qUARESIMA - MERCOLEDI' DELLE CENERI.
13 Febbraio 2013
MERCOLEDI’ DELLE CENERI
« Lasciatevi riconciliare con Dio »
« Lasciatevi riconciliare con Dio… Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza » ( 2a lettura). « Convertitevi e credete al Vangelo! » ( Mc 1,15). Alla luce di questi due imperativi inizia l’itinerario quaresimale cristiano il mercoledì delle Ceneri. E’ un pressante invito a riscoprire innanzitutto l’amore di Dio che precede e chiama a conversione gli uomini.
La comprensione cristiana del peccato e della conversione diventa possibile solo a partire dalla constatazione delle nostre debolezze, dei nostri limiti.
Riscoprire il volto di Dio
All’inizio di questo cammino quaresimale è certamente utile richiamare almeno le costanti più significative che emergono dal messaggio biblico circa il peccato e la conversione, per orientare in modo corretto il nostro camminare.
Il peccato è il rifiuto, da parte dell’uomo, della proposta dell’amore gratuito di Dio che, per primo e incondizionatamente, gli va incontro. Nella vicenda biblica in primo piano – e dall’inizio - sta sempre la proclamazione dell’amore di Dio, non la constatazione e la denuncia del peccato dell’uomo.. La perdita del « senso del peccato » non è da collegare - a diversi livelli e per molteplici cause – a una mancanza di annuncio della « lieta notizia » di Gesù, morto e risorto? Di un annuncio capace di interpellare l’uomo d’oggi nella concretezza del suo quotidiano vivere?
In questo senso la riconciliazione è proclamazione dell’amore misericordioso di Dio oggi per noi e – allo stesso tempo – della speranza che un domani altre riconciliazioni saranno possibili, perché questo amore di Dio e incommensurabile e ci precede sempre.
Digiuno, preghiera e carità.
Comprendiamo l’invito rivoltoci al digiuno, alla preghiera , alla carità: attenzioni di fondo , che chiedono però di diventare visibili, per attestare da una parte il primato di Dio; dall’altra, la necessità dell’uomo di riconoscere – nella propria vicenda personale – questo primato. Non si digiuna perché le realtà create siano da disprezzare; si digiuna per attestare che tutto quello che abbiamo è dono di Dio; si prega – come persone e come comunità – non per chiedere a Dio qualcosa a proprio vantaggio ma per affermare il primato della Parola alla quale rispondere in atteggiamento di lode e di riconoscenza; si pratica la carità quale manifestazione di una novità di vita che invochiamo e che ci raggiunge nel mistero della morte e risurrezione di Gesù.
Non dovremmo mai dimenticare che tutto l’itinerario quaresimale ha senso e solo unica-mente perché Dio, per primo, ci viene incontro. L’iniziativa dell’uomo è sempre e solo risposta a una chiamata. Diversamente si corre il rischio di cadere nel moralismo, nella pratica che cerca di autogiustificarsi di fronte a Dio e non di mettersi in discussione.
Prima Lettura : Gl 2,12-18
Laceratevi il cuore e non le vesti. La prima scena del libro di Gioele ( V sec. a.C.) racchiude una doppia liturgia penitenziale per un duplice flagello che colpisce Israele, quello della siccità e quello dell’invasione delle cavallette, due piaghe dell’agricoltura orientale. Alla liturgia partecipa tutto Israele, dai piccoli agli anziani. Durante il rito i sacerdoti, posti « tra il vestibolo e l’altare », elevano a Dio una supplica ardente, che è quella che diverrà nella liturgia latina il «Parce, Domi-ne, parce populo tuo », una delle più intense preghiere penitenziali. Dio non può lasciare il suo popolo nell’umiliazione così da far scattare il sarcasmo degli empi, pronti ad infierire su chi ha come unico sostegno e liberatore il Signore.
Seconda Lettura: 2Cor 5,20-6,2
Riconciliatevi con Dio…Ecco il momento favorevole.
