





LA SIGNORIA DI CRISTO SI ESTENDE AI CUORI DI COLORO CHE LO ACCOLGONO.
21 NOVEMBRE – SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO.
La Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero, quest’anno è stata celebrata la Domenica 19 Settembre.
In questa ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo, la cui regalità si costruisce giorno per giorno con la grazia che, se da una parte, ci libera dal peccato, dall’altra ci unisce a lui nella sua obbedienza al Padre. La regalità del Signore Gesù non si fonda come le potenze di questo mondo con la violenza o le armi, ma con il suo sacrificio sulla croce, perché egli « Sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della croce è diventato Signore » e con la sua resurrezione ha realizzato il progetto salvifico del Padre a favore dell’umanità intera.
Questo regno, fondato sulla riconciliazione dell’umanità operata da Cristo con il Padre, nelle vicende tristi e dolorose, che la storia spesso ci fa sperimentare e agli occhi di tanti, sembra che neppure ci sia presente nel mondo. In realtà è presente e vi fanno parte quelli che si uniscono alla passione di Cristo vivendo nella giustizia e nella carità, sono disposti a donare la propria vita come il Cristo e a porsi al servizio dell’uomo nelle sua necessità spirituali e materiali, secondo il suo stile ed esempio.
Nella Colletta di questa solennità preghiamo dicendo: « O Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, re e salvatore, e ci hai resi partecipi del suo sacerdozio regale, fa che ascoltiamo la sua voce, per essere nel mondo fermento del tuo regno di giustizia e di pace ».
Prima Lettura: Dn 7,13-14.
Il profeta Daniele, nelle visioni notturne, vede « Venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio dell’uomo » che fu presentato ad un vegliardo e gli vennero dati potere, gloria e regno. Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano. Il suo potere è un potere eterno che non finirà mai e il suo regno non sarà mai distrutto. Nella figura misteriosa del figlio dell’uomo, i credenti in Cristo, riconoscono Gesù che, nel sinedrio, davanti al sommo sacerdote che lo inter- roga chiedendogli: « Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? », risponde: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo » ( cfr.Mc 14,61-62; Mt 26,63-64; Lc 22,69).E a Pilato, che gli chiede se egli è re, risponde che il suo regno non è di questo mondo, come le potenze mondane. Così Gesù proclama la sua regalità.
Seconda Lettura: Ap1,5-8.
L’apostolo Giovanni, nell’Apocalisse, riprende la visione di Daniele e le parole dette da Gesù. Dopo aver ribadito che Gesù è il « il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra», rinnova la sua fede «Colui che ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen». Continua l’apostolo scrivendo: « Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen ». A Cristo si volgeranno, riconoscendo la sua regalità, tutti gli uomini insieme a coloro che, credenti in lui, proprio per il suo sacrificio e il suo sangue, siamo costituiti partecipi del suo Regno:« Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre ». Tutto questo deriva dall’amore che Dio Padre, nella sua misericordia, ci ha manifestato per mezzo del suo Figlio. Il suo regno, in cui regna la grazia, la carità, la pace, la fraternità, la giustizia, il donarsi e il servire i fratelli, non ha nulla in comune con le violenze di questo mondo, né con le potenze che opera in contrasto con questi valori. Vi partecipano quelli che si sforzano di realizzarli dandovi il loro assenso: « Sì, Amen ». Ancora. Cristo Gesù è Colui che dice: « Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene , l’Onnipotente ».
Vangelo: Gv 18,33b-37.
Gesù, a Pilato che esplicitamente gli chiede se egli è re, risponde: « Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me? ». Quando gli chiede: « Che cosa hai fatto? » Gesù gli risponde: « Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo , i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù ». E poiché Pilato desidera la conferma della sua regalità, Gesù risponde: « Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ».
