Festa di Maria Madre di Dio - Giornata della pace.
1° GENNAIO 2013
FESTA DI MARIA SS. MADRE DI DIO
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
Oggi festeggiamo Maria SS. Madre di Dio, a otto giorni dalla nascita di Gesù.
Nella pienezza del tempo, « Dio mandò suo figlio, nato da donna ». Maria ebbe la missione di portare al mondo Gesù, il Salvatore di tutti gli uomini. Maria è madre, Gesù è suo figlio. Lei gli diede il suo corpo, il suo sangue e il suo latte, la sua fisionomia, la cadenza della sua voce. Essere madre vuol dire dare la vita, ma vuol dire anche insegnare a vivere.
Maria crebbe Gesù accanto a sé, con umiltà e amare attento. L’evangelista Luca ci presenta Maria con un tratto tutto particolare. « Custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore ». Maria vive intensamente il suo essere madre. Accoglie ogni esperienza, interroga la vita e conserva tutto nel cuore. Perchè il ricordare vero è ricordare con tutto noi stessi, con il cuore. Maria sa che Gesù è suo figlio, ma sa anche che non le appartiene. Vive virtuosamente la sua maternità accogliendo responsabilmente anche il mistero della vita del figlio. Maria è la credente riflessiva. « Maria all’annuncio dell’angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio » (LG 53). « Così Maria …acconsentendo alla Parola divina, diventò madre di Gesù » (LG 56).
Capodanno
Oggi è il primo giorno dell'anno nuovo. La prima parola che dobbiamo dire è Grazie. Grazie a Dio per i 365 giorni che ci ha regalato, standoci sempre vicino. Grazie a tutti i fratelli e sorelle che in quest’anno trascorso hanno lavorato, faticato, fatto del bene.
In questo il primo giorno dell’anno ci viene donata la « Grazia » che era apparsa « nella pienezza del tempo ». E’ il tempo diviene culla che accoglie la presenza premurosa e fedele di Dio. Dio ci benedice con la luce del suo volto . ci fa percepire la sua presenza nel mondo..
Per i cristiani l’augurio di « buon anno » diviene invocazione, professione di fede. Non è solo usanza e tradizione che si ripete, ma è « benedizione », presa di coscienza gioiosa che Dio è con noi. « Dio ti benedica e ti protegga. Il Signore… ti sia propizio. Rivolga su di te il suo volto e ti dia pace».
Giornata della Pace.
Oggi si celebra anche ( dal 1968 per iniziativa di Paolo VI) la « Giornata della pace » . Molti dicono : « La pace si costruisce dimenticando, perdonando ». E’ vero, ma solo in parte. La pace si costruisce volendo bene, facendo del bene a tutti, realizzando rapporti di maggiore giustizia tra gruppi sociali e tra i popoli. Noi non possiamo fare molte cose per la pace lontana, per quelle nazioni dove si combatte e si muore. Ma possiamo fare molto per la pace vicina, nel piccolo ambiente, dove viviamo: la nostra famiglia, il posto dove lavoriamo, la nostra scuola, la nostra comunità cristiana.
E’ il bene silenzioso, continuo, instancabile che costruisce la pace, con l’aiuto di Dio. Dice il papa: “ Se vuoi la pace, lavora per la giustizia!" Solo il Signore, principe della pace, può donarci la pace. E ce la dona se trova in noi « uomini di buona volontà ». Ci sentiamo e siamo figli di Dio se siamo costruttori di pace come dice la beatitudine: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Saremo, allora, eredi dei beni di Dio. Lui è ormai nel nostro cuore.
La Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
30 Dicembre 2013 – Domenica fra l’Ottava di Natale
SANTA FAMIGLIA DI GESU’, MARIA E GIUSEPPE.
Servire nell’amore
Ciò che gli evangelisti hanno voluto affidare a tutte le generazioni sono la realtà umana di Gesù e la sua con-dizione di Figlio di Dio. In ogni episodio dell’infanzia di Cristo parlano di questi due aspetti. Anche la vita di un Cristiano è segnata dalla sua condizione di figlio di Dio. E la contemplazione del mistero di Cristo e della sua famiglia terrena aiuta i credenti a meglio comprendere, per meglio vivere, la loro condizione nei confronti del Padre celeste.