Scrivendo la sua seconda lettera alla comunità cristiana di Corinto, Paolo offre una stupenda definizione del ministero apostolico: noi siamo gli ambasciatori della riconciliazione. Perciò l’appello intenso e pressante:« Lasciatevi riconciliare con Dio ». E’ interessante notare che il verbo usato per indicare la riconciliazione è quello greco usato per la riconciliazione tra due sposi dopo un’infedeltà, uno screzio, un tradimento. Ritorna, così, un simbolismo caro ai profeti: la relazione che intercorre tra Dio e la sua creatura non è quella che si instaura tra un imperatore e uno schiavo, ma quella che unisce due persone innamorate. Paolo, allora, insiste sul non perdere i segni, le occasioni le strade utili per riallacciare questo legame di intimità, e la Quaresima ne è il tempo e la via privilegiata, « il momento favorevole, il giorno della salvezza ».
Il Vangelo: Mt 6, 1-6.16-18
Il Padre tuo, che evede nel segreto, ti ricompenserà.
All’interno di questa « magna charta » del cristianesimo che è il discorso della montagna (Mt 5-7) la liturgia odierna ritaglia un piccolo programma di vita quaresimale attorno a tre temi: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. C’è un filo comune che unisce questa trilogia di vita cristiana. E’ la lotta alla ipocrisia, all’ostentazione, alla ritualità esteriore, soddisfatta e compiaciuta dei suoi atti ma senza incidenza nell’interiorità, nell’impegno esistenziale e sociale. Gesù, invece, introducendo il segreto e l’intimità, libera la religione da ogni dimensione « economica » e affida solo a Dio ogni giudizio e ogni ricompensa. Alla fine di ogni quadretto Gesù, infatti, dichiara : « Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà ».
Q U A R E S I M A 2013
Nella mentalità comune la Quaresima è considerata il classico tempo penitenziale,ma questa caratteristica non è primaria né tanto meno esclusiva. La Quaresima dipende essenzialmente dalla Pasqua., che per la sua massima importanza ha suggerito un periodo di preparazione attestatosi, dopo varie oscillazioni, sul numero di quaranta giorni. E’ un numero simbolico molto significativo, ispirato ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto ( e in tempi più lontani da Mosè sul monte Sinai ) prima di iniziare il suo ministero pubblico.
Proprio in ossequio al digiuno effettivo di quaranta giorni ( di domenica non si digiunava), la Quaresima fu anticipata nel rito romano al Mercoledì detto poi delle Ceneri. Anche oggi questa resta la data di inizio, mentre il rito ambrosiano ha conservato l’antico ordinamento.
Il giorno conclusivo è il mercoledì santo. Grande segno sacramentale è la Quaresima, già tempo di salvezza donata, pregustamento della grazia e della gioia pasquale, aurora che riceve la luce del sole di Pasqua.
Concepita come un tempo di ascolto più frequente della parola di Dio, di più intensa preghiera e di digiuno per favorire l’incontro con Dio, la Quaresima fu scelta anche come preparazione dei catecumeni al battesimo ( che avveniva, assieme alla cresima e all’eucaristia, nella notte di Pasqua) e quindi come periodo di penitenza per i peccatori pubblici che venivano riconciliati prima del Triduo pasquale. Così tutta la Chiesa, accresciuta di nuovi figli con i peccatori pentiti e riconciliati, poteva partecipare in pienezza alla vittoria pasquale di Cristo sul peccato e sulla morte
Oggi l’intero popolo di Dio nel suo itinerario verso la Pasqua rivive il ricordo del proprio battesimo, approfondendone il significato e rinnovandone gli impegni di fedeltà a Dio e di lotta contro il male. E, nello stesso tempo, si riconosce peccatore e penitente con opere di penitenza e di carità, pronto ad accogliere il perdono di Dio e la grazia di una vita nuova.
