





Gesù è venuto a portare compimento alla Legge.
12 FEBBRAIO - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(A)
La giustizia di Dio e l’amore al prossimo.
La Domenica, facendo memoria della Pasqua del Signore, che ci dona con il suo Spirito il suo Corpo e il suo Sangue, esprimiamo il nostro amore per lui.
Divenuti allora con lui una sola cosa, fondati su di lui «pietra angolare» per formare un solo «tempio », con cuore retto e sincero, dobbiamo anche ascoltare la sua Parola e scegliere di vivere liberamente, per una adesione di amore, mettendoci, fedeli alla sua volontà, a servizio del suo progetto.
La carità che, come ci insegna Gesù, ci fa superare l’osservanza formale della legge, richiede un’adesione interiore.
Nella Colletta della Messa di oggi preghiamo: « O Dio, che riveli la pienezza della legge nella giustizia nuova fondata sull’amore, fa’ che il popolo cristiano radunato per offrirti il sacrificio perfetto, sia coerente con le esigenze del Vangelo, e diventi per ogni uomo segno di riconciliazione e di pace ».
Prima Lettura: Sir 15,15-20.
Il Siracide invita tutti, con una scelta di libertà, ad osservare i comandamenti del Signore, i quali custodiranno chi ha fiducia nel Signore, che pone davanti agli uomini « la vita e la morte, il bene e il male ed ad ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà ». Il Signore, « forte e potente », vede ogni cosa e, conosce ogni opera degli uomini, « i suoi occhi sono su coloro che lo temono. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare ».
L’uomo, che Dio ha dotato di libertà, ha la capacità di scegliere ed essere responsabile delle proprie azioni e può, purtroppo, usare male questa meravigliosa facoltà usandola in modo sbagliato. L’uomo con l’aiuto della grazia di Cristo, dono del suo Spirito, è corroborato a scegliere il bene. Ogni scelta sbagliata, allora, più che esaltare la nostra libertà la rende più debole e, pur vedendo il male che dovremmo evitare, siamo spinti a compierlo. Se anche l’ambiente, la società, le situazioni, su cui scarichiamo le nostre responsabilità, influenzano le nostre scelte, di esse siamo, per la nostra parte, responsabili.
Seconda Lettura: 1 Cor 2,6-10.
San Paolo, scrivendo ai Corinti, esorta coloro che vogliono essere perfetti in Cristo a ricercare la sapienza divina che non è quella di questo mondo né dei dominatori di questo mondo. Il cristiano deve ricercare e parlare del mistero della sapienza di Dio, che è rimasta nascosta, ma stabilita prima dei secoli per la nostra gloria, e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla, perché altrimenti non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Citando le Scritture dice che ciò che occhio non ha visto, né orecchio ha udito e che mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Continua infine dicendo che Dio, agli apostoli e a lui, « le ha rivelate per mezzo lo Spirito », che conosce « bene ogni cosa, anche le profondità di Dio ».
Dio ha manifestato la sua sapienza attraverso la croce del suo Figlio, il quale, per la sua obbedienza al Padre, ha reso vana la sapienza del mondo e il potere dei dominatori di questo mondo. Ma per conoscere e accogliere la sapienza della croce e lo stile di Dio bisogna essere attratti dal Signore crocifisso come ha detto Gesù: « Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me »(Gv 12,32) e « Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me » ( Gv 14,6 ). L’umiltà e l’obbedienza a Dio, che ci fanno imitare Gesù, sono il segreto che hanno vissuto i santi, i quali, già nella gloria del Signore, godono di « quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo », perché non si possono descrivere e rappresentare con discorsi o immagini terrene e sono cose di là da qualsiasi esperienza di quaggiù.
Vangelo: Mt 5,17-37.