In questa Domenica del tempo di Natale, la liturgia invita a contemplare attraverso il mistero di Gesù quello di ogni bambino, di ogni uomo, di ogni donna chiamati a essere in ogni famiglia immagine della Trinità. Ciò va al di là delle relazioni strettamente familiari e interessa ogni vita umana, ogni comunità, ogni relazione tra uomini.
La vita di Gesù a Nazaret
L’episodio evangelico è un breve flash sulla prima adolescenza di Gesù. Una prima nota che balza all’occhio è la sua sapienza, che fa estasiare i suoi ascoltatori. Non si tratto solo di una brillante intelligenza, ma di una sapienza in senso biblico, profondità, verità e giustizia, secondo Dio. Gesù la possiede per la relazione unica che ha con Colui che, alle domande di Maria, chiama « Padre mio ». Egli vive in una comunione profonda e costante con lui, e nell’ora della Pasqua giudaica dei suoi dodici anni, per un attimo, viene sollevato il velo su questa identità e questa relazione: Gesù è il Figlio di Dio. E’ Colui che da sempre ha fatto la volontà del Padre, insegnando all’uomo cosa significhi servire per amore, con amore, nell’amore. Certi parleranno volentieri di epifania dei suoi dodici anni. Più tardi, quando verrà la sua Pasqua la sua identità divina sarà manifestata in modo decisivo.
La seconda nota riguarda il silenzio dei Vangeli sulla vita a Nazaret del Figlio di Dio. La sua esistenza terrena è fatta di circa trent’anni di silenzio e trenta mesi di parola! Il tempo che precede la sua missione è servito per prepararla, per calcolarne la posta in gioco, per definirne il progetto. E, soprattutto, per vivere ciò che avrebbe detto poi. Gli uomini, a volte, parlano troppo.
Se invece sapessero ascoltare il silenzio della vita nascosta di Gesù, e ascoltarlo nella fede, renderebbero il loro cuore capace di cogliere e vivere la verità.
La terza nota fa meditare sulle relazioni che intercorrorrevano tra Gesù, Giuseppe e Maria. Di certo, ognuno si preoccupava di vivere al meglio le esigenze della vita familiare. Troppo spesso è stata presentata la Santa Famiglia a cento miglia di distanza dalla vita di tutti i giorni. Come tutte, anch’essa ha conosciuto momenti di tensione, di incomprensione, di spiegazione, di riconciliazione…La santità non è la perfezione, ma cercare incessantemente di rispondere come meglio è possibile a ciò che Dio attende da ciascuno, alla sua volontà.
La serietà dell’Incarnazione
La dice lunga il silenzio di Nazaret sulla serietà dell’Incarnazione. Quei trent’anni sono stati segnati dalla semplicità e dalla monotonia del quotidiano di un ragazzo come gli altri, in una famiglia come le altre, che impara a camminare, a parlare, a leggere, a scrivere, a pregare, a lavorare, ad aiutare gli altri, a partecipare alla vita comunitaria, a rispettare i costumi, le leggi, i regolamenti.
La dice lunga questo silenzio sul valore del quotidiano.Per trent’anni la salvezza del mondo si è realizzata in un bambino che cresceva, in un adolescente che si apriva alla vita, in un adulto che assumeva le sue responsabilità in famiglia, nel villaggio… In tutta la vita Gesù è il Salvatore: da Betlemme alla croce è racchiuso il profondo mistero del Dio che salva.
La dice lunga anche la relazione familiare di Gesù, Maria e Giuseppe. San Luca scrive di Gesù che era « sottomesso » ai genitori. E’ bene superare il senso puramente morale di « obbediente »: in quanto « sottomesso » ai suoi genitori. Gesù rivela il fine del suo essere davvero umano. Dio avrebbe potuto farsi uomo adulto, o figlio di re. Invece si è fatto bambino, con tutto ciò che è legato a questo stato. E onorando, secondo la legge, suo padre e sua madre, Gesù, il Figlio eterno, rivela che il Padre, il Dio-Amore, si è fidato dell’amore di Giuseppe e di Maria per il Figlio che ha loro affidato.
Natale del Signore.
25 Dicembre – Natale del Signore
Un Bambino per noi è nato, un Figlio ci è stato donato.