Gesù non esita a proclamarsi re, anche se i segni della sua regalità, di cui i soldati lo hanno addobbato, lo fanno sembrare re da burla. Se agli occhi e all’incredulità umana quei segni irridono Cristo, secondo la prospettiva di Dio, a dispetto di chi lo beffeggia, incominciano a rivelare la strana dignità regale di Colui che, dall’alto del più ignominioso supplizio della croce, avrebbe attirato a sé tutti coloro che, guardandolo, si sarebbero battuto il petto. Con quella morte, « Colui che hanno trafitto » ha redento e purificato dal male l’umanità, e tratto a sé rinnovato il mondo. Per coloro che accolgono la verità di Dio e lo amano, riconoscendolo nei fratelli, Gesù sarà, nel giudizio universale, non un re da burla, ma il vero e unico Re dell’universo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 20 Novembre 2021 11:18)
ATTENDIAMO NELLA VIGILANZA LA VENUTA DEL SIGNORE.
14 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, che farai risplendere i giusti come stelle nel cielo, accresci in noi la fede, ravviva la speranza e rendici operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del tuo Figlio ».
Prima Lettura: Dn 12,1-3.
Nella visione del profeta Daniele ci viene descritto ciò che avverrà: « Sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo » e, pur essendo un tempo d’angoscia, chiunque di esso « si troverà scritto nel libro » sarà salvato. Viene anche descritta quale sarà la sorte di tutti coloro che dormono nella polvere, i quali « si risveglieranno gli uni per la vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna ». I saggi e coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come lo splendore e le stelle del firmamento.
Vi è preannunziata in questa visione apocalittica la realtà in cui saremo introdotti da Dio quando, alla fine dei tempi, ognuno, a seconda delle opere compiute nella libertà delle scelte fatte, riceverà di partecipare o allo splendore di Dio e della sua eterna beatitudine, o alla infamia e vergogna eterne.
Seconda Lettura: Eb 10,11-14.18.
La lettera agli Ebrei continua a descrivere l’opera di Cristo che, come sommo sacerdote della nuova alleanza, a differenza del sacerdozio levitico, non si presenta a celebrare giorno per giorno il culto e gli stessi sacrifici che non possono eliminare i peccati. Cristo, dopo essersi offerto con un unico sacrificio per i peccati, « si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi ». Egli così con un’unica offerta « ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati », per cui non c’è più bisogno di sacrifici né di offerte per il perdono dei peccati.
In Lui, ormai, ogni uomo può accedere al perdono e alla misericordia di Dio, partecipare della santificazione ed entrare nella vita e nella comunione eterna con Dio insieme a tutti i giusti. E’ necessario che il nostro sguardo sia fisso sulla croce del Signore, perché tutto dipende dalla sua morte, momento decisivo per la storia del mondo e per la salvezza di tutti gli uomini.
L’Eucaristia, che è il cuore della Chiesa, ripresenta, nella storia dell’umanità e di ognuno, quell’ evento salvifico e santificante, per cui tutti coloro che vi si lasciano coinvolgere possono partecipare della salvezza eterna.
Vangelo: Mc 13,24-32.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico, questo brano dell’ Evangelista Marco ci ripropone l’insegnamento di Gesù riguardo agli avvenimenti escatologici, cioè ultimi della storia: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte ». Sarà il momento in cui si vedrà « il Figlio dell’uomo » venire sulle nubi del cielo, con potenza e gloria, e i suoi Angeli raduneranno gli eletti della terra.
Ancora. Attraverso la parabola del fico, che preannunzia l’avvicinarsi dell’estate non appena mette le foglie, Gesù invita i suoi ascoltatori a riconoscere, dagli eventi futuri descritti, che la venuta del Figlio dell’uomo è vicina, alle porte. Anzi: « In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ». Gesù ci ammonisce ancora dicendo che quel giorno e quell’ora nessuno li conosce, né gli angeli e neanche il Figlio, ma solo il Padre. Gesù, alludendo a ciò che sarebbe capitato a Gerusalemme non molto tempo dopo, esorta i discepoli e coloro che lo avrebbero accolto a restare perseveranti nella fede, saldi nelle sue parole e, pur in mezzo a tutto quello che dovrà accadere, a non temere nulla. A sostenerli e fortificarli ci sarebbe stato lui che, attraverso il suo Spirito, li avrebbe assistiti nella testimonianza da rendergli davanti ai giudici e nei tribunali degli uomini. Così la vita dei discepoli del Signore potrà essere soggetta a persecuzioni, tradimenti, tentazioni e inganni, ma Egli li avrebbe accompagnati lungo la storia fino a quegli ultimi eventi, promettendo: « Ecco, Io sarò con voi fino alla fine dei tempi! ».