Nel lungo discorso della montagna del Vangelo di Matteo Gesù dice di non essere venuto per abolire la Legge o i profeti, ma a dare compimento e che nessuna parte, anche minuscola di esse passerà. Ancora: Chi avrà trasgredito o insegnato qualcosa di diverso sarà considerato minimo nel regno dei cieli, mentre chi li avrà osservato e insegnato sarà grande nel regno dei cieli. Esorta a praticare la giustizia, che non bisogna vivere in modo farisaico e esteriore, ma dovrà superare quella degli scribi e dei farisei, se si vuole entrare nel regno dei cieli. Specificatamente dice che se è stato detto di non uccidere, egli aggiunge che anche chiunque si adira con il proprio fratello o chi gli dice “Stupido” si sarà sottoposto al giudizio e se gli dice anche semplicemente “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Esorta a riconciliarsi con il fratello con cui si ha qualche dissidio prima di offrire il proprio dono all’altare, a mettersi d’accordo con il proprio avversario prima di arrivare davanti al giudice e rischiare di essere messo in prigione, a non commettere adulterio, perché anche solo a guardare una donna e desiderarla si commette adulterio nel proprio cuore.
Ancora: a cavarsi un occhio o tagliarsi una mano se queste membra dovessero essere occasione di scandalo, perché conviene perdere un membro del proprio corpo che finire integri nella Geènna. A non ripudiare la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, per non esporla all’adulterio o a non sposare una ripudiata per non commettere adulterio.
In ultimo dice che se è stato detto di non giurare il falso, ma ad adempiere i propri giuramenti al Signore, egli dice:« Non giurate affatto, né per il cielo, che è il trono di Dio, né per la terra, che è sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurate neppure per la vostra testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno ».
La nostra vita non può prescindere dal realizzare l’amore al nostro prossimo come quello che dobbiamo avere per noi. Un appello concreto che ci interpella ogni giorno.
Gesù esorta i discepoli ad essere luce del mondo e sale della terra.
5 FEBBRAIO-V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(A)
Cristo, luce del mondo, ci illumina e chiede di essere luce.
Nello spirito delle Beatitudini, che sono la via più viva e credibile dell’annunzio del Vangelo, la Chiesa non è chiamata ad essere potente, ad avere successo, ma a seguire la logica di Dio e, poiché i criteri del mondo non sono quelli del Regno di Dio, può essere osteggiata e anche perseguitata. Certo, la marginalità, l’essere osteggiati, perseguitati può mettere in crisi la fede e la speranza, ma le parole di Gesù del vangelo di oggi vogliono essere di incoraggiamento a non venir meno nell’impegno di essere sale e luce nel mondo.
Identità e missione.
Gesù, rivolgendosi a coloro che vogliono seguirlo, dice: « Voi siete il sale della terra… siete la luce del mondo…» e chiede che l’ “ identità ” che devono avere non esprime tanto un desiderio o osservare un precetto morale. Questa identità è però frutto della grazia, che opera per la potenza dello Spirito Santo nel nostro cuore.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia di oggi preghiamo dicendo: « O Dio, che nella follia della croce manifesti quanto è distante la tua sapienza dalla logica del mondo, donaci il vero spirito del Vangelo, perché ardenti nella fede e instancabili nella carità diveniamo luce e sale della terra ».
Prima Lettura: Is 58, 7-10.
La vita religiosa, che il cristiano deve vivere, non può essere, secondo l’insegnamento che viene dal brano di Isaia che la liturgia oggi ci fa ascoltare e che Gesù fortemente richiama, una pratica cultuale sganciata da una vita di « fede ardente e da una instancabile carità » Si rende culto a Dio non attraverso delle pratiche solo esteriori, come digiuni, preghiere o altro, per assolvere ad un precetto. Chi divide il pane con il prossimo che ha fame, chi veste l’ignudo senza trascurare i propri cari, chi ha spirito di comprensione e di perdono, trova il Signore, incontra la sua misericordia, « la tua luce sorgerà come l’aurora, davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà ». Allora quando si invocherà il Signore e si implorerà il suo aiuto egli dirà: « Eccomi ! ». Il profeta ancora continua esortando : « Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio…, se sazierai l’afflitto di cuore » si avrà il cuore illuminato dalla luce divina e le proprie tenebre si diraderanno. La preghiera che salga da un animo duro, aspro, impietoso non è ascoltata da Dio. La domenica è anche il giorno della carità fraterna. Se no, non è nemmeno il giorno del Signore.