L’evento del Natale è la grandissima realtà del mistero di Dio che nella persona di Gesù Cristo si fa carne, si fa storia, si fa uomo. L’impossibile diviene possibile, l’inaccessibile accessibile, l’eterno temporale, l’immortale mortale. In Cristo, Dio si da uomo per incontrare l’uomo: egli non capirebbe mai se stesso se non fosse illuminato da Colui che lo ha creato! Solo in Cristo e unicamente in lui si trova la luce che rischiara la vita, sempre minacciata dalle tenebre del peccato. Il Bambino di Betlemme è il Figlio di Dio, è Colui che dà senso e significato a ogni esistenza umana e la rende a sua volta un seme di luce, una scintilla di luce per vincere il buio del mondo.
In questa celebrazione che precede la solennità del Natale del Signore, la liturgia della Parola propone la genealogia di Gesù e invita a soffermare l’attenzione su coloro che sono stati i protagonisti della sua nascita: non solo su Maria, ma anche su Giuseppe. Giuseppe è l’unico personaggio di cui il Vangelo non riporta nemmeno una parola. Uomo del silenzio, testimonia come l’ascolto di Dio può avvenire solo nel silenzio, l’unico luogo in cui si può afferrare si può afferrare la sua Parola. Insegna che più che parlare di Dio e a Dio, è necessario imparare ad ascoltarlo. Nella sua disarmante semplicità, il suo costante silenzio unito all’obbedienza è più eloquente di molte parole.
Il suo matrimonio con Maria rischia di andare in fumo, ma Dio stesso gli viene incontro e lo aiuta a fare la scelta giusta, svelandogli la ragione per la quale può e deve sposarla. Oggi la liturgia propone il racconto di come Dio sia intervenuto nella sua vita affidandogli il ruolo di « padre » di Gesù. Egli diventerà così modello di una paternità che nasce dalla fedeltà alla voce di Dio e della carità verso gli altri. Come all’origine della paternità di Abramo - da cui Matteo fa partire la genealogia di Gesù – vi è il suo atto di fede, così è per Giuseppe. Tutta la sua vita sarà scandita dalla sua risposta di fede e di obbedienza,anche in circostanze oscure e difficili. Non solo prima della nascita di Gesù, ma anche dopo: a Betlemme, nella fuga in Egitto, nel ritorno a Nazaret. Si rivelerà davvero il servo saggio e fedele che il Signore ha posto a capo della sua famiglia (Lc. 12,42), capace di un amore perfetto al suo Dio.
Notte di NATALE
Una notte uguale a tante altre, tutta via unica: è la notte di Natale. Un fatto ovvio come la nascita di un bambino, raccontato come molti altri, tuttavia unico e decisivo perché è la nascita di Gesù Cristo, del Figlio di DIO. Ciò che in questa notte accade, diviene un evento talmente importante che tutti gli altri fatti ne dipendono, costringendo l’umanità e la storia a cambiare il senso che si dà alla vita, il giudizio sugli uomini e sulle cose.
In questa notte, l’angelo invita a guardare a quel bambino appena nato come al Salvatore: Dio è venuto ad abitare nel mondo, si è fatto vicino all’uomo, si è messo a sua disposizione per salvarlo.
« Oggi vi è nato un Salvatore » : colui che ci fa uscire dall’abisso, ci rende liberi, ci offre il suo amore, un amore che dal Natale di Gesù avvolge il mondo.
Da quella notte, le parole dell’angelo sono ripetute di generazione in generazione, perché la nascita di Cristo impregna i secoli e la storia. E quell’« oggi » tanto a caro a Luca, definisce non solo un preciso momento storico, ma indica un tempo continuato che fa di ogni giorno un «oggi». Grazie alla venuta di Cristo, ogni giorno è un oggi che prepara e si apre a un domani, illuminato e abitato dalla speranza di un altro domani: quando ogni uomo, che ha ascoltato l’annuncio della sua nascita nel tempo, vedrà Gesù Cristo nella gloria.
La nascita di Cristo è accompagnata da una nuova luce ricevuta , scoperta, ammirata. Quella luce ha diradato, perché le ha vinto, le tenebre del peccato e della morte. Quella luce squarcia il buio, quella pace, donata da Dio agli uomini che ama, rimanda all’amore che ha visitato la terra: un amore che salva.
Dalla nascita di Gesù, in ogni Natale a ogni uomo è rivolto l’invito ad andare a vedere il Bambino che è nato, ad avvicinarsi alla Parola fatta carne per la salvezza di tutti, per esserne un po’ illuminati, e perché l’incontro riempia ogni cuore di amore e di pace.