Se per le singole opere di penitenza si è avuto un adeguamento alle mutate condizioni del nostro tempo, si è registrato un lodevole interessamento sul piano sociale e un aiuto concreto per attività missionarie. La liturgia con Il Mercoledì delle Ceneri fa appello a tutta la comunità cristiana perché riconosca il suo peccato – la Chiesa ha bisogno di continua riforma, dichiara il Concilio Vaticano II ( Lumen Gentium, 8 ) – e si ponga in atteggiamento penitenziale. L’imposizione delle ceneri sulla testa del cristiano è un antichissimo rito, usato per i penitenti e poi esteso a tutti, che, accompagnato dalle parole « Convertitevi e credete al Vangelo » vuole risvegliare la coscienza penitenziale per una revisione della propria condotta.
L’aspetto battesimale della Quaresima è stato invece dimenticato per la scomparsa del battesimo degli adulti e per la prassi generalizzata del battesimo dei bambini, celebrato al di fuori della notte di Pasqua. Eppure il battesimo è un sacramento tipicamente pasquale, la prima Pasqua del cristiano, il primo e fondamentale passaggio dalla morte alla vita che qualifica l’intera esistenza cristiana. Non a caso la riforma liturgica ha proposto per ala notte di Pasqua la rinnovazione degli impegni battesimali e ha suggerito di celebrare, nella circostanza, qualche battesimo di adulti e di bambini.
Ma è nell’ascolto più frequente della parola di Dio che si esprime maggiormente lo spirito della Quaresima, poiché la parola suscita la volontà di conversione, risveglia la fede, propone il significato del mistero pasquale, provoca il dialogo, ossia la risposta della preghiera.
Le letture bibliche della Quaresima, disposte nel ciclo triennale A, B, C, sviluppano una linea storica salvifica con l’evocazione degli eventi dell’Antico Testamento, e una linea sacramentale con i grandi temi battesimali e i forti richiami alla conversione. Questo è il periodo nel quale si deve comprendere che « non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio ». Dalla parola di Dio Gesù trae la forza per vincere Satana e da essa i cristiani traggono il vigore per combattere il male e restare fedeli a Dio.
Nella prima e seconda Domenica del ciclo triennale si legge il racconto della tentazione e della trasfigurazione di Gesù secondo uno dei Vangeli sinottici.
Le letture delle domeniche dell’anno A – che possono essere usate in tutti e tre gli anni – sono incentrate, in particolare le ultime tre, sul tema battesimale ( samaritana, cieco nato e risurrezione di Lazzaro). Sono le tre classiche letture utilizzate fin dall’antichità per spiegare il significato del battesimo: vita che sgorga dall’acqua ( samaritana), illuminazione per il dono della fede ( cieco nato), passaggio dalla morte alla vita ( risurrezione di Lazzaro). La riscoperta del valore del proprio battesimo è una condizione irrinunciabile per celebrare e vivere la Pasqua. L’anno B propone alcuni aspetti del mistero pasquale prendendo come base paragoni che il Signore fa del tempio, del serpente di bron-zo innalzato da Mosè nel deserto e del grano di frumento che deve morire per dare frutto. I Vangeli dell’anno C girano attorno alla bontà divina per il peccatore: l’atteggiamento assunto da Gesù di fronte ad alcuni fatti pietosi, il figlio prodigo e il perdono accordato all’adultera.
PROGRAMMAZIONE - QUARESIMA 2013
Durante questo tempo quaresimale nella nostra Comunità vivremo le seguenti Celebrazioni.
13 Febbraio – ore 19.00 :Solenne Celebrazione delle Ceneri.
14 Febbraio – ore 19.00 : ADORAZIONE EUCARISTICA. in questo tempo di Quaresima sarà
celebrata ogni Giiovedì anzichè Venerdì.
15 Febbraio - ore 18.30 Santa Messa e Via Crucis in chiesa per tutti Venerdì di Quaresima.
- Durantela celebrazione quotidiana del l’Eucaristia sarà fatta una breve riflessione sulla PAROLA di Dio del giorno.
- Nelle Domeniche sarà fornito un sussidio per vivere la Parola di Dio domenicale.
- E’ a disposizione un sussidio pere la riflessione quotidiana da poter fare in casa.