Seconda Lettura: 1 Cor 2, 1-5.
Paolo dice ai Corinti che la sua predicazione è stato Gesù Cristo crocifisso e a non mostrare loro la sua bravura nel parlare, la sua sapienza. Egli si è presentato a loro « nella debolezza e con molto timore e trepidazione» Egli sostiene che chi ha prodotto la conversione del loro cuore è stato la mani- festazione dello Spirito Santo e la potenza di Dio, perché su questa fosse fondata la loro fede. E’ sempre così: non le belle prediche, ma la grazia apre il cuore. La preghiera per la conversione degli uomini è certamente necessaria per impetrare da Dio che sia lui ad aprire il cuore all’accoglienza del messaggio della salvezza. Possiamo meritare per noi e per gli uomini la conversione se ci stacchiamo dalle belle parole che accontentano l’orecchio ma non cambiano la nostra vita.
Vangelo: Mt 5, 13-16.
I discepoli di Gesù, uomini come tutti gli altri, vivono e operano in mezzo al mondo; eppure ciò che li distingue dagli altri è la loro fede e la loro carità, che li rendono sale e luce del mondo. Questa se da una parte è una identità nuova, è anche la nostra missione, poiché Dio agisce nella storia attraverso le nostre scelte quotidiane. Il sale dà sapore, rende gradevole il cibo. Così deve essere un cristiano: capace di conferire il vero sapore della sapienza, dono dello Spirito di Dio. Testimoniare questa sapienza è la missione che il Signore ci affida, anche quando essa è osteggiata ed estranea alla logica del mondo. Dio, come dice Gesù, ci dona la sua forza e quando siamo sfiduciati, demotivati e stanchi, rivolgiamoci a lui per avere nuova gioia e nuova forza.
Gesù, ancora, attraverso la metafora della luce, si proclama Luce del mondo, che rivela le cose nella luce di Dio e indica all’uomo il cammino da seguire, illuminato dalla giusta luce divina. Anche il popolo di Israele, vivendo la vera fede, avrebbe dovuto essere luce, così come noi che, vivendo le Beatitudini, siamo luce se e nella misura in cui partecipiamo della luce di Cristo, da cui deriva la nostra missione profetica, affidata a tutti i credenti in lui, di illuminare tutta l’umanità.
Richiamando anche la necessità del buon esempio delle opere con l’immagine della luce, si noti, che Gesù parla della glorificazione del Padre. Esse infatti sono come il segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini e, nella loro storia, non devono essere solo espressione di religiosità sterile e ipocrita. Chi fa il bene rende presente Dio e conduce a lui.
Identità cristiana: incarnazione della Parola e missione.
Il sale della sapienza evangelica e la luce che deve risplendere devono esprimere l’identità cristiana per continuare il mandato profetico che Gesù assegna ai suoi discepoli e alla sua Chiesa. La Parola di Dio, efficace nella testimonianza dell’apostolo e nel cuore di chi riceve l’annuncio, ha la priorità. Essa, seminata da Dio nel cuore degli uomini, se da una parte deve essere contemplata e testimoniata da chi l’annunzia, dall’altra deve portare alla missione, cosicché venga incarnata non come mera propaganda ma come realizzazione del regno di Dio anche in chi l’accoglie.
Paolo, nel riconoscere la propria debolezza, fa affidamento alla potenza della Parola e assume la logica della croce, ritenendo di « non sapere altro in mezzo ai Corinzi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso » (1 Cor 2,2).