Nel GIORNO del NATALE
Da quando Dio ha creato l’uomo e si è appassionato a lui, ha cercato costantemente di farsi conoscere. Nel Natale di Gesù la sua luce e le parole dell’angelo hanno raggiunto i pastori, che si sono precipitati a constatare la gloria del loro Dio. Una gloria che trascende tutto e al contempo molto umile: una stalla, una mangiatoia e un bambino cullato dalla tenerezza di una Madre che custodiva nel cuore tutti gli avvenimenti di cui era testimone.
Il Bambino nella mangiatoia, piccolo e povero, è Colui che seppure in fasce, si fa già sentire da chi sa ascoltare e porta la pace al mondo. E’ Colui che si manifesta nella vita degli uomini per donarsi a loro. Se lo riconoscono, la loro vita non sarà mai più la stessa. Come non è stata più la stessa quella dei pastori che hanno risposto alle parole dell’angelo e si sono messi alla ricerca di Colui che è stato loro annunciato. Non erano degli illusi, ma uomini nuovi e capaci di accogliere l’enigma di questa notte: « Troverete un bambino ».
Sono loro, i pastori, i primi ad avvicinarsi. E dopo averlo trovato si incamminano sulle strade della vita, ricominciando nuovamente a cercarlo: rappresentano i cercatori di Dio di tutti i tempi e appartengono a quel popolo di cuori semplici che sentono le parole del Vangelo come una novità e che rispondono con la loro fede.
Il Natale è la più bella sorpresa di Dio all’umanità e l’inizio della risposta più completa alle sue esigenze più radicali. E in ogni Natale, Gesù nasce ancora per l’uomo, lo raggiunge nel quotidiano per donargli amore,gioia, pace e salvezza.
Ogni anno l’inizio del quarto Vangelo rinsalda i credenti nella fede e nella gioia, ricordando che Gesù è venuto affinchè fosse data ad ogni uomo, dopo il peccato, un’altra possibilità per vivere da figli di Dio, in comunione con lui. E da fratelli.
Il Prologo di Giovanni è un testo denso sia dal punto di vista teologico che spirituale. Non risale agli inizi della la vita terrena di Gesù – come fanno invece Matteo e Luca con la loro genealogia – e neppure agli eventi della sua infanzia. Spinge invece lo sguardo al di là del tempo e dello spazio, fino alla preesistenza del Verbo nel seno della Trinità. Giovanni guarda al mistero stesso di Dio: al Padre, che è fonte della Vita, al Figlio perennemente rivolto al Padre, e allo Spirito d’Amore.
Questo « in principio » svela un progetto eterno d’amore, un desiderio di presenza e di comunione di Dio, con l’uomo che ha creato, che si realizza pienamente nell’incarnazione del Verbo. In quel « e il Verbo si è fatto carne » è racchiuso tutto ciò che lo ha preceduto e tutto ciò che ne è seguito. E’ racchiusa la fedeltà di Dio a Israele nel realizzare pienamente le sue promesse, che potevano sembrare sogni ma che sono realtà.
Dio avrebbe potuto scegliere per suo Figlio altre strade. Invece ha preferito la fragilità della carne. Ha preferito raggiungere il piccolo resto, i poveri e gli umili di cuore, chi credeva alla logica divina.
Con la venuta del Verbo nella storia, il tempo non è più ciò che fugge verso la morte ma l’alveo in cui scorre l’amore del Padre per raggiungere ogni uomo. E ogni risposta dell’uomo alla chiamata a essere figlio di Dio, resa possibile dalla grazia, è un aprirsi sempre più verso l’alto attraverso la fede, che dilata gli orizzonti terreni.
Nel Verbo fatto carne Dio è entrato nelle dinamiche più segrete della vita umana, manifestandosi come amore gratuito me fedele. Da quel momento l’uomo è chiamato a comprendere ogni cosa, e la sua stessa vita, all’interno della partecipazione all’amore divino. Il solo capace di rivelargli il senso vero della libertà, della gioia e della vita di figlio di Dio che gli è continuamente donata.
Benedetta tu fra le donne.