Nei giorni 20-21-22 Marzo vivremo il pio esercizio della VIA CRUCIS in tre QUARTIERI :
1) 20 MARZO: ore 19.00 COOPERATIVE del Quartiere Sant’Elena e via Papa LUCIANI e
Papa Giovanni Paolo II.
2) 21 MARZO : ore 19.00 Via Buttafuoco – Borsellino – Fontana del 2000 - Via Torretta.
3) 22 MARZO: ore 19.00 Via F. De RoberTi, via Galilei, Leopardi, via Paranà.
NOTA BENE: Si ricorda che il Mercoledì delle Ceneri è impegno penitenziale vivere il Digiuno e l’Astinenza dalla carne e in tutti i Venerdì di Quaresima l’Astinenza dalla carne.
(Al Digiuno sono obbligati i fedeli dai 18 compiuti ai 60 anni incominciati; L’Astinenza per coloro che sono dai 14 anni in sù. Nulla vieta che anche i bambini e i ragazzi adolescenti siano abituati a vivere almeno l’Astinenza).
La chiamata nella visione di Dio
10 Febbraio 2013
5a Domenica del Tempo Ordinario
La chiamata nella visione di Dio.
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che, dopo il miracolo della pesca miracolosa, chiama i primi quattro apostoli a seguirlo, per diventare suoi « profeti ». Essi saranno coloro che porteranno in tutto il mondo la parola di Gesù che salva.
La prima lettura ci presenta invece la chiamata da parte di Dio del giovane profeta che giusta-mente è stato chiamato « il maestro di Gesù ».Ad entrambi è comune l’esperienza del trascendente che tocca l’uomo e lo porta alla vita nuova.
Porta d’entrata del Nuovo Testamento
Molti credenti quando sentono parlare di Antico Testamento e Nuovo Testamento, hanno l’ impres-sione che queste due parti della Bibbia siano una contrapposta all’altra. Prima c’è il Dio d’Israele con i suoi comandamenti. Poi c’è Gesù con l’a-more e la misericordia,. E’ un’impressione molto errata.
I grandi « temi » che emergono nel Vangelo sono prima affiorati in Isaia. L’uomo « tempio vivo del Signore »; Dio che « entra nella storia umana e la guida » sono grandi parole di Gesù, ma prima so-no state grandi parole di Isaia. Il libro di Isaia è la parta d’entrata che introduce nel Nuovo Testamento. « Isaia è colui che meglio di qualsiasi altro conduce al Vangelo ». ( G. Saldarini).
La chiamata di Dio e la missione.
Isaia fu chiamato da Dio quando aveva circa 30 anni. Lo racconta egli stesso con le parole che ascoltiamo nella prima lettura. La visione del Santo scuote Isaia, che riconoscere di essere alla presenza dell’Altissimo, percepisce l’infinita grandezza di Dio e al contempo la propria indegnità: «Un uomo dalle labbra impure io sono».
Emerge dunque, come accadrà anche per Pietro nel racconto del Vangelo, il senso della voca-zione cristiana, che sempre scaturisce dall’incontro con Dio. I chiamati sono introdotti nella visione di Dio, toccati direttamente dal suo mistero, coinvolti nella sua luce. La visione del divino è immagine della conoscenza di Dio offerta all’uomo. Così dunque anche per Pietro e gli altri, voluti testimoni del miracolo di Gesù, chiamati a partecipare alla pesca prodigiosa ( furono loro a gettare con fede le reti nel lago ). Non solo nella chiamata Dio si fa vedere all’uomo svelando tut-to il mistero della sua grandezza, ma l’uomo vede profondamente se stesso riconoscendosi peccatore. L’incontro con Dio smaschera l’uomo, mette in luce il suo peccato e proprio nel ricono-scimento della propria debolezza egli può esprimere la risposta alla chiamata. Isaia diviene modello esemplare della risposta alla grazia di Dio, della prontezza attiva alla sua Parola; Pietro, Giacomo e Giovanni, trasformati interiormente dalla esperienza dell’incontro con Gesù, lasciano tutto e lo seguono.
La chiamata di ogni battezzato.