La missione animata dalla contemplazione rende testimoni e si diventa credibili se si vive nella propria esperienza di vita, con le parole e le opere, ciò che si è visto e si annunzia, per cui sant’ Ignazio d’Antiochia diceva scrivendo agli Efesini: « E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che professarlo senza esserlo ».
Ultimo aggiornamento (Sabato 04 Febbraio 2017 20:33)
L'obbedienza di Cristo al Padre fino alla morte di croce per noi: fonte di salvezza per l'uomo.
29 GENNAIO-IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO(A)
La Domenica, giorno del Signore, ci raduniamo per esprimere la nostra adorazione, il ringraziamento e la lode a Dio e per celebrare il banchetto in cui il Signore si dona con il suo Corpo e il suo Sangue, in cibo di comunione con lui e tra noi. Tutto questo non deve essere vissuto con segni solo esteriori ma viverlo con l’intimo del cuore e con tutta l’anima. Deve essere anche un impegno di amare i fratelli nella carità di Cristo, che dona la sua vita per noi, e ci insegna a fare altrettanto per i fratelli.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, che hai promesso ai poveri e agli umili la gioia del tuo regno, fa’ che la Chiesa non si lasci sedurre dalle potenze del mondo ma a somiglianza dei piccoli del Vangelo segua con fiducia il suo sposo e Signore, per sperimentare la forza del tuo Spirito ».
Prima Lettura: Sof 2,3; 3,12-13.
Il profeta Sofonia esorta tutti i poveri della terra a cercare il Signore, ad eseguire i suoi ordini, cercando la giustizia, l’umiltà, per essere « trovati nel giorno dell’ira del Signore al riparo ». Nel suo popolo il Signore lascerà un « resto » che sarà un popolo umile e povero, che confiderà nel suo nome, non opererà iniquità e non profetizzerà menzogne, la sua lingua non sarà fraudolenta e potrà vivere tranquillo senza che nessuno lo molesti. Gli umili e i poveri che confidano nel Signore troveranno in lui rifugio, perché il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati e libera i prigionieri; ri- dona la vista a chi è cieco, rialza chi è caduto, ama i giusti e protegge i forestieri; sostiene l’orfano e la vedova, sconvolge le vie dei malvagi perché egli dura per sempre di generazione e generazione, come ci fa riflettere il Salmo 145 che la liturgia della Parola oggi ci fa pregare.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,26-31.
San Paolo, scrivendo ai Corinti, ricorda di considerare la chiamata che Dio ha fatto loro e che tra essi non ci sono molti sapienti, dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Dio infatti ha scelto quello che è stolto per il mondo per confondere i potenti e quello che è debole per confondere i forti; quello che è ignobile, disprezzato e nulla lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, cosicché nessuno può vantarsi di fronte a Dio per ciò che da lui, con lui e per lui viene realizzato. Continua dicendo che è grazie a Dio che si è in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per i credenti sapienza, giustizia, santificazione e redenzione. Così chi vuol vantarsi, si vanti nel Signore. Davanti al giudizio di Dio la potenza, la nobiltà, la cultura, la sapienza del mondo, a nulla valgono per la nostra salvezza, se non sono vissute secondo la modalità e la logica di Dio Padre e di Gesù Cristo, suo Figlio, che è venuto nella nullità della carne e nell’ obbedienza della croce per realizzare la salvezza dell’uomo. Nessuno può quindi vantarsi di qualche proprio merito e tutti siamo racchiusi nella misericordia di Dio. Egli ha redento il mondo per mezzo del sacrificio del Figlio sulla croce, ritenuta stoltezza, debolezza e ignobile dalla mentalità del mondo. Dalla povertà di Cristo, che da ricco che era nella condizione divina si è fatto povero per noi, e dalla sua umiltà, essendosi umiliato, l’uomo è stato redento. Davanti a tanto esempio le nostre pretese o vanità perdono certamente la loro valenza mondana.
Vangelo: Mt 5,1-12.