ATTENDIAMO NELLA VIGILANZA LA VENUTA DEL SIGNORE.
14 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, che farai risplendere i giusti come stelle nel cielo, accresci in noi la fede, ravviva la speranza e rendici operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del tuo Figlio ».
Prima Lettura: Dn 12,1-3.
Nella visione del profeta Daniele ci viene descritto ciò che avverrà: « Sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo » e, pur essendo un tempo d’angoscia, chiunque di esso « si troverà scritto nel libro » sarà salvato. Viene anche descritta quale sarà la sorte di tutti coloro che dormono nella polvere, i quali « si risveglieranno gli uni per la vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna ». I saggi e coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come lo splendore e le stelle del firmamento.
Vi è preannunziata in questa visione apocalittica la realtà in cui saremo introdotti da Dio quando, alla fine dei tempi, ognuno, a seconda delle opere compiute nella libertà delle scelte fatte, riceverà di partecipare o allo splendore di Dio e della sua eterna beatitudine, o alla infamia e vergogna eterne.
Seconda Lettura: Eb 10,11-14.18.
La lettera agli Ebrei continua a descrivere l’opera di Cristo che, come sommo sacerdote della nuova alleanza, a differenza del sacerdozio levitico, non si presenta a celebrare giorno per giorno il culto e gli stessi sacrifici che non possono eliminare i peccati. Cristo, dopo essersi offerto con un unico sacrificio per i peccati, « si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi ». Egli così con un’unica offerta « ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati », per cui non c’è più bisogno di sacrifici né di offerte per il perdono dei peccati.
In Lui, ormai, ogni uomo può accedere al perdono e alla misericordia di Dio, partecipare della santificazione ed entrare nella vita e nella comunione eterna con Dio insieme a tutti i giusti. E’ necessario che il nostro sguardo sia fisso sulla croce del Signore, perché tutto dipende dalla sua morte, momento decisivo per la storia del mondo e per la salvezza di tutti gli uomini.
L’Eucaristia, che è il cuore della Chiesa, ripresenta, nella storia dell’umanità e di ognuno, quell’ evento salvifico e santificante, per cui tutti coloro che vi si lasciano coinvolgere possono partecipare della salvezza eterna.
Vangelo: Mc 13,24-32.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico, questo brano dell’ Evangelista Marco ci ripropone l’insegnamento di Gesù riguardo agli avvenimenti escatologici, cioè ultimi della storia: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte ». Sarà il momento in cui si vedrà « il Figlio dell’uomo » venire sulle nubi del cielo, con potenza e gloria, e i suoi Angeli raduneranno gli eletti della terra.
Ancora. Attraverso la parabola del fico, che preannunzia l’avvicinarsi dell’estate non appena mette le foglie, Gesù invita i suoi ascoltatori a riconoscere, dagli eventi futuri descritti, che la venuta del Figlio dell’uomo è vicina, alle porte. Anzi: « In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ». Gesù ci ammonisce ancora dicendo che quel giorno e quell’ora nessuno li conosce, né gli angeli e neanche il Figlio, ma solo il Padre. Gesù, alludendo a ciò che sarebbe capitato a Gerusalemme non molto tempo dopo, esorta i discepoli e coloro che lo avrebbero accolto a restare perseveranti nella fede, saldi nelle sue parole e, pur in mezzo a tutto quello che dovrà accadere, a non temere nulla. A sostenerli e fortificarli ci sarebbe stato lui che, attraverso il suo Spirito, li avrebbe assistiti nella testimonianza da rendergli davanti ai giudici e nei tribunali degli uomini. Così la vita dei discepoli del Signore potrà essere soggetta a persecuzioni, tradimenti, tentazioni e inganni, ma Egli li avrebbe accompagnati lungo la storia fino a quegli ultimi eventi, promettendo: « Ecco, Io sarò con voi fino alla fine dei tempi! ».