23 Dicembre - 4a Domenica d’Avvento
«BENEDETTA TU FRA LE DONNE E BENEDETTO IL FRUTTO DEL TUO GREMBO »
Ad ogni cristiano oggi è chiesto di essere, come Maria, solidale con l’umanità, con la gente con cui vive. E’ chiesto di portare nel cuore le loro attese, di essere testimone davanti a Dio della speranza di tutti con le sue gioie e le sue pene, i suoi successi e i suoi fallimenti. La comunità accetta di riconoscersi, come creatura, indegna di Dio ma anche aperta ad accoglierlo nella sua venuta, nel suo dono di amore all’intera umanità. Essa, come Maria, vuole rendersi totalmente disponibile all’irruzione dello Spirito, all’ascolto della Parola, alla meditazione della storia della salvezza per scoprirvi i segni che Dio dà della sua venuta imminente.
Questa domenica rinnova ai cristiani l’invito a contemplare l’incarnazione del Verbo nell’offerta perfetta di se stesso e a rallegrarsi per la nascita di un Bambino: il Pastore che Dio dà al suo popolo; il Salvatore offerto per la salvezza del mondo; il Signore che santifica quanti lo accolgono; il Figlio di colei che ha creduto alla Parola ascoltata.
L’opera di Dio nella storia
Il Pastore delle nazioni estenderà la sua potenza fino alle estremità della terra. Tale è la promessa di Dio per bocca del profeta Michea. Si sceglie un’umile borgata, piccola ma pienamente disponibile per accogliere l’infinita grandezza di Dio. Nell’umiltà di Betlemme è raffigurata la memoria di un tempo benedetto in cui tutto il popolo viveva in pace, riunito attorno all’Arca dell’Alleanza. In quel tempo il Signore aveva chiamato Davide a guidare il suo popolo. E tutti si ricordavano ancora dello splendore del Regno. Dio aveva scelto Davide, gli aveva giurato fedeltà. Dio non rinnega la sua promessa, ed ecco preannunziarsi il parto di una donna. Maria porta in sé la bella notizia della salvezza: il Verbo si è fatto carne. Trasfigurata dall’annunzio dell’angelo, percorre le colline della Giudea e va incontro all’attesa del suo popolo. L’antica alleanza volge al suo avuta termine e la nascita di un bambino è il coronamento dell’attesa della sua venuta. Alle parole di saluto di Maria, Elisabetta risponde con una parola di benedizione, Lo Spirito Santo è all’opera dopo aver coperto Maria della sua ombra, fa ora trasalire di gioia il Battista, chiamato ad essere il testimone e il banditore del compimento della promessa.
Dio ha visitato il suo popolo.
La serva del Signore avrebbe avuto tutte le buone ragioni per restare a Nazaret. Ma parte rapidamente verso la Giudea a casa di Zaccaria. Ha compreso che la presenza di Dio si deve tradurre in presenza agli altri. E il saluto di Elisabetta ha confermato la sua scelta.
Maria è una donna molto semplice, una donna del popolo, di un popolo che era in attesa. Con i poveri del Signore, i piccoli che danno fiducia a Dio, ella vive la speranza di Israele, confidando nella promessa, disponibile ad accogliere il Messia. Proprio perché in lei non vi è ambizione, può portare in sé tutta l’attesa del suo popolo, essere la testimone davanti a Dio della speranza. Essere, nel silenzio della sua preghiera e della sua vita, il « sì »di tutta la storia di Israele al piano di salvezza di Dio.
E appena concepito il Verbo, la Vergine dona al mondo il Dio che ha ricevuto. Il suo gesto di solidarietà la rende missionaria. Se il Dio promesso viene ad abitare nell’umanità è per mezzo di lei, a vantaggio del suo popolo e del popolo nuovo che non ha confini. La visita di Maria ad Elisabetta è transitoria, dura tre mesi; anche l’abitare del Verbo nella storia può sembrare aver solo la durata della vita umana di Gesù. Ma l’incarnazione ha il sapore di un evento definitivo, irreversibile. Colui di cui si celebra a ogni Eucaristia il memoriale della morte e della risurrezione, non ha lasciato l’umanità, non si è allontanato, salendo definitivamente al Padre. E’ sempre Uomo con gli uomini fino alla fine dei tempi e per l’eternità.
Rallegratevi nel Signore.
16 DICEMBRE – 3a DOMENICA di AVVENTO
“GAUDETE” : RALLEGRATEVI NEL SIGNORE
Se la vita si illumina dell’incontro futuro con Cristo non c’è più motivo di angustiarsi, anche se talvolta la vita riserva esperienze dolorose che possono met-tere in crisi la speranza nel Signore. La vicinanza di Dio dà all’uomo un modo nuovo di sentire, che si esprime nella vita come gioia, mitezza, serenità e pace. Sono doni promessi ad ogni credente che lascia entrare Dio nella propria vita, che libera il cuore e l’esistenza da tutto ciò che non è amore di Dio e dei fratelli.