Le beatitudini che Gesù proclama sono un cammino opposto alla logica e alla mentalità del mondo. Solitamente il mondo considera beati coloro che sono ricchi nella materialità dei beni e non hanno problemi di sorta, coloro che godono sulla terra e fanno valere i propri diritti con astuzia e sotterfugi o con prepotenza. Gesù esalta la povertà e il distacco dai beni terreni, riportandoli al loro giusto valore di mezzo, da utilizzarsi non egoisticamente solo per sé ma a servizio dei fratelli, la mitezza che conquista i cuori e bandisce ogni forma di violenza e sopraffazione, la misericordia nel perdonare anche ai propri nemici e a eventuali persecutori a motivo della fede, la sete di giustizia di cui si sarà saziati, la pazienza nelle sofferenze e nel pianto in cui si sarà consolati, la purezza e la limpidezza del cuore per cui si vedrà facilmente Dio, l’essere operatori di pace per potersi chiamare ed essere figli di Dio, il sopportare persecuzione o ogni forma di male per causa di Cristo e rallegrarsene perché grande sarà la ricompensa nei cieli. Il credere e realizzare questo capovolgimento di mentalità richiede coraggio e vi si riesce se si è motivati da una forte e costante fede e dall’ abbandono nelle mani del Signore. Il percorrere questa strada evangelica fa sperimentare fin da questa terra la beatitudine, la serenità, la gioia e la pace, che certamente saranno pienamente date nella visione beata del regno dei cieli.
Cristo, luce che risplende nelle tenebre del mondo.
22 GENNAIO – III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Cristo, luce che risplende nelle tenebre.
Dalla Galilea Gesù inizia la sua predicazione e la conclude inviando i suoi discepoli perché annunzino in tutto il mondo la Buona Novella. Nella Galilea dei gentili inizia a risplendere la luce di Cristo. Egli inizia solennemente il suo ministero dicendo: « Convertitevi , perché il regno dei cieli è vicino », così come aveva fatto al Giordano Giovanni, che chiamava i giudei a conversione e come faranno gli apostoli continuando l’opera di Gesù. Se vi è continuità tra l’annunzio di Giovanni e quello della Chiesa, vi è differenza tra i due: il primo precorre, il secondo è in continuazione con quello di Cristo.
Giovanni svolge la sua predicazione nel deserto della Giudea, in austerità e pratica un battesimo di penitenza e di conversione; Gesù nella Galilea pone l’accento sulla conversione in vista del regno dei cieli che è vicino.
La Galilea, è stata nell'antichità terra di facile occupazione straniera, abitata da popoli diversi e con diverse religioni: ebrei, ebrei ellenizzanti, pagani, è una terra che ha sperimentato l’impurità e l’idolatria secondo il giudaismo ortodosso; terra simbolica, rappresentativa della vita dell’intera umanità, fatta di fedeltà e infedeltà, peccato e santità, amore e egoismo, grandezza e miseria. In questa terra, le cui genti « abitano nelle tenebre in regione e ombra di morte » inizia a risplendere la luce e l’opera di Cristo e anche da qui ha inizio il ministero della Chiesa, mandata da lui a predicare la salvezza a tutti i popoli (Mt 28,10; 16).
Natanaele si domandava, avendo sentito alcuni discepoli dire di avere incontrato il Messia, Gesù di Nazaret di Galilea, come anche si domandavano i Giudei , può venire qualcosa di buono da Nazaret? Da qui può aver avuto inizio l’annunzio della Chiesa di Cristo, si chiedeva la mentalità giudaica? Invece, da questa terra disprezzata ha inizio il cammino della salvezza.