La Liturgia della Parola oggi indica il compito di ogni battezzato e il suo ruolo nel mondo. Paolo dice di « trasmettere la Parola ricevuta » ribadendo la necessità che sia l’esperienza personale di Dio il centro di ogni vocazione. L’esperienza della Chiesa nascente è l’esperienza del Cristo risorto.
L’incontro con Gesù, morto e risorto dopo tre giorni, costituisce il Kérygma, il messaggio portato al mondo.
Ognuno di noi, in quanto immerso nello stesso mistero di Gesù, è chiamato ad essere portatore del Vangelo, pescatore di uomini. La domanda di collaborazione all’azione di salvezza fa dell’uomo il partecipe dell’opera di liberazione dal male. Per gli ebrei il mare era simbolo del pericolo, luogo delle forze opposte a Dio. « Pescatori di uomini » indica la vocazione cristiana di quanti operano nel mondo per liberarlo dal male.. In ciò si trovano forse oggi i maggiori spunti per attualizzare il senso della chiamata del Signore.
Prima Lettura: Is 6,1-2a .3-8
Salmo 137
Seconda Lettura : 1 Cor 15,1-11;
Vangelo: Lc 5,1-11.
La Parola contestata.
3 Febbraio 2013
4a Domenica del Tempo Ordinario
LA PAROLA CONTESTATA
Colui che parla a nome di Dio, porta la verità, anche quanto costa e costa molto. Quando Dio chiama una persona e la manda come suo profeta, agisce come oggi leggiamo nella prima lettura. Dio, nel 628 a. C. chiamò Geremia e gli disse: « Ti ho stabilito profeta delle nazioni. Di’ loro tutto ciò che ti ordinerò ». Mancavano 30 anni al tempo in cui la città di Gerusalemme sarebbe stata assediata e il suo popolo trascinato in esilio. Trent’anni in cui Geremia predicò conversione e penitenza, per tenere lontano il castigo di Dio dal suo popolo. Ma non l’ascoltarono. Fu perseguitato, incarcerato, punito come traditore. Persino la sua famiglia si mise contro di lui. Geremia visse drammaticamente questo rifiuto, ma lo confortò sempre Dio che gli aveva garantito:« Ti faranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti ».
I contestatori di Nazaret
La pagina del Vangelo di oggi sembra continuare questa narrazione, cambiando solo nome al profeta. Gesù, il più grande profeta di Dio, Figlio di Dio stesso, è a Nazaret, la sua piccola città. Ha appena annunciato la sua missione: « Io sono il Messia che annuncia al mondo il tempo di Dio e della salvezza. Con me inizia il tempo della liberazione degli schiavi, il condono dei debiti, la liberazione dei prigionieri.»
Con queste parole Gesù invita tutti a riconoscere in Lui il Messia, la realizzazione delle promesse dell’Antico Testamento.
Sulla reazione della gente si aprono importanti considerazioni. Alcuni si dimostrano entusiasti delle sue parole che sono chiaramente l’invito di Dio alla conversione e alla sequela. Chi sono? Possiamo pensare che sia la gente che fa fatica a vivere e a pagare gli oneri pesanti imposti dai padroni della loro terra; e anche gente che conosce e rispetta la parola di Dio, ma la vede calpestata dai potenti e prepotenti.
Altre persone però contestavano violentemente le parole di Gesù. Anche a Nazaret ci sono padroni di schiavi, usurai, persone che si arricchiscono sulla povertà degli altri. Sono colo che dicono puntualmente la preghiera prescritta mattina e sera, ma hanno il cuore di pietra verso i loro fratelli. Per questi il rovesciamento della situazione annunciato da Gesù non va per niente bene. E per calmare gli entusiasmi ricorrono alla solita tattica della svalutazione del predicatore:« Ma chi è? Ma chi si crede di essere? Conosciamo suo padre… ».
