Giovanni che battezza. Questi, al vederlo, si ribella alla domanda di Gesù di voler ricevere da lui il Battesimo, perché, riconoscendo in Gesù colui che « è più forte di lui », di cui non era « degno di sciogliergli il legaccio dei sandali » e a cui aveva dedicato tutta la sua opera di preparazione, implicitamente afferma che la salvezza da lui annunziata e che ha atteso, lui non è in grado di realizzarla.
Ma Gesù risponde : « Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia ». Giovanni, davanti al mistero dell’umiltà di Gesù, del suo servizio, della sua azione che purifica ogni peccato dell’uomo, acconsente a compiere il gesto. Dopo il battesimo, Giovanni, che ha visto lo Spirito scen-dere su Gesù e ha udito la voce del Padre, che lo manifestava il Figlio prediletto, vedendolo venirgli incontro, lo addita come l’ « agnello di Dio che toglie i peccati del mondo », venuto per realizzare la giustizia di Dio, attraverso, come testimonieranno gli apostoli, la sua morte e la risurrezione, poiché « Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo sangue » (At 10,43).
Così, con la celebrazione del Battesimo del Signore, termina il tempo della preparazione e inizia il tempo della missione di salvezza di Gesù.
Quello di Gesù è dunque un esempio che si contrappone alle nostre pretese sovente orgogliose dettate dalla superbia. Gesù si mette all’ultimo posto, gravato anche dai nostri peccati.
Ultimo aggiornamento (Sabato 07 Gennaio 2023 10:26)