Gesù annunzia il regno di Dio: una regalità, quella che annunzia, fatta di misericordia, di salvezza e di speranza per l’umanità, perché Dio ama gli uomini e nel suo Figlio, che incarna questa regalità con le sue parole, i suoi gesti, la sua morte e risurrezione, raggiunge tutti gli uomini e li salva. La luce che Gesù porta con il suo Vangelo dona gioia e toglie, a chi vive tristemente, la mestizia. Il regno di Dio annunziato, realizzato da Gesù e continuato dalla predicazione apostolica, deve tenere uniti i credenti in Cristo e non renderli divisi, come erano i Corinzi, a cui Paolo rimproverava la loro immaturità di fede. Purtroppo, nella Chiesa, sempre c’è stato e c’è il pericolo di divisioni, quando si perde di vista il centro della nostra identità di cristiani che è Cristo e non questo o quell’altro credente.
Riscoprire la centralità di Cristo e la gioia di partecipare alla realizzazione del regno di Dio ci fa rivivere nella nostra esistenza l’esperienza degli apostoli, che da pescatori, avendo incontrato Cristo, hanno lasciato tutto per seguirlo. Anche nel quotidiano della nostra vita, spesso grigia e annoiata, Cristo passa e ci chiama a seguirlo.
Andare dietro a Gesù, subito, come gli apostoli, significa cogliere l’urgenza del Regno e la necessità di una risposta che ci coinvolga per e con tutta la nostra vita.
Incontrato Cristo, come gli apostoli, è necessario mettere in atto una profonda conoscenza e relazione di intimità con lui, lasciandoci trasformare nella nostra esistenza, cosicché possiamo dire con Paolo che non siamo più noi che viviamo, ma è Cristo che vive in noi.
La domenica, giorno in cui si rinnova la gioia della Chiesa, essa ritrova il dono di Dio « sorgente inesauribile di vita nuova », cioè il Corpo e Sangue di Cristo. Anche l’uomo presenta una sua offerta, che è poi sempre grazia divina: sono il pane e il vino, che lo Spirito Santo consacra con la sua potenza divenendo « sacramento di salvezza ». Quando prendiamo parte al convito eucaristico la gioia del dono di Dio diventa in noi perfetta , e, ricevuto il sacramento, quando lo traduciamo nella vita diventa allora « un segno di salvezza e di speranza », un’attuazione del regno di Dio nella nostra vita quotidiana.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli Apostoli, fa’ che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce ».
Prima Lettura : Is 8, 23-9,3.
Il profeta annunzia la liberazione e la gioia per la Galilea. Quello che Isaia ha preannunziato si è compiutamente avverato perché, non più su una sola regione, per un solo popolo ma su tutto il mondo, una grande luce hanno visto « coloro che abitavano in terra tenebrosa », immersi tutti nelle tenebre del peccato e schiavi sotto lo spirito del male: il mondo intero è stato liberato con la venuta di Gesù, e quando ognuno di noi torniamo gioiosamente nella grazia del Signore veniamo liberati dal peccato per il perdono di Dio, manifestatoci un Cristo, suo Figlio.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,10-13.17.
Per la divisione dei fedeli della Chiesa di Corinto, poiché alcuni si richiamavano a Paolo, altri ad Apollo, e altri ancora a Pietro, l’apostolo sottolinea, forte della sua autorità e con fermezza, quanto siano assurde quelle divisioni e quelle discordie. Egli fa osservare, innanzitutto, che Cristo è uno per tutti e poi che non Paolo, Apollo, Pietro si sono sacrificati sulla croce, ma solo Cristo è stato crocifisso per tutti. Da ciò deriva che i cristiani quindi devono vivere « in perfetta unione di pensiero e di sentire ». Questa esortazione deve essere sempre tenuta presente nell’attualità di vita della Chiesa e delle varie comunità. Se pur ci sono sempre motivi di attrito, e spesso le comunità cristiane vivono aspre lotte e contese, con grande scandalo per quelli che sono lontani dalla Chiesa, la ricerca e l’attuazione della comunione cristiana, sotto la guida della « luce di Gesù », deve essere sempre perseguita con costanza e perseveranza per rendere credibile al mondo la fede e l’amore per Cristo Signore. Dobbiamo preferire il silenzio, il ritiro, piuttosto che incentivare queste divisioni che rendono esausta una comunità cristiana. La celebrazione ecumenica della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che stiamo celebrando deve invogliare tutti i credenti nel Signore Gesù a perseguire, con spirito evangelico, la ricerca e l’attuazione dell’unità della Chiesa.