Tra gli uni che aspettano il regno di Dio e quelli che sperano non venga mai, c’è la solita folla di curiosi, di superficiali, che non si pongono nemmeno il problema di Dio, della sua volontà. Hanno sentito che questo loro compaesano ha fatto dei miracoli spettacolosi nella città in riva al lago di Tiberiade, e sono curiosi di vedere qualcosa di simile.
Gesù è mortificato, e anche irritato da questa accoglienza. Rivolto ai suoi compaesani, che conosce uno per uno, li invita a ragionare sulle pagine della Bibbia. Sotto le immagini riferite, le sue affermazioni sono nette: « Non importa dove sono nato, non importa se non strappo i vostri applausi. Io sono qua per annunciarvi la parola di Dio. E’ Dio vi invita a cambiare vita, e ad accogliere il mio messaggio ». Egli parla con autorità come nessun altro profeta aveva mai fatto. Non dà solo voce al Padre, predica e interpreta la sua parola, ma egli stesso è la Parola. Proprio la novità di Cristo la sua gente dimostra di non capire, e sono così ciechi da cacciarlo via.
La conoscenza di Dio.
Nel riferimento di Gesù all’opera di Elia ed Eliseo c’è tutta la portata universale del messaggio di Gesù: salvezza per ogni uomo, salvezza anche per i pagani. Proprio i peccatori dimostreranno di essere fra i primi a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio e ad accogliere il suo messaggio.
La liturgia di oggi apre la riflessione sulla conoscienza di Dio e sulla conoscenza che l’uomo ha di sé nello Spirito. Geremia riconosce che la parola di Dio lo ha creato, lo ha sostenuto in ogni momento. lo ha inviato. L’incontro con la Parola rivela all’uomo chi egli è, quale sia il senso della propria vocazione. Nell’incontro con Gesù i peccatori cambiano vita, divenendo protagonisti nella costruzione del Regno: si impossessano della loro umanità essendo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.
San Paolo riprende il tema indicando la via concreta che porta alla conoscenza di Dio: nella carità l’uomo rivela a se stesso il volto di Dio e giunge alla conoscenza piena del suo mistero.
Negli atteggiamenti tracciati da Paolo è indicato il cammino della vita cristiana.
Prima lettura : Ger 1,4-5; 17-19.
Seconda lettura: 1 Cor 12,31-13,13.
Vangelo : Lc 4,21-30.
KLa Parola è luce ai nostri passi.
Domenica 27 Gennaio 2013
3a Domenica del Tempo Ordinario (Lc 1,1-4;4,14-21)
LA PAROLA E’ LUCE AI NOSTRI PASSI
Noi, popolo di Dio, non viviamo alla cieca, guidati dall’interesse e dagli istinti: nelle scelte imposteci dalla vita siamo guidati dalla parola del Signore.
La prima lettura ci parla del momento in cui Dio riconsegnò la sua parola al popolo ebreo tornato dall’esilio.
Nella pagina del Vangelo, l’Evangelista Luca ci racconta di quando Gesù nella sinagoga del suo paese, Nazaret, cominciò a presentare la legge di amore che Dio intendeva dare al suo nuovo popolo. Leggiamo nel suo prologo la motivazione e il fine del Vangelo di Luca, con cui ci introduce nel mistero di Gesù.
Gesù nella « casa di preghiera » del suo paese.
E’ sabato, e tutti i suoi compaesani sono nella sinagoga per ascoltare la parola di Dio. Siccome la fama di Gesù come predicatore si è già diffusa, viene invitato a leggere un brano della Bibbia e a commentarla. Gesù prende il rotolo che contiene i canti del profeta Isaia e legge il c.61. I suoi gesti sono lenti e maestosi, come si usa nella sinagoga per manifestare il rispetto verso la parola di Dio. Isaia 61 fa parlare l’inviato di Dio, il Messia. Egli presenta la propria missione promettendo il capo-volgimento della realtà, l’inizio di un tempo nuovo, di libertà e pace.