RINGRAZIAMO IL SIGNORE PER TUTTI I SUOI BENEFICI SPIRITUALI E MATERIALI.
7 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(ANNO B)
OOGI RICORRE LA 71a GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO.
La celebrazione della passione gloriosa del Signore, Figlio di Dio, non è un avvenimento del passato, ma è reso presente dall’azione dello Spirito e noi partecipandovi con fede ne veniamo coinvolti. Assumendo con impegno il Corpo e Sangue di Cristo, che si è offerto per la nostra salvezza, noi impariamo a donarci per la salvezza dell’umanità. Alla passione del Signore è seguita la sua gloriosa risurrezione, per cui con l’Eucaristia che noi celebriamo viene alimentata la speranza della gloria futura. Ma dobbiamo vivere nella vigilanza tale attesa, così da essere trovati, alla venuta del Signore, pronti per entrare, come le vergini prudenti, con lui nel banchetto celeste.
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Padre, che soccorri l’ orfano e la vedova e sostieni la speranza di chi confida nel tuo amore, fa’ che sappiano donare tutto quello che abbiamo, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi ».
Prima Lettura: 1 Re 17,10-16.
Nell’episodio di Elia che affamato e assetato, dal lungo viaggio, incontra, alla porta della città di Sarèpta, la vedova a cui chiede di dargli dell’acqua e preparargli una focaccia, siamo chiamati a condividere con i fratelli ciò di cui disponiamo e ad affidarci alla provvidenza di Dio nella nostra vita. Alla donna, che risponde ad Elia dicendo di non avere altro che un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio, per fare una focaccia per lei e il suo figlio e poi aspettare la morte, il profeta dice: « Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, perché così dice il Signore, Dio d’Israele: “ La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra ».
Mangiarono tutti, lei, lui e la casa di lei per diversi giorni e sia la farina della giara che l’olio dell’orcio non diminuirono, come aveva detto il profeta.
La fede della donna, che fa come le dice il profeta, viene premiata, perché nella sua provvidenza Dio non fa mancare il necessario a chi condivide di cuore ciò che la sua bontà dona. Spesso nella nostra vita, spinti dall’egoismo, non facciamo affidamento nella provvidenza di Dio. Ma se ci apriamo, con l’accoglienza pronta e sincera, anche a chi non è nella nostra cerchia, come fece la donna con lo straniero Elia, allora il Signore non mancherà di elargire il necessario per tutti.
Seconda Lettura : Eb 9,24-28.
Il brano della lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci presenta un altro aspetto dell’azione sacerdotale di Gesù. Egli infatti, a differenza di quanto avveniva nell’esercizio del sacerdozio ebraico, in cui il sommo sacerdote ripeteva, una volta all’anno, il sacrificio con il sangue altrui nel tempio, costruito dall’uomo, dopo aver offerto il proprio sangue e riconciliato l’umanità con Dio, è entrato, dopo la sua risurrezione, nel santuario del cielo non fatto da mani d’uomo: « Ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso ». Conclude la Parola di Dio dicendo che come per gli uomini è stabilito che muoiono una sola volta e poi viene per loro il giudizio, così anche il Cristo che è morto, « dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza ».
Con il gesto sacrificale di se stesso, compiuto una sola volta, che ha valore inesauribile, perché compiuto da un uomo-Dio, tutti i peccati del mondo possono essere perdonati, per cui non c’è motivo di ripetere lo stesso sacrificio, che è perennemente valido. Celebrando l’Eucaristia noi riceviamo il frutto di quell’unico sacrificio, mentre attendiamo il Cristo nell’attesa della sua venuta, come ripetiamo nell’acclamazione dopo la consacrazione.
Vangelo: Mc 12,38-44.