Vangelo : Mt 4,12-23.
L’Evangelista Matteo, riportando la profezia della prima lettura sulla luce che risplende dalla Galilea, ne vede la realizzazione nel ritorno, nel soggiorno di Gesù in quella regione e, iniziando la sua opera messianica, la vera luce, la redenzione, la gioia diventano realtà.
In Galilea incomincia la predicazione della « buona novella », il Vangelo, annunzio che infonde gioia nel cuore; dalla Galilea Gesù incomincia a compiere i segni che rendono visibile il regno di Dio, che è poi incarnato pienamente in Gesù stesso.
Dalla Galilea Gesù inizia a chiamare i primi discepoli intorno a sé: Pietro, Giacomo, Giovanni, pescatori che dal mare di Galilea verranno inviati nel mondo intero, per essere pescatori di uomini.
L’Evangelista Matteo puntualizza la prontezza con cui i primi discepoli rispondono alla chiamata. Se il Signore chiama non si devono accampare scuse o ammettere ritardi.
Ultimo aggiornamento (Sabato 21 Gennaio 2017 18:00)
SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A.
15 GENNAIO – 2° DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno A)
Ci raccogliamo nel giorno del Signore per celebrare « il memoriale del Sacrificio » di Cristo. Non si tratta di un ricordo vago, di un simbolo, che tocchi e impressioni solo il nostro animo. E’ detto nell’orazione sulle offerte che alla celebrazione del memoriale « si compie l’opera della nostra redenzione ». Essa non è tramontata ma è presente nella verità del Corpo e del Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, il popolo della nuova alleanza. Particolarmente di domenica incontriamo Cristo nella liturgia e nei fratelli, e così è confermata la grazia del Battesimo, col dono dello Spirito, e riascoltata con cuore disponibile la Parola di Dio. Per questo si riaccende la nostra carità reciproca. Dopo la comunione chiediamo al Signore che « nutriti con l’unico pane di vita, formiamo un cuor solo e un’anima sola ».
Nella Colletta iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo:« O Padre, che in Cristo , agnello pasquale e luce delle genti, chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza, conferma in noi con la grazia del Battesimo con la forza del tuo Spirito, perché tutta la nostra vita proclami il lieto annunzio del Vange-lo ».
Dio ci chiama ad essere testimoni.
Giovanni il Battista con la sua predicazione e il suo ministero ci invita a vivere la testimonianza del Signore: dobbiamo lasciare spazio a Cristo e non fare di noi l’oggetto del nostro testimoniare. Gesù è nato, ora spetta a noi che egli si incarni e cresca nella nostra vita.
Oggi siamo introdotti, ponendo l’attenzione su Giovanni, nella esperienza della fede, poiché egli, più che il Battista, è il testimone che annuncia il Messia, già presente tra gli uomini, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, il Figlio di Dio su cui ha visto discendere e rimanere lo Spirito di Dio, Colui che avrebbe battezzato nello Spirito Santo: così egli indirizza chi ascolta la sua predicazione a Gesù. Giovanni, oggi, ci offre la sua testimonianza cristologica, invitando anche noi a fare il nostro cammino di fede.
L’indicazione di Gesù come l’ « Agnello di Dio » , ci rimanda all’agnello pasquale dell’Esodo e all’agnello del profeta Isaia del cantico dedicato al Servo del Signore. Gesù, offrendo se stesso, nella Pasqua definitiva della sua passione, morte e risurrezione, realizza la salvezza per tutti gli uomini, liberandoli dalla schiavitù del peccato: Cristo ha assunto su di sé la pena del peccato e ne ha vinto anche le conseguenze, cioè la morte. Gesù è venuto a liberarci, oltre che dai nostri concreti peccati, soprattutto dalla condizione di peccaminosità, dal rifiuto e ostilità del mondo verso Dio: questo è il peccato principale, origine degli altri peccati, cioè la non-fede.