Domenica del gaudio. Nell’antica liturgia latina come in quella odierna, l’antifona d’ingresso è caratterizzata dalla gioia. « Il Signore è vicino »: ecco il motivo della gioia che dà il tono a tutta la celebrazione.
Un invito alla gioia
La gioia è l’atmosfera dell’Avvento. Tutto il cammino verso l’incontro con Cristo è un sentiero di luce e di gioia, perché il cristiano sa chi incontrerà alla fine del viaggio. « Egli viene », dice Giovanni ai suoi discepoli e alla folla che vive nell’attesa. « Il Signore è vicino » ricorda Paolo ai Filippesi, riferendosi ad una prossimità nello spazio più che nel tempo. E invita i cristiani a far brillare agli occhi di tutti la gioia e l’affabilità, frutti dell’opera divina nel cuore dei credenti, chiamati a testimoniare la salvezza. La gioia cantata da Paolo è quella dell’incontro prossimo, di una venuta liberatrice , dell’avvicinarsi di una infinita consolazione. La gioia che il cristiano vive e manifesta diviene così preludio dell’incontro beatificante con il suo Signore.
E’ bene allora volgere lo sguardo a Maria, autorevole Testimone che insegna come accogliere Dio per essere ricolmi di gioia. Lei lo ha fatto per prima: si è berata totalmente da se stessa, per far posto a Dio. E il suo cuore nel Magnificat è esploso di gioia! Una gioia – dice Gesù – che nessuno potrà togliere: la stessa gioia che ha fatto dire a Paolo, in prigione « state sempre lieti nel Signore ».
Colui che deve venire
Il popolo di un tempo era in attesa del MESSIA. Ma per la gente di oggi, chi sarebbe il Messia? Altrimenti detto: quale messia si attendeva e si attende? E che importanza ha oggi questa attesa in relazione alla vita? Forse più di quello che sembrerebbe a prima vista. Israele attendeva chi potesse rimettere tutto in ordine, restaurando i tempi in cui regnava Davide. Grazie a questo messia liberatore, il popolo di Dio sarebbe vissuto nella sicurezza e nella pace. Sofonia afferma che il Signore rivelerà il suo piano di amore al di là dei giorni minacciosi di purificazione e profetizza una rinascita: un immenso fluire di popoli che si uniranno agli umili, ai poveri d’Israele. Un piccolo resto di fede e di pietà, da sempre rimasto fedele al suo Dio, per il quale si fa più splendida la liberazione e consolante la restaurazione del regno.
Il Battista, a quanti attendevano la felicità messianica, propone un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Gli ascoltatori chiedono a Giovanni che cosa fare per prepararsi ad accogliere il Messia. A tutti il Battista propone un cammino concreto di conversione, fatto di cose semplici e quotidiane. Alla folla indica la strada della condivisione; ai pubblicani chiede onestà; ai militari il rispetto delle persone. Si tratta di creare le condizioni per accogliere il dono di Dio e aprirsi alla sua gioia. E anche oggi ogni credente è invitato a mettersi in ascolto dello Spirito ricevuto nel battesimo che gli indicherà la strada da strada da seguire.
Nel sentire il Battista parlare di pula da vagliare e di buon grano da scegliere, può colpire la durezza della descrizione dell’avvenimento messianico. Se esso su-scitasse paura, sarebbe fraintendere il vero significato del messaggio, che è invece una buona notizia di salvezza. Infatti, il giudizio, presentato attraverso queste immagini, appare sì come un’opera di purificazione radicale, ma in vista della salvezza e della felicità di ogni uomo.
PREGHIERA
Giovanni Battista Solo lui ha il potere di
sei riuscito a toccare il cuore salvare, solo lui accende
delle folle, hanno pensato il fuoco dello Spirito per
« Sarà lui il Messia?». Ma tu purificare uomini e mondo.
avevi già la risposta vera. E mentre rispondi alle folle,
Sapevi cosa bisognava fare, alzi lo sguardo alla ricerca
aspettavi anche tu di di lui e aspetti la gioia di
vederlo, la tua missione diminuire mentre lui cresce.
Aveva una fine desiderata.