Ora, la legge di Mosè prevedeva che almeno ogni cinquant’ anni la nazione ebraica celebrasse l’anno giubilare. In esso doveva avvenire la liberazione, degli schiavi, il condono dei debiti, la restituzione delle terre alle famiglie che le avevano vendute per vincere momentaneamente la miseria. I padroni dovevano quindi, almeno una volta ogni 50 anni, ricordarsi che ogni uomo era stato creato a immagine di Dio, e meritava il rispetto anche se era meno favorito in salute, in capacità, in beni economici. Ma quella legge di Mosè rimase sempre scritta e mai messa in pratica. Gli interessi dei ricchi e dei potenti fecero sì che rimanesse lettera morta. Si finì per rimandare l’anno giubilare, l’anno della liberazione ai tempi del Messia. Egli sarebbe riuscito nell’impresa perché avrebbe trasformato i cuori induriti dall’egoismo e dalla cattiveria.
Nel c. 61, che Gesù scelse di leggere nella sinagoga di Nazaret il profeta Isaia metteva in bocca al Messia proprio l’annuncio di quell’anno « giubilare » di salvezza : « Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, per proclamare ai prigionieri la libertà… e predicare un anno di grazia del Signore ». A questo punto Gesù smise di leggere, arrotolò il volume e disse ai suoi ascoltatori: « Oggi si è compiuta questa Scrittura». Lo Spirito che lo vivifica, dal suo battesimo, fa’ sì che Gesù si proclami il Messia. In lui si adempiono le promesse dell’Antico Testamento.
Una parola che trasforma la storia.
Gesù comincia così la sua missione di inviato di Dio, di Messia. Non è venuto a far guerre per liberare il popolo ebreo dai Romani, ma a trasformare i cuori induriti dall’egoismo e dalla cattiveria, annunciando la venuta di un nuovo Regno.
Da quel momento è cominciata la rivoluzione cristiana. In un mondo pieno di male, di egoismo, comincia a diffondersi nel silenzio e, continuerà per 2000 anni, la rivoluzione portata da Gesù: rivoluzione dell’amore e del perdono.
I cristiani operano nel mondo come il lievito nella pasta che fa crescere, come la luce che illumina le tenebre. Non tutto è evidente, ma certamente coloro che nel mondo vivono pienamente la vocazione dei battezzati trasformano il tempo e i luoghi della storia.
Lo Spirito, attraverso la Parola, muove quanti si radunano ogni domenica per l’Eucaristia. La celebrazione della Parola di Dio fa sì che i credenti possano partecipare al mistero del suo amore, facendosi capaci di gesti di fraternità verso i più bisognosi. La Chiesa dunque vive oggi l’attualità salvifica della parola di Gesù e nella comunione raduna le genti intorno al suo messaggio di salvezza.
Il vino e la gioia.
Domenica 20 Gennaio 2013 - 2a Domenica del Tempo Ordinario
IL VINO E LA GIOIA
Noi cristiani in questa domenica, iniziamo una parte nuova dell’Anno liturgico: le 33 domeniche del Tempo Ordinario. Le prime di esse scorrono tra le feste natalizie e l’inizio della Quaresima, le altre ( la maggior parte) scorrono tra la festa della Pentecoste e l’inizio del prossimo Avvento.
Nel tempo ordinario di quest’anno ( chiamato Anno C) la Chiesa ci invita a leggere (in chiesa e nelle nostre famiglie ) il Vangelo di Luca. Luca era un collaboratore dell’apostolo Paolo, in quale in una sua lettera ai cristiani di Colosse lo chiama « il caro medico Luca ». Egli non era ebreo, ma di provenienza greca; uno dei primi cristiani fra i pagani. Dante Alighieri chiama Luca « lo scrittore della mansuetudine, dell’amore, della misericordia di Cristo ». L’evangelista Luca infatti ci presenta Gesù come il Figlio di Dio venuto nel mondo a « salvare ciò che era perduto», alla costante ricerca dei piccoli, dei poveri, degli ammalati e degli ultimi.
Il suo Vangeli presenta la portata universale della salvezza. La misericordia di Dio che salva tutti indistintamente, non deve creare in noi umiliazione, ma gioia. Gesù è il buon pastore che cerca la pecora che si è smarrita, e che quando la trova non la punisce, ma se la pone sulle spalle e invita gli amici a far festa perché l’ha ritrovata. Dio è il Padre misericordioso che il ritorno del figlio scappato di casa preparando la Festa del suo ritorno.