Giovanni, ancora, proclamando Gesù « Figlio di Dio », esprime il vertice più alto della sua testimonianza riguardo alla identità, alla comunione e all’intimità del Cristo con il Padre, che nel battesimo lo ha manifestato come « il Figlio amato, in cui ha posto il suo compiacimento ».
Relazione tra Giovanni e Gesù.
Giovanni, come precursore, precede Gesù nel tempo, ma è cosciente che dopo di lui deve venire uno che è avanti a lui, perché è prima di lui. E mentre il battesimo di Giovanni annunzia la salvezza, solo quello che darà Gesù, nell’acqua e nello Spirito, la realizza, perché rimette i peccati e opera la santificazione, trasformando l’uomo nel profondo.
Prima Lettura: Is 49,3.5-6.
Isaia preannunzia che su Israele, servo del Signore, plasmato fin dal seno materno si manifesterà la sua gloria, per ricondurre Giacobbe e riunire Israele e ancora, oltre che restaurare le tribù di Giacobbe lo avrebbe costituito « luce delle nazioni » per portare la salvezza divina fino all’estremità della terra. Quando Gesù verrà realizzerà perfettamente questa realtà, poiché egli brillerà come « Luce vera », splendore che illumina le genti e sarà di redenzione per tutti gli uomini. Sarà, come dice Simeone, avendo tra le braccia il bambino Gesù: « luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele ».
Seconda Lettura: 1 Cor 1,1-3.
Alla Chiesa di Corinto, comunità di coloro che, redenti e credenti in Cristo, sono santificati dal Battesimo e che sono « santi per chiamata, insieme a tutti quelli che invocano il nome del Signore Gesù », Paolo augura grazia e pace da parte di Dio Padre e di Gesù.
Quanta stima dimostra san Paolo per i fedeli delle sue Chiese! Li chiama santi, perché santificati da Gesù, purificati dalla colpa e ricolmati di Spirito Santo. Bisogna essere coerenti verso questo dono che Dio fa a chi si lascia coinvolgere nel mistero della salvezza attraverso un comportamento degno della santità ricevuta, facendo crescere così in sé la potenza di questo dono di grazia.
Dall’apostolo impariamo, inoltre, un’altra cosa: siamo chiamati a rispettare e venerare i nostri fratelli e tutti quelli che fanno parte della comunità della Chiesa e della nostra famiglia ecclesiale per il dono di grazia che il Signore ha loro donato.
Vangelo: Gv 1, 29-34.
Giovanni, mentre battezza nel Giordano, vedendo venire verso di lui Gesù, su cui aveva contemplato lo Spirito di Dio discendere e rimanere in lui, lo indica agli astanti come l’« Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo ». Già in queste parole di Giovanni viene preannunziata l’immolazione del Signore, nuovo e vero Agnello pasquale, che laverà le colpe degli uomini nel suo sangue. Così Giovanni riconosce in Gesù colui di cui aveva detto: « Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me », rendendolo manifesto a Israele. Egli, avendo « contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui » testimonia che Gesù è il Figlio di Dio e non solo uomo, indicato, da chi lo aveva inviato a battezzare con l’acqua e che gli aveva detto: « Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo ». Se gli uomini fossero: « solo lavati con l’acqua, o anche se solo ci fosse un pentimento nostro, ciò non basterebbe per essere purificati dal peccato ed essere figli di Dio a nostra volta. Invece nell’acqua riceviamo veramente lo Spirito Santo che inibita in noi » ( Mess. Di ogni giorno. Ed. Citta Nuova, Vatic., Jaca Book.)