Gesù, oggi, nel suo insegnamento se, da una parte, dice alla folla di non avere atteggiamenti farisaici, come spesso nota nel comportamento di scribi e farisei, i quali « amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti, divorano le case delle vedove e pregano per farsi vedere », e preannunzia per tali comportamenti condanne più severe, dall’altra , guardando coloro che offrono l’obolo nel tesoro del tempio, loda l’offerta di « due monetine », che una vedova vi getta, perché, così povera che è, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri: « Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere ». Davanti a Dio quello che conta non è tanto la quantità del dono, ma con quale intenzione d’animo, spirito e sincerità il sacrificio reale viene offerto. E’ prezioso davanti a Dio l’obolo della vedova e non ciò che viene donato, dal proprio superfluo, da chi vuole ostentare se stesso per primeggiare. Il metro di Dio non è quello umano, perché la povertà per Dio è la vera ricchezza. Egli valuta molto il poco che ognuno dà di cuore e per amore dei fratelli.
RIPORRE TUTTO NELL'AMORE.
31 OTTOBRE – XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)
In questa Domenica LA Parola di Dio ci chiede di corrispondere al suo amore con tutto il nostro cuore, con tutta l’anima con tutta mente e con tutte le nostre forze. Da questo amore deve dipendere l’amore per gli uomini, perché tutti siamo creature di Dio, creati a sua immagine e somiglianza e figli, se aderiamo a Lui secondo il suo progetto di salvezza realizzato nel suo Figlio, morto e risorto per noi.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo: « O Padre, tu sei l’unico Signore e non c’è altro Dio all’infuori di te: donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano al comandamento dell’amore ».
Dt 6,2-6.
Mosè, a cui Dio ha rivelato i comandamenti, rivolto al popolo lo esorta a temere Dio e ad osservare, lungo tutti i giorni della sua vita e per tutte le generazioni, i comandi e le leggi che Mosè dava loro, perché solo così avrebbero avuto lunga vita e prosperità. Mettendole in pratica avrebbero avuto vita felice e lunga discendenza nella terra promessa come Dio aveva promesso ai padri. Il Signore ribadisce la sua unicità e non avrebbero dovuto avere altri dei, né prostrarsi davanti ad altri dei..
Eb 7,23-28.
La lettera agli Ebrei, continuando la catechesi sul Sacerdozio nell' alleanza ebraica e nella nuova alleanza cristiana, vi evidenzia come il primo sacerdozio non aveva lunga durata per la morte di coloro che divenivano sacerdoti, mentre quello di Cristo, che si è offerto come vittima di espiazione dei peccati di tutti, poiché egli possiede un sacerdozio che non tramonta, può salvare quelli che per mezzo di Lui si avvicinano a Dio. Poiché il Signore Gesù, si è assiso alla destra del Padre, dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo, intercede in favore degli uomini. Gesù, sommo sacerdote della nuova alleanza, essendo santo, innocente, senza macchia, salito ormai al cielo, non ha bisogno di offrire ogni giorno sacrifici come facevano i sommi sacerdoti dell’antica alleanza, per i propri peccati e per quelli del popolo, perché con il suo unico sacrificio ha realizzato, una volta per tutte, offrendo se stesso, la redenzione universale di quelli di cui ne ha condiviso la natura umana eccetto il peccato.
Gesù, poiché ha imparato l’obbedienza dalle cose patì, è stato reso perfetto per sempre ed è divenuto causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono.
Mc 12, 28b-34.
Gesù, allo scriba che gli domandò quale fosse il comandamento più grande, risponde, ripetendo la formula antica: « “Ascolta, Israele! Il Signore tuo Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “ Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi »
Lo scriba, riconoscendo che Gesù aveva risposto bene e secondo verità, gli risponde che l’amore a Dio, da amare con tutto noi stessi e il prossimo come se stessi, vale più di tutti gli olocausti e sacrifici.
Gesù, allora, gli conferma che, se così farà, egli non è lontano dal regno di Dio.
Nella nostra vita, se vogliamo essere secondo quanto il Vecchio Testamento e l’insegnamento di Gesù ripropone, dobbiamo saper coniugare bene entrambi gli aspetti di questo amore che bisogna avere verso Dio e verso il prossimo, vicino o lontano, perché significa dare a Dio quello che spetta a Dio e al prossimo quello che spetta al prossimo.