Il primo miracolo per ala gioia di due sposi.
Per prepararci alla lettura del Vangelo che mette in luce la misericordia e la gioia, oggi la Chiesa ci Invita a leggere nella prima lettura un brano di Isaia. Il profeta, parlando dei tempi del Messia, preannuncia :« Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te ». E nel Vangelo la Chiesa ci invita a riflettere sulla pagina in cui Giovanni racconta il miracolo di Gesù a Cana.
Ai tempi di Gesù, in Palestina, la festa di nozze poteva durare anche una settimana. Vi si accoglievano numerosi invitati, e le famiglie dei due sposi davano fondo alle loro riserve perché la festa doveva essere ricordata da tutti come un avvenimento eccezionale. Cana è un piccolo villaggio della Galilea, a 6 chilometri da Nazaret, Il paese di Maria e Gesù. Essi furono tra gli invitati alla festa, Prima che la festa si concludesse, venne ad esaurirsi la riserva del vino. Maria sapeva chi era suo figlio, e bastarono poche parole per farlo intervenire. Gesù non aveva ancora iniziato la sua missione. Non aveva ancora operato nessun miracolo. A Cana compie il principio dei segni (Giovanni parla di segni e non di miracoli ) presentandosi come il nuovo Messia. Le nozze di Cana sono figura dell’Alleanza antica e al tempo stesso inaugura le nuove nozze.
Il miracolo di Cana segna l’inizio dell’Alleanza Nuova, dell’amore di Dio per il suo popolo. In questo senso il prodigio compiuto a Cana non è solo il primo dei segni, ma il modello di tutti gli altri segni prodigiosi che Gesù compirà nella sua vita, fino alla croce. L’immagine sponsale indica l’amore con cui Dio si unisce al suo popolo nel vincolo indissolubile della fedeltà.
Maria è testimone della nuova Alleanza, prima credente. Il ruolo che la Madre esercita negli eventi di Cana simboleggia la fine dell’Alleanza antica e il tempo nuovo che, attraverso di lei, si sta realizzando.
Gesù è venuto per la nostra gioia.
La Chiesa ci invita oggi a riflettere su questo miracolo perché comprendiamo questa verità consolante: Gesù è venuto a portarci la misericordia di Dio per la nostra gioia, l’amore di uno sposo per la sua amata, la promessa di fedeltà eterna. Gesù viene a colmare la mancanza di vino, simbolo della gioia, festa e amore. Con Gesù è donato all’umanità il vino nuovo, il piùbuono. I cristiani sono dunque chiamati a vivere nella gioia e non certo per incoscienza, ma con ragionevoli motivi.
1) La certezza che tutte le cose buone della vita Dio le ha fatte per noi, ed è felice che noi ne proviamo piacere. Dio non vuole che i suoi figli siano tristi, non è un dio geloso della nostra gioia. Un giovanissimo santo, Domenico Savio, diceva a un suo amico: « Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri. E teniamo lontano il peccato perché ci ruba la gioia dal cuore ».
2) La certezza della risurrezione. Anche quando le difficoltà della vita tendono a rattristarci, noi abbiamo la certezza che vivremo per sempre nella gioia di Dio, con i nostri cari e i nostri amici. Gesù, prima di andare verso la croce, ci ha detto: « Vi vedrò di nuovo, e il vostro spirito si rallegrerà, e nessuno potrà togliervi la vostra gioia ».
3) La sicurezza che Dio ci ama. Noi possiamo dimenticarci di Dio, ma Dio non si dimentica mai di noi, perché è nostro Padre, perché sa di che cosa abbiamo bisogno ( Mt 6,32). Gesù ci ha detto : « Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli »(Lc 10,20).
Nella gioia i credenti accolgono i segni della salvezza portata da Cristo a rinnovare tutte le cose, a far nuove tutte le sue creature.